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22/08/2016

L’imperialismo italiano non rinuncia di certo alla “ex colonia” libica!

Da sempre agosto è sinonimo di caldo, ma gli USA hanno deciso che quest’anno in Libia, dove diverse fazioni locali, più l’ISIS, si stanno scontrando da circa un anno e mezzo (vedi ALTERNATIVA DI CLASSE Anno III n. 27 a pag. 2), doveva fare ancora più caldo. Dopo il primo raid aereo di Lunedì 1 Agosto su Sirte “contro l’ISIS”, B. Obama ha deciso di dedicare un mese, forse solo un “primo mese”, ad una “missione militare” di guerra proprio lì; non si potevano aspettare serie conclusioni del “processo di unità nazionale” libica, tanto caro al Governo Renzi (vedi ALTERNATIVA DI CLASSE Anno IV n. 38 a pag. 2)...
 
Del resto, il “Governo di Accordo Nazionale” di F. Al Sarray, insediato dall’ONU, aveva chiesto già da mesi, a proposito di “cooperazione nel settore delle energie da fonti rinnovabili”, un intervento militare, e non solo agli USA, ma anche, pare, a Gran Bretagna, Francia ed Italia, siano esse dentro o fuori dalla UE... E la Ministra della Difesa R. Pinotti, infatti, già Mercoledì 3 aveva ribadito la disponibilità italiana sul piano logistico, per l’uso delle basi e dello spazio aereo, a partire da Sigonella.

Se gli USA si pongono sul piano militare, i suoi alleati, tra cui l’Italia, “non possono certo restarne fuori...”: ne va degli interessi dei vari capitali nazionali, che potrebbero un domani restare esclusi dai probabili vantaggi, sia geopolitici, che, soprattutto, economici!... Del resto, recuperando terreno perduto con la guerra del 2011, l’Italia, “manovrando fra fazioni e mercenari” (come rivelava, bene informato, “Il Sole 24 ore” del 6 Marzo ’16), è finora riuscita a garantire all’ENI l’estrazione di “barili e gas dalla Tripolitania”, in particolare a Mellitah! E là si ricava “...un greggio di qualità, a basso costo, che fa gola alle compagnie in tempi di magra.”...

Non sono perfettamente chiari i numeri dell’ultimo invio di militari italiani sul posto, avvenuto qualche giorno fa, visto che l’art. 7 della Legge n. 198 del 11-12-’15 di “rifinanziamento delle missioni all’estero” consente a Renzi, una volta informato genericamente del fatto il COPASIR (Comando interforze per le Operazioni delle Forze Speciali), un organismo parlamentare, la cui presidenza è ora affidata al leghista M. Stucchi, di utilizzare discrezionalmente “misure di intelligence di contrasto, anche in situazioni di crisi o di emergenza all’estero, che coinvolgano aspetti di sicurezza nazionale o per la protezione di cittadini italiani all’estero, con la cooperazione altresì di assetti della Difesa”. Si parla di qualche decina di militari del commando del IX° Reggimento “Col Moschin” e degli Incursori del Comsubin della Marina Militare, ma soltanto a supporto di personale dell’Agenzia informazioni e sicurezza esterna (Aise) per lo “sminamento” di Misurata, e non solo. Esercito ed incursori si andrebbero così ad aggiungere ad Aeronautica (vedi ALTERNATIVA DI CLASSE Anno IV n. 38 a pag. 2), Carabinieri dei Gis ed altre “Forze per operazioni speciali”, già lì presenti.

Tale invio, tra smentite e conferme di singoli aspetti, ha suscitato penose polemiche parlamentari, fra tutti gli schieramenti ed al loro interno, vertenti tutte su questioni formali, come l’assenza o meno di un impegno ONU, e/o procedurali, come la necessità di un precedente dibattito parlamentare, ma senza che nessuno mettesse davvero in discussione la presenza imperialista italiana in Medio Oriente, ed in particolare in Libia. A quanto pare, infatti, anche USA, Gran Bretagna e Francia agirono analogamente per i primi invii di militari sul posto! In particolare, la Francia fino da Febbraio ha avviato raid aerei e bombardamenti, peraltro segretati in patria, che hanno esposto ancora di più tale Paese al terrorismo dell’ISIS sul proprio territorio, ed i recenti fatti di Nizza e di Rouen lo dimostrano.

Nel caos libico, oltre all’ISIS, appoggiato di fatto dalla Turchia, che ufficialmente, insieme al Qatar, appoggia invece i partiti islamisti, non vi è mai stata una vera unità nazionale dal 2011 ad oggi. Il Generale K. Haftar è legato all’Egitto, che continua a puntare sulle risorse della confinante Cirenaica, da sempre considerata “storica provincia egiziana”, ed a Tobruk vi è ancora un governo diverso da quello di Tripoli: l’unità con Al Sarray è stata imposta da USA ed alleati della “Coalizione”, ma solo a livello militare in funzione anti-ISIS, nemico comune. In realtà ogni fazione, dalle più piccole alle maggiori, punta ad ottenere di più dalla spartizione dei proventi sullo sfruttamento di petrolio (che rappresenta il 38% del totale dell’Africa) e gas, e “l’unità nazionale” poggia, fondamentalmente, sul riconoscimento internazionale, anche se la recentissima fusione delle due principali società petrolifere libiche, ex rivali, quella della Tripolitania e quella della Cirenaica, lavora in quel senso.

