…Comunque tutta questa smania di partire proprio non la capisco: che ci sarà mai fuori dal nostro cuore? E poi onestamente mi danno fastidio questi migranti quando, inquadrati dalle telecamere, ci fanno il dito e ci mandano al diavolo. Chi si credono di essere per venire qui ad insultarci e a sporcare di merda i nostri giardini? Non sono solo gli scafisti a lucrare su di loro. Ai loro paesi qualcun altro ci mangia e mi chiedo perchè non venga fatta nessuna campagna di dissuasione né da parte dei governi né dalle associazioni né dai missionari…è tutto uno schifo e mi viene da vomitare quando mi si chiede di vederli come dei disperati mentre invece sono solo dei farabutti...
Il messaggio in questione ha coinciso col mio arrivo. Il primo messaggio dopo aver provato vergogna di abbandonare Niamey, fosse anche per un mese. I migranti, protagonisti del testo citato, impiegano mesi, anni e poi non arrivano mai, compresi quelli che arrivano. Un altro mondo appeso ad un filo che si regge come se il chiodo fosse Lampedusa. Sono partito di nascosto per un sentimento di leggera vergogna che solo con la distanza si è accomodato sui sedili accanto in aereo. C’era uno spagnolo che fabbrica palazzine per le ambasciate e un nigerino che lavora nell’amministrazione. L’altro mondo spunta coi documenti e i controlli alla dogana: tutto in regola compreso il permesso di soggiorno per tornare. Poche ore che fanno spuntare quel mondo che migliaia di migranti inseguono tutta una vita, smarrendosi nel cammino, a volte.
Pensare che il messaggio dell’amica è arrivato per casualità nello stesso giorno. Benvenuti al Nord di Lampedusa, l’altro pezzo di mondo del mondo fatto a pezzi. Nulla di strano, in fondo, c’è chi può viaggiare e chi no: il mondo l’abbiamo trovato così. Ciò non solo è naturale ma anche divinamente stabilito dall’inizio. I poveri ci saranno sempre e guai a toccarli. Solo che sono, qualcuno fa osservare, sempre gli altri e si trovano sull’altra sponda. Nascere da una spiaggia o dall’altra, non c’è nulla di più banale, eppure il resto della vita passerà a non farsene una ragione. Lampedusa rimane il punto nel quale appendere il filo che regge il cartello di benvenuto al Nord o al Sud, a seconda della prua della nave. Perché il Nord si è spostato ancora più in alto del solito, raggiungibile d’accordo, ma senza mai potervi sostare come si conviene. Transeunti, passeggeri, precari, profughi, benefattori del popolo e soprattutto alla lunga indesiderabili ospiti.
Al Nord di Lampedusa la vita scorre normale, solo qualche paura in più rispetto a tre anni fa. Più organizzata e dunque meno lasciata a se stessa, la paura fa parte del menù che si offre ai nuovi arrivati. Anche per coloro che passano come semplici comparse lo spettacolo è assicurato ad ogni ora del giorno e della notte. Roba dell’altro mondo quando bastano poche ore di aereo, un biglietto, i documenti e soprattutto il privilegio di essere nati dall’altra sponda. Dettagli, se vogliamo, che alla lunga hanno il loro peso quando si tratta di passare le frontiere stabilite dalla storia. Sopra o Sotto Lampedusa, tutto lì il discorso che ha il merito di semplificare il giudizio universale quotidiano delle spiagge libiche e italiche. Poi passa il camion di una ditta che sul retro porta scritto un avviso illuminante: Non cambiare il tuo stile di vita: cambia il supermercato...
Mai fu scritto, a memoria d’uomo, un analogo riassunto della politica e dell’economia del Nord di Lampedusa. Ora è tutto chiaro e senza possibili ambiguità. Benvenuti al Nord cittadini del mondo dimenticato e perduto! C’è posto per voi al primo supermercato dietro l’angolo del primo caseggiato a destra oppure a sinistra, poco cambia. La meta è la stessa e analoga è la promessa... Prendete e... mangiatene tutti..., è scritto davanti ad una pizzeria nel centro di Sestri Levante. Davvero, fratelli, Benvenuti al Nord di Lampedusa.
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