Il voto inglese di Giugno ha complicato la situazione, rendendo più oscure le prospettive per l’Unione Europea ma non solo; la Brexit ha eroso la relazione tra Europa e Stati Uniti, decretando la crisi se non la fine del TTIP, ha messo in crisi la stessa unità nazionale della Gran Bretagna colpita dal boomerang delle scelte arroganti di Cameron, il quale è rapidamente scomparso dalla scena politica.
Non è una condizione facile ma va detto molto chiaramente che alla costruzione di una entità sovranazionale delle nazioni europee, che oggi si chiama Unione Europea, le borghesie del continente non hanno alternative se non quella della irrilevanza nelle relazioni internazionali oggi dettate dai rapporti di forza tra i grandi blocchi economici e finanziari
Lo scontro sarà duro e senza troppi complimenti, si è visto già dalle dichiarazioni di Junker subito dopo il voto della Brexit nelle quali ha tracciato la linea di non ritorno per l’Inghilterra e dalla perfidia degli inglesi (non quella della “perfida Albione” dei fascisti del ventennio ma quella evocata dal direttore del “Sole 24 Ore” del 25 Giugno scorso) che vogliono cuocere a fuoco lento l’Unione nella trattativa per la loro fuoriuscita. Siamo in una fase di ridefinizione di strategia, di ridiscussione dei rapporti di forza nel continente e la riunione dei tre “grandi” a Ventotene è una indicazione che ha una sua certa consistenza. Una indicazione che fa i conti con una situazione contingente, l’esito della Brexit, ma che è una risposta alla funzione di freno sistematico che ha avuto l’Inghilterra rispetto al progetto di unificazione politica perché è stato notoriamente “l’agente all’Avana” degli USA e perché ha lucrato, grazie a quella posizione, vantaggi normativi ed economici senza pagare il corrispondente come tutti gli altri paesi europei.
Al di là delle dichiarazioni diplomatiche formali è chiaro che quella che si sta aprendo è una fase nuova segnata, tra l’altro, dal mancato superamento, ormai palese, della crisi internazionale che inciderà ancor più negativamente nelle relazioni internazionali. In questo senso l’incontro di Ventotene ha un significato forte, perché risponde al bisogno di indicare un nuovo percorso per la costruzione Europea, ridefinendo gli equilibri interni e quelli esterni. Sul piano interno quella che s’intravvede è un’Europa a più velocità. I tre paesi che si sono visti a Ventotene, assieme alla Spagna, rappresentano il 70% del PIL dell’Eurozona, che vede il suo nucleo centrale composto dagli Stati detentori della moneta unica. E’ chiaro che si modificheranno le gerarchie avute finora e si riapriranno i giochi nelle relazioni interne producendo un quadro ancora non definito nei suoi esiti finali ma che certamente non sarà la fotocopia degli scenari precedenti.
Ma alcuni elementi cominciano a farsi strada; non è certo dovuto all’affollamento di turisti sull’isola se l’incontro e la conferenza stampa dei tre esponenti è stata fatta a bordo di una portaerei che batteva bandiera della UE, come ha evidenziato Renzi nel suo intervento. Dentro la competizione interimperialista, e soprattutto globale, nessuna potenza economica si può immaginare senza potenza militare. Questo significativo passaggio negli anni passati è stato impedito proprio dagli Inglesi ed è su questo che si vuole dare un primo segnale più “avanzato” di unità, con l’hard power militare e con il soft power “umanitario” ipocritamente rappresentato dalle politiche verso i migranti in fuga. Quello che si prepara è anche una operazione ideologica verso i popoli europei che prosegue sulla strada aperta dagli USA a partire dal 1991 delle guerre umanitarie e che rivendica, neanche tanto implicitamente, i propri diritti neocoloniali di intervento verso la sponda sud del Mediterraneo e dell’Africa Subsahariana, come s'addice ad un imperialismo che deve sgomitare per definire il proprio ruolo, questo comunque al di là degli esiti dello sgomitamento fatto.
Sul resto, dalla portaerei è venuta la solita liturgia sull’importanza delle riforme, sulla necessità degli investimenti, oggi in calo verticale, di far crescere l’occupazione e, inevitabilmente, la richiesta di Renzi di poter avere la famigerata flessibilità sui conti sperando così di poter superare le forche caudine del Referendum costituzionale, che non si presenta affatto facile per il giovane presidente del consiglio e per i suoi referenti politici e finanziari. Si apre quindi una fase nuova con molte incognite ma non è certo la prima per le classi dominanti del continente, ce ne sono state già diverse ed anche quelle abbastanza complicate, parliamo degli accordi di Maastricht nel ’93 con le conseguenti manovre economiche, dell’introduzione della moneta unica nel 2000, dei numerosi accordi fatti dopo l’avvio della crisi dal 2007. Un passaggio che non è per niente solo politico ma che si basa su un livello politico istituzionale consolidato da decenni e su una concentrazione ed integrazione avanzata dell’assetto produttivo e finanziario e con una presenza solida delle multinazionali continentali.
Non sappiamo cosa dirà la sinistra nostrana su questa “nuova” Europa che sorge dalle divisioni e contraddizioni che produce il capitalismo reale in cui viviamo; dopo aver sentito tanti discorsi “sull’altra Europa”, sulla lotta per la democrazia per i popoli del continente, che quando si sono espressi nelle consultazioni popolari hanno sempre votato contro l’Unione Europea, confessiamo che c’è una certa curiosità su quello che verrà detto. Se non altro per capire quale altra capriola politica e concettuale verrà fatta per giustificare le proprie posizioni ed alleanze in vista delle prossime scadenze elettorali.
Per quanto ci riguarda questa è una ulteriore occasione di lettura marxista delle contraddizioni che avanzano e degli effetti che queste producono; è dalla crisi di sistema che nasce la competizione globale ed una conflittualità sempre più accentuata che oggi riguarda i paesi imperialisti ma anche le grandi potenze economiche che hanno fatto del modo di produzione capitalista il proprio strumento di crescita e di riscatto internazionale. Per noi è una conferma teorica e pratica della necessità di incrementare ed organizzare sempre meglio la lotta al nostro imperialismo – quello europeo – ed all’insieme dei suo dispositivi economici, monetari, diplomatici e militari!
23 Agosto 2016
Rete dei Comunisti
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