Joseph Stiglitz, già premio Nobel per l’economia, ha dichiarato che teme una catastrofe per l’Europa, in particolare per quanto riguarda l’Italia, dove se vincesse il No nel
referendum, potrebbe seguirne il crollo dell’euro. Di conseguenza
invita Renzi a “rinunciare al referendum” disdicendo la consultazione
popolare.
D’accordo: Stiglitz è un economista e non un giurista, è un cittadino americano ed ha tutto il diritto di ignorare la Costituzione italiana, ma, visto che si occupa di cose italiane, potrebbe anche informarsi prima di aprire bocca.
Allora: il referendum non
dipende dalla volontà di Renzi, la Costituzione prevede norme precise in
caso di revisione costituzionali, per le quali, se la modifica non è
approvata dai 2/3 di ciascuna camera e ne facciano richiesta 500.000
elettori o il 20% dei parlamentari, si dà luogo a referendum
confermativo.
E non è scritto da nessuna parte che
esso possa essere revocato, rinviato o anche solo sospeso e tantomeno
dal Presidente del Consiglio: in italiano questo si chiamerebbe colpo di
Stato perché sarebbe il cambiamento della Costituzione scavalcando
precise disposizioni costituzionali. Renzi non ha neppure il potere di
sospendere o revocare la riforma della Costituzione su cui si decide,
perché la riforma è stata decisa da un Parlamento, per quanto indegno,
pur sempre nella pienezza dei suoi poteri e con doppia delibera. Se
Renzi tentasse di fare quel che gli suggerisce l’autorevole scienziato,
potrebbe essere arrestato per attentato alla Costituzione e non ci
sarebbe nemmeno l’ostacolo dell’immunità, perché non è neppure
parlamentare.
La cosa più divertente è che l’Huffington Post
riporta la posizione del celebre economista in tutta serietà, come se
si trattasse di una cosa di cui poter discutere sensatamente. Fossi
stato il direttore di un giornale qualsiasi titolerei “Stiglitz straparla”.
Ma, anche tralasciando l’ignoranza costituzionale di Stiglitz, quello che è più interessante è il pensiero retrostante:
che se c’è pericolo per gli assetti di potere esistenti, ed in
particolare quelli monetari, si sospendono le garanzie costituzionali e
si toglie la parola all’elettorato che (come avevano già detto
quei due gioielli del pensiero democratico che rispondono ai nomi di
Giorgio Napolitano e Mario Monti) non può esprimersi su cose così
complesse per le quali non ha le conoscenze necessarie. Queste cose le
devono decidere le élite, quelli che sanno. E la sovranità popolare
sancita dalla Costituzione? Beh è un bell’ornamento che fa la sua figura,
ma non è che ci dobbiamo proprio credere!
Qui sta venendo a galla il
carattere elitario, oligarchico ed antidemocratico dell’ideologia
liberista e non c’è più neppure il pudore di far finta di dirsi
democratici.
Ovviamente questo dice che il timore della vittoria del No inizia a diventare panico
nei salotti buoni di politica e finanza. Diversamente, perché Renzi
dovrebbe aver fatto quella bizzarra dichiarazione sul fatto che,
comunque vada, si vota nel 2018. Riflettiamoci: se vincesse il Si a
Renzi converrebbe andare di corsa al voto per sfruttare l’onda
favorevole che solo uno sciocco lascerebbe passare inutilmente. Vice
versa, che senso ha dire “Anche se vince il No” la legislatura va avanti
lo stesso? Lui, lo sappiamo, non ha mai pensato davvero a dimettersi,
il guaio (per lui) è che a “dimetterlo” ci penserebbe il suo partito (e
non penso all’inutile Bersani ed al decorativo Cuperlo, ma ai ben più
fattivi Franceschini, De Luca, Fassino, Rossi) che cercherebbe di
mettere insieme i cocci e non trasformare la sconfitta referendaria in
una irrimediabile debacle elettorale. La legislatura potrebbe anche
continuare ma non dipenderebbe da lui, ma da Mattarella, Franceschini e
Berlusconi, che potrebbero dar vita ad un “governo di scopo”. E il
peggioramento della situazione economica e una opportunissima bocciatura
dell’Italicum da parte della Consulta darebbero uno strepitoso alibi
per farlo. A quel punto, paradossalmente, converrebbe a Renzi bloccare
la cosa (che molto probabilmente lo escluderebbe dalla candidatura alla
Presidenza del Consiglio nelle politiche successive) cercando di
bloccare il tentativo e cercare di imporre elezioni anticipate. Dunque
questa dichiarazione serve solo a gettare le mani avanti per rimangiarsi
la “minaccia” di dimettersi e prevenire le manovre degli altri.
Intanto dobbiamo vedere il 4 ottobre che
dice la Consulta (che però potrebbe anche trovare il modo di prendere
tempo sospendendo la decisione): se conferma l’Italicum lo scontro sul
referendum si radicalizzerebbe diventando l’ultima spiaggia contro il
progetto di regime in atto. Se lo bocciasse, anche solo parzialmente, ci
sarebbe un effetto di riflesso sul referendum delegittimando il
progetto renziano.
La dichiarazione di Renzi tradisce
quella stessa paura che leggiamo nelle parole di Stigliz: non sappiamo
se per un qualche sondaggio riservato, se per la previsione di una
pronuncia sfavorevole della Corte o se per notizie che fanno temere un
disastro bancario in ottobre, ma quello che si capisce è che Renzi cerca
(invano direi) di disinnescare la bomba, ritenendo più probabile la
vittoria del No.
Intanto ringraziamo Stiglitz per
averci fornito questa ulteriore riprova sulla natura di questo
referendum: uno scontro fra democrazia ed oligarchia, senza mediazioni
possibili.
Non è il momento di mediazioni
pasticciate alla Bersani o alla Errani: qui andiamo allo scontro
frontale, sapendo che chi vincerà, chiunque esso sia, non farà
prigionieri.
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