Sono tempi difficili per Renzi. Lo zero spaccato di
crescita economica registrato dall'Italia nel secondo trimestre del 2016
è l'ennesima botta subita da un governo sempre più in difficoltà. Il
debito pubblico sale invece di ridursi come nelle promesse di Padoan,
mentre il nostro paese è sempre più descritto dalla stampa
internazionale (quella che Renzi non riesce a controllare sul modello
Rai) come il malato d'Europa e il possibile prossimo epicentro di una
nuova ondata di crisi.
Crollati gli effetti dei provvedimenti
cosmetici in stile 80euro, l'esecutivo non sa più che pesci pigliare e
si avvita sulla carta del referendum. Lo fa sia per provare a convincere
l'opinione pubblica che è necessario un “passo avanti” sulla
governabilità – che nella accezione renziana si legge sostanzialmente
nei termini di un maggiore autoritarismo e decisionismo sul procedimento
legislativo – sia per costruire un diversivo rispetto alla popolazione
sulle reali emergenze e sulle prospettive fosche che si addensano sulla
società nostrana.
L'ultimo rapporto McKinsey, "Poorer than their parents? A new perspective on income inequality",
spiega infatti che il 97% delle famiglie nel periodo tra il 2005 e il
2014 ha subito un peggioramento o non ha migliorato di un'unghia
la propria condizione economica: si parla di un problema globale, che
riguarda tutte le economie del pianeta, ma che in Italia ha la sua punta
massima.
Si sarebbe portati a pensare che il periodo considerato
non è quello che si riferisce al periodo di Renzi a Palazzo Chigi; ma
questo governo con Buona Scuola, JobsAct et similia ha dimostrato di non
avere alcuna prospettiva di cambiamento rispetto ad un modello sociale
finalizzato alla devastazione e al saccheggio delle vite dei suoi cittadini.
Inoltre, dove anche nel rapporto si chiedono misure di sostegno al
welfare e pratiche di redistribuzione economica sociale, il governo
sembra continuare a muoversi in senso contrario.
Sembra anzi sempre più
forte la tendenza ad ulteriori attacchi: in questo senso va letta ad
esempio la riforma della Pubblica Amministrazione a firma Madia che
dovrebbe riorganizzare questo comparto attraverso l'eliminazione degli
scatti di anzianità e la messa in mobilità forzata dei lavoratori
“inutili”.
Si passa infatti ad un organico funzionale che ogni
anno verrà posto a verifica attraverso tagli ai dipendenti improduttivi,
che verranno collocati in regime di “disponibilità” e pagati solo per i
due anni successivi, al termine dei quali rimarranno semplicemente in
strada. Una bomba sociale insomma, considerati i numeri del settore e
l'evidente non volontà/incapacità dei sindacati confederali di mettersi
di traverso a un piano del genere che potrebbe aprire ad una
mobilitazione potente e non completamente “controllabile” sulla
questione.
Non a caso la riforma, annunciata per settembre,
potrebbe essere posticipata a febbraio per evitare che i circa 3 milioni
di dipendenti della PA del nostro paese possano andare alle urne con
una leggera indisposizione verso il governo. Già la contestatissima
norma che obbliga gli insegnanti al trasferimento coatto ha segnato un
grosso passo falso per il governo, la paura di fare lo stesso errore e
perdere ulteriori pezzetti di consenso è molto forte.
Contemporaneamente rimane calda la vicenda dei migranti,
con sempre più appelli a combinare ai processi di repressione e
controllo pratiche di sfruttamento coatto mascherate da accoglienza. Da
un lato il ministro della Giustizia Orlando, sempre con la scusa della
velocizzazione e della razionalizzazione, annuncia l'eliminazione
dell'appello per il richiedente asilo una volta che la sua richiesta
venga bocciata da un giudice, aprendo così la strada ad una
intensificazione dei rimpatri forzati e alla costruzione di un paese
“gendarme” della sponda sud della Fortezza Europa.
