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31/08/2016

Trump: un eroe della classe operaia? Una città di colletti blu ne discute

Un reportage del New York Times da Youngstown, città operaia dell’Ohio impoverita e in costante declino, mostra come è visto Donald Trump dai “colletti blu”. Molti ex sostenitori dei Democratici, sentendosi traditi da chi è stato incapace di proteggerli dalla crisi economica che ha disgregato la città, sono intenzionati a votare per il candidato dei Repubblicani, in un miscuglio di motivazioni lucide, luoghi comuni e illusioni. Come ha notato Maximilian Forte (@ZeroAnthro) nel condividere questo articolo su Twitter, molti autori filodemocratici presentano la working class americana come se fosse un’altra minoranza, e non la maggioranza del paese.

di Richard Fausset, 26 agosto 2016

Youngstown, Ohio – “È questo l’idiota che vota Trump?” chiede Mark Wasko, e la sua voce esplode, risuonando per tutto il parcheggio di un supermercato chiuso per fallimento.

Era la tarda mattinata di una giornata feriale, in una città della Rust Belt sofferente e in declino, stufa di essere conosciuta come una città della Rust Belt sofferente e in declino. L’uomo a cui Mark Wasko stava dando dell’idiota – forse sul serio, forse per scherzo, o entrambe le cose – era il suo amico Vincent Archangelo Strines.

Mark Wasko, di 48 anni, aveva visto Strines, un uomo di 55 anni biondo e muscoloso, seduto dietro a un tavolo pieghevole, con un mazzo di sigarilli nel taschino della camicia, intento a vendere biglietti della lotteria per sostenere la sua organizzazione senza fini di lucro di recupero dalle tossicodipendenze.

Così Wasko aveva parcheggiato il suo grande camion di bibite nel parcheggio ed era saltato giù. Era rimasto sconvolto nello scoprire che il suo amico, da sempre un elettore democratico, ora sosteneva Donald J. Trump.

Wasko guarda Vincent Strines negli occhi. “Sei un idiota”, dichiara.

Così è iniziata una variante particolarmente vivace della grande discussione che sta attualmente divorando Youngstown: Trump, un miliardario di Manhattan, merita davvero di essere la voce della classe operaia americana assediata? Si tratta di una domanda di importanza quasi esistenziale, in una città dove la scomparsa dell’industria dell’acciaio è stata così drammatica che Bruce Springsteen ha scritto un’amara ballata sull’argomento. Per molti, il linguaggio schietto di Trump e il suo stile spavaldo suonano familiari e graditi, e sanno di verità.

Youngstown è la classica roccaforte di colletti blu del Midwest, dove la difficoltosa campagna di Trump deve dare una dimostrazione di forza, in particolare tra gli elettori bianchi, se vuole avere una qualche possibilità di vincere le elezioni presidenziali. Affrontare l’argomento Trump sullo sgabello di un bar o all’angolo di una strada – e così andare a scavare nelle questioni della razza, dell’economia, dell’immigrazione e nell’ancora doloroso argomento della disgregazione della città – può essere un affare rischioso.

“Se vuoi darmi un pugno in faccia, fallo pure,” azzarda come noncuranza Strines, dopo una discussione di un quarto d’ora che si è tenuta sotto l’insegna pubblicitaria del vicino negozio di novità per adulti “Sassy Sensations” e ha toccato tutti questi problemi. Le auto intanto sfrecciavano su e giù per Mahoning Avenue, dietro ad aziende chiuse o in difficoltà e a stanche strade residenziali ormai considerate “deserti alimentari”, dopo la chiusura, circa quattro anni fa, del negozio che vendeva generi alimentari, uno Sparkle Market.

Youngstown, una città di circa 65.000 abitanti, oggi è di circa il 60 per cento più piccola di quanto non fosse nel 1960. Decenni fa, neri, irlandesi, italiani ed europei dell’Est vennero a lavorare tra i grandi altiforni delle vecchie fabbriche. Quando quelle imprese hanno chiuso, tra il 1977 e il 1982, decine di migliaia di persone hanno perso il lavoro.

Youngstown, come canta Bruce Springsteen nella sua canzone omonima del 1995, una volta produceva il ferro e l’acciaio per combattere le guerre americane. Ha anche prodotto il grande pugile Ray “Boom Boom” Mancini, una passione per il football del liceo che rivaleggia con quella del West Texas, una tradizione di corruzione politica – per lo più a carico dei democratici – e una lunga storia, di recente un po’ diminuita, di controllo mafioso. È una di quelle rare piccole città con un passato costellato di autobombe, gang criminali e personaggi con nomi come Moosey, Fats, Big Ernie e Brier Hill Jimmy.

Oggi ci sono ancora un po’ di posti di lavoro nell’industria del metallo e della manifattura. A nord della città c’è un grande impianto della General Motors dove si produce la piccola berlina Chevrolet Cruze. C’è un carcere di massima sicurezza che ha aperto nel 1998. C’è un “incubatore di imprese” (un programma progettato per accelerare lo sviluppo di imprese ndt), incentrato su una nuova visione di Youngstown come centro nodale per il software e la stampa 3-D.

