Mercoledì (24/8, ndr) alle 16.00 ora locale è iniziata l’operazione militare "Scudo dell’Eufrate": dopo un fitto fuoco di artiglieria e lancio di missili dalla città turca di Karkamis sulla città di confine siriana di Jarablus, ruspe protette da unità speciali turche hanno rotto le installazioni al confine con la Siria. Due ore dopo sono iniziati attacchi aerei sul territorio siriano. Le forze militari turche hanno prima aperto un corridoio in direzione della città fino ad ora controllata dallo Stato Islamico (IS), poi unità di milizie siriane alleate con Ankara sono entrate da un campo appositamente costruito dal territorio turco a Jarablus.
Il Presidente turco Recep Tayyip Erdogan che governa in modo autoritario ha proclamato che l’obiettivo della guerra di aggressione è di scacciare diversi "gruppi terroristici" dalla zona di confine. "Minacce" da parte di questi gruppi – si intendono le milizie curde delle YPG e IS – vanno stroncate una volta per tutte. Obiettivo ufficiale dell’operazione: si vogliono eliminare "elementi terroristici", portare "aiuti umanitari" e fermare "una nuova ondata di profughi", ha dichiarato l’agenzia stampa statale Anadolu.
È palese che l’attacco militare è indirizzato in primo luogo contro le forze curde nel nord della Siria (Rojava). Queste ultime poco tempo fa insieme a milizie arabe locali aveva cacciato IS dalla città di Manbij a 35 km di distanza da Jarablus. Il governo turco che non si è mai mosso per liberare la città di confine occupata da IS dal 2013, vuole unicamente impedire la conquista di altro territorio da parte dei curdi siriani vicini al Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK).
Che le forze armate di Erdogan non siano entrate in Siria per combattere terroristi jihadisti, si comprende già dalla coalizione di ribelli "moderati" che fungono da truppe di terra di Ankara: ci sono bande jihadiste come Ahrar Al-Sham e le Brigate Sultan-Murad turkmene. Perfino la milizia islamista Harka Nur Al-Din Al-Senki, che da poco ha conquistato fama mondiale perché suoi componenti hanno decapitato un bambino di dodici anni davanti a una telecamera, prende ufficialmente parte all’operazione. La parte prevalente dei fati di Ankara è unita da uno stretto legame con il governo turco dell’AKP, così come il desiderio di costruire in Siria uno stato islamico basato sulla Sharia.
Facendo riferimento a testimoni oculari civili fuggiti da Jarablus a Manbij, l’agenzia stampa ANF riferisce inoltre che la città viene in larga misura "consegnata" senza combattimenti da IS agli altri gruppi jihadisti. Commentatori parlano di un "cambio della guardia" al confine.
Nel "Great Game" intorno alla Siria l’attacco indubbiamente lesivo della legalità internazionale segna una svolta: da un lato gli Stati Uniti e con essi tutto l’occidente con il sostegno all’attacco per la prima volta si schierano contro i loro fino ad ora presunti più stretti alleati: le YPG curde e le Forze Democratiche della Siria (FDS) da loro guidate. Dall’altro né la Turchia né gli jihadisti da lei posizionati a Jarablus si accontenteranno della conquista della città di confine.
Il governo siriano a Damasco nel frattempo si è rivolto agli Stati Uniti e parla di una "grave lesione della sovranità". Anche portavoce delle forze curde hanno preso la parola. Aldar Khalil del "Partito di Unione Democratica" (PYD) maggioritario nel Rojava ha parlato di una "dichiarazione di guerra" della Turchia.
Da Junge Welt – Diffuso da Rete Kurdistan Italia
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