Per quanto riguarda poi le potenze imperialiste, unite oggi nel riconoscimento di F. Al Sarray, l’accordo con gli USA, i quali farebbero da “garanti” interessati, prevederebbe, a sua volta, una divisione di fatto della Libia in “aree di influenza”, con la Francia nel Sahel del Fezzan, l’Italia in Tripolitania e la Gran Bretagna in Cirenaica. La “torta” è stimata valere oggi circa 130 miliardi di dollari, ma il business si triplicherebbe, come minimo, se un eventuale “nuovo Stato”, anche federale, ma unico, decollasse dalla situazione attuale, ricominciando ad esportare, come ai tempi di Gheddafi. Nelle stime, oltre alle produzioni energetiche, rientrano le riserve della Banca centrale, ancora esistenti, ed il Fondo sovrano libico, sempre depositato a Londra.

Fuori dal piano militare, ma dentro a quello direttamente economico, rientrano poi anche le compagnie petrolifere tedesche e cinesi, mentre la Russia sta cercando in ogni modo di riguadagnare, sul piano commerciale e dei rapporti politici, il terreno perduto con la guerra del 2011. Nel contempo, le compagnie petrolifere francesi stanno cercando spazi in ogni modo anche nelle zone costiere, tanto che il Presidente della Commissione Esteri del Senato, il sempreverde P. F. Casini, memore dei “brutti scherzi” all’Italia del 2011 da parte dei “cugini d’oltralpe”, nell’intervista a “Il Messaggero” di Domenica 14, si è dovuto lamentare, nemmeno troppo velatamente, di una scarsa unitarietà della Francia nella “Coalizione anti-ISIS”, richiedendo a F. Mogherini, “Alto rappresentante per gli Affari Esteri e la Sicurezza”, un vertice UE. In tale sede, poi, potrebbe esserci ancora il già manifestato appoggio della Germania alle tesi italiane sul tema, senza contare che l’11% dei consumi petroliferi europei viene proprio dalla Libia!

L’intendimento dei vertici nazionali italiani è quello di dimostrarsi come i più ligi, almeno ufficialmente, alle direttive internazionali, siano esse dell’ONU (da M. Kobler, Rappresentante speciale dell’ONU in Libia) o della “Coalizione” (l’ambasciatore USA, J. Phillips si è già sbilanciato...), accontentando ogni tipo di richieste di “aiuto”, militare e non, da parte di Al Sarray, nonché mantenendo l’inossidabile vocazione diplomatica al “pacifismo” anche verso Russia e Turchia, peraltro in avvicinamento reciproco. L’Italia sta puntando, infatti, come ha dichiarato il Ministro degli Esteri P. Gentiloni nell’intervista di Giovedì 11 Agosto al “Corriere della Sera”, alla riapertura, anche simbolica, della Ambasciata a Tripoli, di cui l’arrivo di ISIS nel 2015 aveva provocato un frettoloso sgombero.

E lo scontro bellico con ISIS, cui, aldilà dei nominalismi, le “forze speciali” italiane stanno partecipando a fianco delle omologhe britanniche nell’operazione “Struttura Solida”, si è ormai focalizzato a Sirte, al centro dell’omonimo Golfo; è lì che da più di due settimane divampa la battaglia. Le “poche centinaia” di “jihadisti” del Califfato stanno tenendo in scacco l’esercito libico, legato al Governo e coadiuvato dai raid aerei USA (finora più di 40, e certamente malvisti dalle popolazioni indigene). Gli esperti militari della “Coalizione” considerano la battaglia già vinta, mentre il Sindaco di Sirte già Giovedì 11 considerava la città “liberata al 70%”.

E’ iniziato, così, in Italia un nuovo “allarme terrorismo” a partire dai porti, dato che “miliziani dell’ISIS” superstiti potrebbero arrivare in Italia “sui barconi”. In realtà tale eventualità pare improbabile, visto che gli occidentali sparano anche dal mare. Semmai problemi veri in fatto di terrorismo ISIS in territorio italiano potrebbero derivare proprio dal ruolo che l’imperialismo di casa nostra pretende di avere e sta già avendo laggiù!

La verità è che da tempo il Governo Renzi sta cercando di mettere in relazione l’impegno militare in Libia con la questione profughi e la “Operazione Mare Sicuro” (vedi ALTERNATIVA DI CLASSE, Anno IV n.38 a pag. 1). Già tali questioni hanno comportato un primo alleggerimento nel pagamento del debito italiano alla UE, e poi il “Migration compact” prevede, oltre alla regolazione dei rapporti economici dei Paesi UE con i Paesi dell’emigrazione, mediorientali in particolare, il ripristino di un forte ruolo dell’Italia in Libia anche rispetto al transito degli immigrati. Ed i primi accordi su tale base sono previsti entro la fine dell’anno, senza, magari, dover ricorrere al rinnovo della “Operazione Cyrene”, che già negli anni passati aveva comportato la presenza di esercito e carabinieri italiani a Tripoli per “addestramento” dei militari locali.

Non c’è che dire: Tripoli, anche dopo più di cento anni, rimane sempre, qui da noi, un “bel suol d’amore”!

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