Abu Mohammed Adnani, uomo di fiducia di Al-Baghdadi e stratega dell’attacco all’Occidente attraverso azioni d’assalto e attentati suicidi ha cessato di vivere. Lo annuncia l’agenzia Amaq, fonte attendibile del Daesh, e l’ammette anche il Pentagono. Adnani è stato ucciso con un’operazione aerea ad Al Bab, località sita nell’area di Aleppo, a seguito d’informazioni raccolte con un accurato lavoro d’Intelligence. Nato nel 1977 a Banash, in Siria, era una figura di spicco della gerarchia jihadista, ed era in questa fase impegnato in prima persona alle porte di Aleppo per contrastare il molteplice fronte che cerca d’espugnare quel che resta della città: in terra i ribelli dell’Esercito libero, e l’esercito lealista, più le incursioni dell’aviazione di Asad e quelle russe dal cielo. Fra i suoi molteplici compiti c’era anche quello di comunicatore dell’Isis. Tant’è che la stessa agenzia Amaq invita i supporter dello Stato Islamico a lanciare un’ulteriore campagna di minacce all’Occidente utilizzando i social media. La presenza nei luoghi di ritrovo virtuale del web era stata uno dei piani messi a punto con particolare attenzione da Adnani, aveva fruttato un sempre maggior seguito fra sostenitori della branca jihadista di Al Baghdadi e prodotto un reclutamento di miliziani. Ma soprattutto aveva incrementato l’effetto domino di attentati compiuti dai cosiddetti ‘lupi solitari’ che cercano e praticano la strage nei “territori dei Crociati”, come hanno dimostrato i casi di vari attacchi fra Belgio, Francia, Germania usando le tecniche e gli strumenti più diversi. Le Intelligence che studiano le mosse dell’Isis attribuivano ad Adnani la paternità del progetto del mese di fuoco durante il Ramadan che ha mietuto vittime non solo in Europa, con la strage di Nizza, ma negli Usa con l’attentato al night club di Orlando e le sanguinarie bombe di Baghdad.
Con l’eliminazione nello scorso mese di marzo del più antico fra i teorici del gruppo, Abdul Mustafa al Qaduli, e del comandante militare, Omar Shishani, alla cerchia storica di Al Baghdadi restano altre due figure iper oltranziste: Abu Mohammed Al-Shimali che s’occupa dell’organizzazione logistica, con punte soprattutto sull’ormai non più semplice terreno di città e metropoli occidentali, e Abu Omar Al Tunisi, il reclutatore di attentatori suicidi che continua a fare proseliti non solo in Paesi fortemente disagiati. Come mostrano gli attentati negli aeroporti di Bruxelles e Istanbul per destare minori sospetti i kamikaze devono vivere in loco e sembrare cittadini comuni. Certo rispetto alla fase d’attacco e d’espansione anche territoriale sviluppatasi nell’estate 2014 tramite l’occupazione d’una vasta area siriana, la creazione dello Stato Islamico con capitale a Raqqa, l’introduzione d’un controllo militare e socio-politico, con un rapporto oppressivo e intimativo ma anche interlocutivo verso la popolazione, ovviamente maschile, l’attuale momento del Daesh non è del tutto propositivo. Il sogno del grande Califfato diffuso dalle loro mappe di propaganda che s’estende dal lontano Medioriente (compresa l’India e alcune regioni cinesi) per tutta la penisola arabica, Corno d’Africa, l’intero Maghreb fino ai Paesi subsahariani, con l’aggiunta europea della penisola iberica e dei Balcani, rimane appunto un sogno. Però, oltre a restare tuttora radicati nei due stati in dissoluzione (Siria, Iraq), i seguaci di Al Baghdadi sono stabilmente presenti in Algeria, Libia, Egitto, Nigeria, Arabia Saudita, Yemen, Cecenia, Afghanistan, Pakistan. Direttamente o con miliziani locali con cui hanno stabilito alleanze tattiche più che reclutative, ma come accade in alcune aree fortemente destabilizzate (Libia) o in condizione di conflitto permanente (Afghanistan) l’influsso jihadista non è di poco conto. Egualmente prosegue il terrore diffuso dai lupi solitari. Eliminarne l’attuale esperto reclutatore, non vuol dire stroncarne l’attività. Come probabilmente accadrà per Adnani: l’Isis si darà un nuovo stratega. Chi sorride e chi piange proseguono una guerra nient’affatto scontata.
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