Da sempre agosto è sinonimo di caldo, ma
gli USA hanno deciso che quest’anno in Libia, dove diverse fazioni
locali, più l’ISIS, si stanno scontrando da circa un anno e mezzo (vedi
ALTERNATIVA DI CLASSE Anno III n. 27 a pag. 2), doveva fare ancora più
caldo. Dopo il primo raid aereo di Lunedì 1 Agosto su Sirte “contro
l’ISIS”, B. Obama ha deciso di dedicare un mese, forse solo un “primo
mese”, ad una “missione militare” di guerra proprio lì; non si potevano
aspettare serie conclusioni del “processo di unità nazionale” libica,
tanto caro al Governo Renzi (vedi ALTERNATIVA DI CLASSE Anno IV n. 38 a
pag. 2)...
Del resto, il “Governo di
Accordo Nazionale” di F. Al Sarray, insediato dall’ONU, aveva chiesto
già da mesi, a proposito di “cooperazione nel settore delle energie da
fonti rinnovabili”, un intervento militare, e non solo agli USA, ma
anche, pare, a Gran Bretagna, Francia ed Italia, siano esse dentro o
fuori dalla UE... E la Ministra della Difesa R. Pinotti, infatti,
già Mercoledì 3 aveva ribadito la disponibilità italiana sul piano
logistico, per l’uso delle basi e dello spazio aereo, a partire da
Sigonella.
Se gli USA si pongono sul piano
militare, i suoi alleati, tra cui l’Italia, “non possono certo restarne
fuori...”: ne va degli interessi dei vari capitali nazionali, che
potrebbero un domani restare esclusi dai probabili vantaggi, sia
geopolitici, che, soprattutto, economici!... Del resto, recuperando
terreno perduto con la guerra del 2011, l’Italia, “manovrando fra
fazioni e mercenari” (come rivelava, bene informato, “Il Sole 24 ore”
del 6 Marzo ’16), è finora riuscita a garantire all’ENI l’estrazione di
“barili e gas dalla Tripolitania”, in particolare a Mellitah! E là si
ricava “...un greggio di qualità, a basso costo, che fa gola alle
compagnie in tempi di magra.”...
Non sono perfettamente chiari i numeri
dell’ultimo invio di militari italiani sul posto, avvenuto qualche
giorno fa, visto che l’art. 7 della Legge n. 198 del 11-12-’15 di
“rifinanziamento delle missioni all’estero” consente a Renzi, una volta
informato genericamente del fatto il COPASIR (Comando interforze per le
Operazioni delle Forze Speciali), un organismo parlamentare, la cui
presidenza è ora affidata al leghista M. Stucchi, di utilizzare
discrezionalmente “misure di intelligence di contrasto, anche in
situazioni di crisi o di emergenza all’estero, che coinvolgano aspetti
di sicurezza nazionale o per la protezione di cittadini italiani
all’estero, con la cooperazione altresì di assetti della Difesa”. Si
parla di qualche decina di militari del commando del IX° Reggimento “Col
Moschin” e degli Incursori del Comsubin della Marina Militare, ma
soltanto a supporto di personale dell’Agenzia informazioni e sicurezza
esterna (Aise) per lo “sminamento” di Misurata, e non solo. Esercito ed
incursori si andrebbero così ad aggiungere ad Aeronautica (vedi
ALTERNATIVA DI CLASSE Anno IV n. 38 a pag. 2), Carabinieri dei Gis ed
altre “Forze per operazioni speciali”, già lì presenti.
Tale invio, tra smentite e conferme di
singoli aspetti, ha suscitato penose polemiche parlamentari, fra tutti
gli schieramenti ed al loro interno, vertenti tutte su questioni
formali, come l’assenza o meno di un impegno ONU, e/o procedurali, come
la necessità di un precedente dibattito parlamentare, ma senza che
nessuno mettesse davvero in discussione la presenza imperialista
italiana in Medio Oriente, ed in particolare in Libia. A quanto
pare, infatti, anche USA, Gran Bretagna e Francia agirono analogamente
per i primi invii di militari sul posto! In particolare, la Francia
fino da Febbraio ha avviato raid aerei e bombardamenti, peraltro
segretati in patria, che hanno esposto ancora di più tale Paese al
terrorismo dell’ISIS sul proprio territorio, ed i recenti fatti di Nizza
e di Rouen lo dimostrano.
Nel caos libico, oltre all’ISIS,
appoggiato di fatto dalla Turchia, che ufficialmente, insieme al Qatar,
appoggia invece i partiti islamisti, non vi è mai stata una vera unità
nazionale dal 2011 ad oggi. Il Generale K. Haftar è legato all’Egitto,
che continua a puntare sulle risorse della confinante Cirenaica, da
sempre considerata “storica provincia egiziana”, ed a Tobruk vi è ancora
un governo diverso da quello di Tripoli: l’unità con Al Sarray è stata
imposta da USA ed alleati della “Coalizione”, ma solo a livello militare
in funzione anti-ISIS, nemico comune. In realtà ogni fazione, dalle più
piccole alle maggiori, punta ad ottenere di più dalla spartizione dei
proventi sullo sfruttamento di petrolio (che rappresenta il 38% del
totale dell’Africa) e gas, e “l’unità nazionale” poggia,
fondamentalmente, sul riconoscimento internazionale, anche se la
recentissima fusione delle due principali società petrolifere libiche,
ex rivali, quella della Tripolitania e quella della Cirenaica, lavora in
quel senso.
