Apprendiamo da questo sito http://www.napolitoday.it/politica/migranti-lavori-socialmente-utili-napoli.html che anche il sindaco De Magistris è d'accordo su tale proposta, anche se con motivazioni differenti da quelle di Morcone, in quanto insiste sull'importanza di aiutare i cittadini residenti a Napoli (definisce così i rifugiati in città) in difficoltà economica, e per favorire l'integrazione di questi soggetti.
Riteniamo invece che abbia colto il punto centrale del discorso Gino Monteleone, storico leader dei precari Bros, nell'intervista rilasciata al Corriere del Mezzogiorno e pubblicata stamane.
Rammentiamo ovviamente che né i precari Bros né Gino hanno mai avuto posizioni xenofobe e lo dimostra il fatto che le assemblee dei rifugiati di Napoli e provincia si svolgono sempre presso il Centro Sociale Carlo Giuliani sede dei Bros.
qui sotto l'intervista:
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NAPOLI «L’idea di destinare gli immigrati ai lavori socialmente utili è solo un tentativo di scatenare una guerra tra poveri». Gino Monteleone, cinquant’anni, venti dei quali spesi da protagonista delle rivendicazioni dei disoccupati organizzati napoletani, reagisce con rabbia alla proposta del prefetto Mario Morcone, capo del dipartimento per l’Immigrazione presso il ministero degli Interni, di impiegare i migranti come Lsu.
Perché è contrario?
«Il lavoro non dovrebbe mai scadere al di sotto delle condizioni minime di dignità e dovrebbe essere lo strumento per condurre una vita dignitosa e decorosa. Il progetto di utilizzare i migranti in attività lavorative per recuperare in qualche modo quello che lo Stato spende per mantenere i richiedenti asilo va nella direzione opposta a questo principio».
Se gli italiani lavorano come Lsu perché non potrebbero farlo anche i migranti?
«Rovesciamo il discorso. Le condizioni lavorative riservate agli Lsu – 680 euro mensili e nessun contributo previdenziale – non dovrebbero essere proposte a nessuno, in un paese civile. Né agli italiani, né ai migranti. Nel caso specifico, ripeto, c’è l’aggravante che la proposta di Morcone è concepita come un indennizzo allo Stato per i soldi destinati alle politiche dell’accoglienza. A me pare una forma di schiavitù».
È meglio, a suo giudizio, che i migranti vegetino senza far nulla per l’intera giornata nei centri di accoglienza, come accade ora? Oppure che siano reclutati dalla criminalità organizzata come manovalanza dello spaccio, fenomeno evidentissimo a chiunque frequenti la sera il centro storico di Napoli?
«Mi sarei aspettato dal capo del dipartimento per l’immigrazione proposte concrete per stroncare il business dei centri di accoglienza, che incassano trenta euro al giorno a migrante e, in moltissimi casi, non garantiscono quanto dovrebbero né dal punto di vista del vitto e dell’alloggio, né dal punto di vista dei corsi di lingua, dell’assistenza sanitaria, dell’orientamento al lavoro. Uno scandalo che va avanti da anni sulla pelle di chi arriva in Italia. E’ questo il nodo da sciogliere ed è questo che determina le indiscutibili condizioni di abbrutimento degli ospiti delle strutture di accoglienza».
Prima parlava del rischio che si inneschi una guerra tra poveri. Ha già sentore di reazioni di questo tipo negli ambienti che frequenta?
«Non da oggi, purtroppo. Sia tra i disoccupati organizzati del Movimento di lotta per il lavoro, sia tra i precari Bros capita sempre più spesso di ascoltare discorsi contro i migranti, che sarebbero i responsabili della mancanza di lavoro. Se cadono nella trappola del populismo e dell’ostilità agli stranieri persone che provengono da anni di lotte sociali e che dovrebbero avere consolidato una propria coscienza politica, immaginiamo cosa possa accadere all’esterno di queste realtà politicizzate ed organizzate. Le parole di Morcone rischiano di appiccare il fuoco che cova sotto la cenere».
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