In più, c’è qualche segnale di ripresa dalla Grande Recessione: il tasso di disoccupazione, che nel gennaio 2010 aveva raggiunto quasi il 17 per cento, nel mese di giugno era sceso al 7,6 per cento.

A Youngstown c’è la diffusa convinzione che Trump ha ragione quando dice che gli Stati Uniti devono rinegoziare i termini del loro commercio con il mondo.

Vincent Strines racconta che ha lavorato per anni come sovrintendente al controllo di qualità nel settore dell’alluminio, guadagnando bene, fino a quando problemi di salute legati all’alcol non lo hanno costretto al ritiro. A quei tempi, dice, ha visto molte aziende naufragare perché la Cina era in grado di produrre alluminio a una frazione di quello che costava alle aziende americane. E spera che Trump introdurrà tariffe più protettive.

“Penso che sia in grado di riportarci a casa l’economia”, dice. “È il tipo di persona che si fa carico delle cose.”

Wasko sbuffa. Dubita che Trump manterrà anche solo una delle sue promesse. Che dire del muro di confine? Trump non riuscirà mai a ottenere che il Messico lo paghi. E in ogni caso, l’America non è già grande?

E Strines: “Tu pensi che l’America è grande? Vieni a cercare un lavoro a Youngstown. ”

Un lunedì all’inizio di questo mese Trump ha visitato la Youngstown State University, dove ha pronunciato un discorso di politica estera in cui ha promesso una risposta più forte contro quello che lui chiama “terrorismo islamico radicale”. Tra la folla di invitati c’era Donald J. Skowron, un agente di polizia in pensione, attivista del partito repubblicano locale, che mostrava in giro una serie di foto sul suo telefono: si trovava accanto alla strada, vicino a grandi cartelli che, alludendo al partito democratico, dicevano CAMBIA PARTITO e VOTA TRUMP. Dice che 19 su 20 automobilisti gli hanno risposto alzando il pollice. “L’ultimo”, racconta, alzando il dito medio – “mi ha mostrato questo.”

Wendy Aron, di 58 anni, è emersa dal discorso eccitata. Una volta era una sostenitrice del presidente Obama, ma è stata profondamente delusa dalla debolezza della ripresa post-recessione. La sua impresa di pulizie nel quartiere periferico di Boardman si è ridotta, passando da una dozzina di dipendenti a due persone: lei e sua figlia. I lavoratori, ha detto, non hanno più i soldi per pagarsi le pulizie di casa. Molti dei suoi amici più stretti sono rimasti Democratici. “Semplicemente, si sono messi a denigrarmi”, racconta. “Non voglio neanche più parlarci.”

Gayle Hite, impiegata in un ospedale, e il marito, Joseph, non sono stati invitati al comizio di Trump, ma si sono avvicinati il più possibile, restando ad aspettare davanti a un edificio del campus. Lei aveva una maglietta con lo slogan “Far ritornare grande l’America”. Gayle Hite è una repubblicana di vecchia data, ma il marito, che di solito vota per i Democratici, quest’anno è intenzionato a votare per Trump. Avevano visto Trump faticare nel corso di due settimane difficili, raccogliendo critiche, tra le altre cose, per la polemica contro la famiglia di un soldato musulmano americano ucciso. Ma ciò che alcuni hanno visto come una gaffe era, per Joseph Hite, la prova che Trump può veramente far cambiare le cose.

“Non è comprato o venduto da nessuno”, ha dichiarato Hite, guardia carceraria in pensione. “Può dire quello che vuole.” Oggi Joseph Hite, di 64 anni, riceve l’assegno sociale, ma si dichiara preoccupato per i modi in cui un mondo instabile potrebbe mandare in bancarotta il governo. Quanto costerebbe assorbire i rifugiati siriani? E gli immigrati che arrivano attraverso il confine messicano?

La coppia aveva visto “Conspiracy Theory”, programma della televisione via cavo condotta dall’ex wrestler professionista e governatore del Minnesota, Jesse Ventura. Erano preoccupati per la conferenza Bilderberg , l’annuale riunione a porte chiuse di banchieri e politici.

“Questo dimostra che non stiamo davvero conducendo noi il nostro Paese”, dice la signora Hite. “A volte non credo che il nostro voto conti qualcosa.”

Nella canzone di Springsteen “Youngstown”, il narratore, operaio lasciato a casa, spera in un futuro non in paradiso, ma nelle “fornaci ardenti dell’inferno”. Il personaggio è stato ispirato, in parte, da una operaio metalmeccanico realmente esistente, Joe Marshall Jr., di cui Springsteen aveva letto in un libro.

Oggi Joe Marshall, un uomo piccolo e robusto, che sabato compirà 63 anni, si trova a Columbus, dove vive in un appartamento da 500 dollari al mese, e riceve una pensione statale piena. Dopo che l’industria siderurgica è crollata, ha dedicato il resto della sua vita a far rispettare la legge. È un ardente sostenitore di Trump.