Per quanto riguarda poi le potenze
imperialiste, unite oggi nel riconoscimento di F. Al Sarray, l’accordo
con gli USA, i quali farebbero da “garanti” interessati, prevederebbe, a
sua volta, una divisione di fatto della Libia in “aree di influenza”,
con la Francia nel Sahel del Fezzan, l’Italia in Tripolitania e la Gran
Bretagna in Cirenaica. La “torta” è stimata valere oggi circa
130 miliardi di dollari, ma il business si triplicherebbe, come minimo,
se un eventuale “nuovo Stato”, anche federale, ma unico, decollasse
dalla situazione attuale, ricominciando ad esportare, come ai tempi di
Gheddafi. Nelle stime, oltre alle produzioni energetiche,
rientrano le riserve della Banca centrale, ancora esistenti, ed il Fondo
sovrano libico, sempre depositato a Londra.
Fuori dal piano militare, ma dentro a
quello direttamente economico, rientrano poi anche le compagnie
petrolifere tedesche e cinesi, mentre la Russia sta cercando in ogni
modo di riguadagnare, sul piano commerciale e dei rapporti politici, il
terreno perduto con la guerra del 2011. Nel contempo, le compagnie
petrolifere francesi stanno cercando spazi in ogni modo anche nelle zone
costiere, tanto che il Presidente della Commissione Esteri del Senato,
il sempreverde P. F. Casini, memore dei “brutti scherzi” all’Italia del
2011 da parte dei “cugini d’oltralpe”, nell’intervista a “Il Messaggero”
di Domenica 14, si è dovuto lamentare, nemmeno troppo velatamente, di
una scarsa unitarietà della Francia nella “Coalizione anti-ISIS”,
richiedendo a F. Mogherini, “Alto rappresentante per gli Affari Esteri e
la Sicurezza”, un vertice UE. In tale sede, poi, potrebbe
esserci ancora il già manifestato appoggio della Germania alle tesi
italiane sul tema, senza contare che l’11% dei consumi petroliferi
europei viene proprio dalla Libia!
L’intendimento
dei vertici nazionali italiani è quello di dimostrarsi come i più ligi,
almeno ufficialmente, alle direttive internazionali, siano esse
dell’ONU (da M. Kobler, Rappresentante speciale dell’ONU in
Libia) o della “Coalizione” (l’ambasciatore USA, J. Phillips si è già
sbilanciato...), accontentando ogni tipo di richieste di “aiuto”, militare
e non, da parte di Al Sarray, nonché mantenendo l’inossidabile
vocazione diplomatica al “pacifismo” anche verso Russia e Turchia,
peraltro in avvicinamento reciproco. L’Italia sta puntando, infatti,
come ha dichiarato il Ministro degli Esteri P. Gentiloni nell’intervista
di Giovedì 11 Agosto al “Corriere della Sera”, alla riapertura, anche
simbolica, della Ambasciata a Tripoli, di cui l’arrivo di ISIS nel 2015
aveva provocato un frettoloso sgombero.
E lo scontro bellico con ISIS, cui,
aldilà dei nominalismi, le “forze speciali” italiane stanno partecipando
a fianco delle omologhe britanniche nell’operazione “Struttura Solida”,
si è ormai focalizzato a Sirte, al centro dell’omonimo Golfo; è lì che
da più di due settimane divampa la battaglia. Le “poche centinaia” di
“jihadisti” del Califfato stanno tenendo in scacco l’esercito libico,
legato al Governo e coadiuvato dai raid aerei USA (finora più di 40, e
certamente malvisti dalle popolazioni indigene). Gli esperti militari
della “Coalizione” considerano la battaglia già vinta, mentre il Sindaco
di Sirte già Giovedì 11 considerava la città “liberata al 70%”.
E’ iniziato, così, in Italia un nuovo
“allarme terrorismo” a partire dai porti, dato che “miliziani dell’ISIS”
superstiti potrebbero arrivare in Italia “sui barconi”. In realtà tale
eventualità pare improbabile, visto che gli occidentali sparano anche
dal mare. Semmai problemi veri in fatto di terrorismo ISIS in
territorio italiano potrebbero derivare proprio dal ruolo che
l’imperialismo di casa nostra pretende di avere e sta già avendo
laggiù!
La verità è che da tempo il Governo
Renzi sta cercando di mettere in relazione l’impegno militare in Libia
con la questione profughi e la “Operazione Mare Sicuro” (vedi
ALTERNATIVA DI CLASSE, Anno IV n.38 a pag. 1). Già tali questioni hanno
comportato un primo alleggerimento nel pagamento del debito italiano
alla UE, e poi il “Migration compact” prevede, oltre alla regolazione
dei rapporti economici dei Paesi UE con i Paesi dell’emigrazione,
mediorientali in particolare, il ripristino di un forte ruolo
dell’Italia in Libia anche rispetto al transito degli immigrati. Ed i
primi accordi su tale base sono previsti entro la fine dell’anno, senza, magari, dover ricorrere al rinnovo della “Operazione Cyrene”, che
già negli anni passati aveva comportato la presenza di esercito e
carabinieri italiani a Tripoli per “addestramento” dei militari locali.
Non c’è che dire: Tripoli, anche dopo più di cento anni, rimane sempre, qui da noi, un “bel suol d’amore”!
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