Dall'altro il capo del Dipartimento per le libertà civili e
l'Immigrazione, Morcone, apre ad una maggiore implementazione delle
politiche di workfare sul migrante. Questo nella proposta di Morcone
dovrebbe essere incentivato a partecipare a lavori di pubblica utilità
(con stipendi ovviamente indecenti quando esistenti) attraverso la
concessione di corsia preferenziale per la regolarizzazione. La
decurtazione dello stipendio servirebbe a sostenere i costi
dell'accoglienza, l'incentivo al buon comportamento eviterebbe i rischi
che il migrante possa mai ribellarsi contro la cooperativa che lo
sfrutta sul lavoro o contro le angherie di un sistema come quello basato
sul permesso di soggiorno e la Bossi-Fini.
Si potrebbe così ottenere tante nuove braccia
da utilizzare nella sostituzione dei costosi lavoratori regolari,
approfittando della migrazione per abbassare ulteriormente il livello
medio dei diritti di tutti. Una chiusura del cerchio perfetta, dove la
guerra interna contro i diritti sociali viene condotta attraverso la
guerra esterna che permette la creazione di un esercito di disperati
soggiogabili a piacimento.
A proposito, siamo in guerra.
Non solo in Libia, come sembrerebbe nell'osservare la super esposizione
mediatica del rischio terrorismo derivante dai barconi in partenza da
Sirte; ma anche in Yemen ad esempio, dove sono le bombe prodotte in
Sardegna e vendute dal nostro governo ai fondamentalisti wahhabiti
sauditi a devastare ospedali, scuole e abitazioni della popolazione
yemenita all'interno di un conflitto che vale decine e decine di milioni
di euro in termini di profitti dalla vendita di armi. Oltre 6.000 morti e
30.000 feriti sono i numeri di un conflitto che reca con sé anche 3
milioni circa di sfollati: quanti di loro dovranno, per causa nostra,
raggiungere nuovamente il Brennero, Ventimiglia, Como e diventare
emergenza nazionale, nonché succulento bottino per i professionisti
dell'accoglienza?
Intanto lo scenario politico è sempre più
avvitato su sé stesso, con un PD sempre più liquido e completamente
avulso dalla società reale, seriamente impegnato a schiantarsi insieme
con il suo ducetto verso il referendum. Ne sono simbolo
le feste dell'Unità completamente blindate, sia a livello di contenuti
possibili da esprimere, con l'ANPI paragonata a CasaPound e invitata
alle Feste dell'Unità solo a condizione che non si esprima per il NO al
referendum, sia nel senso delle forze dell'ordine che ormai sanno che
ogni evento del PD è target possibile di contestazione.
Dall'altro lato, mentre Forza Italia è ancora ferma al palo, un Salvini
in crisi d'identità e in calo di consensi cerca di soffiare più
possibile sul fuoco girando vestito da poliziotto, dando della bambola
gonfiabile alla Boldrini e pregando ogni notte affinché avvenga qualche
atto terroristico sul nostro territorio. Il Movimento 5 Stelle è invece
impelagato nella palude romana, e tenta di usare la sua carta migliore,
il piano della gestione mediatica, per mascherare le contraddizioni
esplose nel momento in cui le tentazioni del potere si sono fatte troppo forti per non essere godute appieno.
Le possibilità si aprono dunque per una critica radicale
al sistema politico e per una riproposizione della necessità di
auto-organizzarsi per migliorare le proprie condizioni di vita. Sono 7 i
milioni di appartamenti vuoti in Italia mentre aumentano sempre più le
persone sotto sfratto o già senza casa; sono sempre più forti le
pratiche di sfruttamento nella logistica, nella grande distribuzione,
nell'agricoltura ma anche come abbiamo visto nel settore pubblico; in
un'estate che ha visto notizie come lo schianto dei treni in Puglia, non
vengono meno le motivazioni per opporsi alle Tav, ai commissariamenti
dei quartieri e a tutte le pratiche di devastazione dei territori; le
già citate proteste del comparto docenti possono e devono essere
affiancate dalla mobilitazione studentesca contro un governo che con
strumenti come l'alternanza scuola-lavoro negli istituti e il sistema
dei voucher nel mondo del lavoro è sempre più all'attacco dei giovani.
Costruire
il No Sociale verso il referendum deve ripartire da qui, dalle
contraddizioni nei territori e dagli spazi politici che si aprono per
poterle portare alla luce e caratterizzarle nel segno del conflitto. Per
far passare Renzi dall'estate direttamente al suo inverno politico...
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