«Dice ciò che la persona media ha paura di dire, perché è politicamente scorretto”, dichiara Marshall a proposito di Trump.

Marshall ha lavorato nell’ufficio dello sceriffo della contea di Mahoning per 23 anni, in carcere e in pattuglia – un posto in prima fila, ha detto, per osservare il drammatico declino della città. Ha potuto vedere lo svuotarsi delle classi medioalte, e come il colore della pelle della città è cambiato: Youngstown, che aveva il 74 per cento di bianchi nel 1970, è ora divisa circa a metà tra neri e bianchi.

È arrivata la droga, racconta. Il tasso di omicidi ha spiccato il volo. I giovani mollavano la scuola a 15 anni, dice Marshall, perché non riuscivano a vedere alcuna possibilità di lavoro dopo il diploma.
“Dove devono andare, da Taco Bell?”, domanda. “Ma quello è un lavoro a salario minimo”.

Sette anni fa se ne è andato, accettando un lavoro da agente di custodia.

Oggi le sue opinioni politiche sono eclettiche. I democratici, ha detto, “hanno deluso Youngstown”. Ai tempi dell’acciaio, erano il partito dei regolamenti autoritari, quelli che hanno detto ai gestori che non potevano aprire un secondo altoforno. “Sono posti di lavoro che hanno portato via”, dice.
Ma Marshall ha anche parole dure per il governatore John R. Kasich , un repubblicano. Durante il mandato di Kasich, dice, “Sono stati solo tagli e tagli e tagli e tagli” ai benefici dei dipendenti statali come lui. “Ha cercato di toglierci il diritto alla contrattazione collettiva”, dice.

Su Facebook, i messaggi di Marshall esaltano la bellezza delle famiglie di razza mista, e il contributo degli afro-americani alla cultura del paese. Ma è diffidente nei confronti della grande moschea nel suo quartiere e sospetta che i musulmani lì stiano pianificando un attacco. I democratici, dice, sembrano indifferenti ai bianchi.

“Mi creda, come Gesù Cristo è il mio Signore e Salvatore, non ho pregiudizi o altro”, dice. “Ma sembra che se appartieni a una minoranza ti aiutano molto di più che se sei un bianco.”

In Trump, Marshall vede il riflesso dell’uomo che lo aveva assunto quando voleva diventare deputato, James A. Traficant Jr. , allora sceriffo. Traficant sarebbe poi diventato un membro del Congresso democratico e il personaggio politico più rappresentativo del Northeast Ohio, fino alla sua espulsione dal Congresso nel 2002 dopo una condanna per corruzione (Traficant è morto schiacciato da un trattore nel 2014).

“Era un bravo ragazzo”, dice Marshall di Traficant, che lo aveva assunto personalmente. “Mi ricordo che mi disse, ‘Se fallisci, Marshall, ti ammazzo'”.

Come Trump, Traficant, noto con il soprannome di Jimbo, ha infastidito e sfidato i parlamentari di entrambe le parti, ha elargito insulti personali graffianti, ha attaccato gli addetti ai lavori di Washington e ha rivendicato di parlare in nome dell’uomo comune. Ha proposto l’invio di truppe per proteggere il confine messicano e ha criticato il libero scambio. Ha perfino sfoggiato una pettinatura fiammeggiante che sfidava la gravità, anche se in seguito si rivelò essere un parrucchino.

A Youngstown, la predilezione per Traficant permane, nonostante le accuse che fosse legato alla mafia.

“Bè, tutta la città era fatta così”, ha detto Kathy Miller, coordinatrice della campagna di Trump a Mahoning County. Ammette che è difficile essere d’accordo con tutto ciò che Traficant ha fatto, esattamente come avviene per Trump. Ma dice che la sua attività nei confronti degli elettori è stata ineguagliabile.

“Jimbo è riuscito a prendersene cura ,” dice.

Fuori nel parcheggio, Strines conferma le lodi. “Semplicemente, diceva le cose come stanno, e credo che Trump sia dello stesso tipo di Traficant”, dice.

Strines afferma perfino che Youngstown era un luogo più sicuro e migliore quando la mafia aveva il controllo. E sarebbe la stessa cosa nell’America di Trump.

Una volta, dice, tutti a Youngstown sapevano che se qualcuno combinava casini e non riusciva a seguire certe regole, “lì la mafia sarebbe intervenuta.”

“Ecco dove Trump interverrebbe”, dice. “Una volta che qualcuno deve avere paura, come dovrà l’Iraq, come dovrà la Cina”, ha detto, il mondo diventerà più calmo. “Tutti questi stranieri illegali faranno meglio a mettere in valigia i loro spazzolini da denti e cominciare a correre.”

Wasko non accetta l’argomento: “Quindi cerchiamo di instillare la paura in tutti in America”, risponde con sarcasmo.

“No”, replica Strines, “solo nei cattivi, amico”.

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