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31/08/2016

Siria, accordo Damasco-Ankara? Aleppo in cambio dei curdi

Il governo di Bashar Al Assad ed il governo turco del sultano Erdogan sarebbero sul punto di concludere un accordo che potrebbe ulteriormente far cambiare le sorti della guerra in favore delle forze lealiste siriane.

Secondo il giornale libanese As Safir i dettagli dell’accordo sarebbero questi: Ankara rinuncerebbe ad Aleppo, lasciando campo libero al governo siriano, ed il regime di Damasco concederebbe alle truppe turche di combattere indisturbate le milizie curde per opporsi al progetto autonomista del Rojava (territorio e regione curda all’interno dei confini siriani). Questa intesa di reciproca non belligeranza, suggerita dai russi e dagli iraniani, sarebbe stata sancita in un incontro giovedì scorso a Baghdad. Al summit, organizzato tra i ministri della difesa iracheno e quello siriano, avrebbe partecipato, per la prima volta, il capo dell’intelligence turca, Haqane Fidane.

Proprio in quell’occasione il governo turco avrebbe avuto l’avallo da parte del governo siriano per l’avvio dell’operazione “scudo dell’Eufrate”: in questi giorni il governo di Al Assad si è limitato a rimostranze poco più che formali di fronte all’invasione del proprio territorio nazionale da parte delle forze turche.

Durante il summit sono stati calendarizzati, a Damasco, Mosca e Istanbul, ulteriori incontri bilaterali per discutere dei diversi argomenti di frizione tra i due governi, fino a pochi mesi fa acerrimi nemici.

Da parte turca c’è la richiesta di informazioni relativa a 7 suoi ufficiali che avevano preso parte al conflitto, probabilmente come consiglieri militari, al fianco dei ribelli siriani nelle zone di Aleppo, Latakia e Idlib. La notizia era sempre stata negata dallo stato maggiore turco che adesso, invece, richiede notizie sulla sorte dei suoi militari dispersi dal febbraio 2015. Secondo il quotidiano libanese le autorità turche avrebbero anche ammesso un loro coinvolgimento attivo nella recente battaglia di Aleppo per rompere l’assedio governativo ai ribelli asserragliati nei quartieri orientali della città. Altri militari turchi avrebbero combattuto a fianco dei miliziani del Partito Islamico del Turkestan, addestrati da Ankara. In cambio di un disimpegno da parte turca da Aleppo, il governo di Damasco avrebbe fornito informazioni utili relative alla prigionia di 4 militari turchi, sui 7 dispersi.

Nei dettagli l’accordo tra siriani e turchi includerebbe un impegno di Damasco per cessare qualsiasi attività di supporto e di collaborazione con le milizie curde. In cambio i turchi avrebbero promesso di sospendere il loro sostegno logistico e militare nei confronti di quei gruppi della galassia jihadista, foraggiata da tempo da Ankara, che combatte nella provincia di Aleppo.

In effetti il governo turco ha intrapreso due azioni congiunte. La prima è l’invasione denominata “scudo sull’Eufrate” avviata con la scusa di contrastare e combattere Daesh – minimamente colpito dalle truppe turche – che ha, invece, come obiettivo principale quello di far arretrare i curdi ad est del fiume Eufrate.

La seconda, meno nota ai media occidentali, è la smobilitazione di migliaia di combattenti jihadisti e fondamentalisti (appartenenti principalmente ad Ahrar Al Sham o ai gruppi salafiti turcomanni) dalla zone di Aleppo e Idlib, ed il loro rientro all’interno del confine turco al fine di lasciare agire indisturbate le truppe lealiste siriane disimpegnandole anche da città come Latakia.

Appare molto provocatorio l’atteggiamento di Erdogan nei confronti dei suoi alleati/nemici statunitensi. Da una parte ha avviato un’operazione militare contro i curdi e le milizie delle FDS (Forze Democratiche Siriane) sostenute militarmente dagli Stati Uniti, alimentando ulteriore confusione in una guerra che sempre più sembra essere un “tutti contro tutti”. Da questo punto di vista, il governo di Washington ha chiesto ad Ankara di sospendere qualsiasi azione militare, ha recentemente negato il proprio sostegno aereo all’operazione ed ha, infine, cominciato a non collaborare più con i turchi in materia di prevenzione e sostegno militare in Siria.

Appare abbastanza difficile che gli statunitensi lascino che il governo turco consolidi la propria inedita alleanza con l’asse formato da russi, iraniani e siriani. In quest’ottica, il segretario di stato Kerry, ha eventualmente previsto di occupare una parte del territorio siriano, sotto il controllo turco, in maniera da istituire una sorta di base operativa nel nord e di prevedere, inoltre, l’istituzione di una no fly-zone, senza un preciso mandato ONU, cosa che ha fatto innervosire il Cremlino allontanando sempre di più un accordo congiunto tra Mosca e Washington.

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