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15/12/2016

Ma il referendum sull’Euro si può fare? Di Battista ha ragione. Ecco perché

Alessandro Di Battista ha lanciato la proposta di un referendum sull’Euro che, prevedibilmente, ha provocato il solito coro di reazioni: no non si può fare perché lo impedisce la Costituzione. In effetti, l’art. 75 II comma recita testualmente “Non è ammesso il referendum per le leggi tributarie, di bilancio, di amnistia ed indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali” e l’Euro è la conseguenza di un trattato internazionale.

I radicali, sul finire degli anni settanta, cercarono di aggirare l’esclusione di questa materia dal referendum abrogativo, distinguendo fra il momento della ratifica e quello dell’esecuzione, e distinguendo fra il trattato in sé e le leggi applicative che ne derivano, ma la Corte con sentenze ripetute (7febbraio 1978 n 16; 13 febbraio 1981 n 30; 13 febbraio 1981 n 31) ha costantemente ritenuto inammissibili i referendum proposti che seguivano questa strada ed ha poi confermato questo orientamento in seguito (corte Cost. 2 febbraio 1990 n 64). Dunque, all’interno del quadro costituzionale vigente non sembra esserci strada possibile per un referendum abrogativo in materia.

Qualcuno (e più di qualcuno per essere esatti) ha affermato che Alessandro Di Battista non conosce la Costituzione e lo dimostra con questa proposta. Posso assicurarvi che “Dibba” conosce perfettamente la Costituzione e non ignora, ovviamente il suo art. 75. Ma allora come spiegare la sua proposta? Ci arrivo.

In effetti se un referendum abrogativo vero e proprio non è possibile in questo quadro (anche se si pone il problema delle condizioni di reciprocità che qui mancano, ma ne riparleremo) è però vero che può essere praticata la strada di un referendum consultivo di indirizzo. In effetti c’è un precedente: nel 1989 ci fu una proposta di legge di iniziativa popolare tendente a promuovere un referendum di questo tipo a proposito dei poteri del Parlamento Europeo e la proposta venne approvata dal Parlamento italiano con legge 3 aprile 1989 n 2 ed il referendum si svolse effettivamente il 18 giugno di quell’anno.

Dunque, il referendum non avrebbe valore vincolante ed esecutività, ma questo non significa che non avrebbe peso politico. Appare quantomeno improbabile che una eventuale pronuncia in un senso o nell’altro, lasci insensibili le forze politiche: se il referendum confermasse la volontà di restare nell’Euro, questo tema, che periodicamente si affaccia (essenzialmente ad opera del M5s e della Lega) uscirebbe dall’agenda politica. Ma se l’esito fosse favorevole ad un superamento della moneta unica, è poco probabile che i partiti ad esso favorevoli siano disposti a sfidare gli umori popolari, magari cercherebbero di prender tempo.

Quanto alla mancanza di esecutività, non è affatto detto che questo sia un danno. Contrariamente a quanto si fa credere alla gente, l’alternativa non è per forza Euro o ritorno alla Lira. Ci sono molte soluzioni possibili: ad esempio si potrebbe stabilire un rapporto di cambio flessibile fra la moneta nazionale e l’Euro come era ai tempi dello Sme che aveva nell’Ecu una sorta di moneta unica virtuale, o si potrebbe contrattare un regime di doppia circolazione monetaria, o, nel caso queste situazioni coinvolgessero altri stati dell’Unione, si potrebbe articolare l’attuale moneta unica in due o tre monete (una per il Nord europa, una per il Sud ed una per l’est) o anche si potrebbe procedere ad una revisione organica dei trattai istitutivi giungendo ad una diversa moneta europea (ma di questo parleremo in un pezzo prossimamente).

Il Referendum servirebbe ad aprire le porte a questo dibattito sin qui soffocato dalla dittatura del “pensiero unico”. E questo sarebbe salutare.

Il punto è mettere in discussione il Totem-tabù dell’Euro su cui non è ammesso dibattito nemmeno di fronte all’evidenza del fallimento di questo esperimento.

E Di Battista ha fatto una proposta di buon senso: attenti perché il referendum consultivo potrebbe essere una valvola di sfogo che sarebbe  pericoloso chiudere. Mentre potrebbe aprire la strada ad un confronto quanto mai utile in questa situazione.

Voi fate una prova: provate a far andare la pentola a pressione sul fuoco, occludendone la valvola di sicurezza e vedete che succede...


La questione analizzata da Giannuli trovo sia molto di lana caprina essenzialmente perché stante il dna politico del M5S (per non palare della Lega) l'esito più probabile di un'eventuale referendum consultivo sull'euro sarebbe una debacle probabilmente più rovinosa di quella greca all'indomani dell'oxi.

Ad un eventuale referendum sull'Euro (e l'UE visto che le cose non sono affatto indiscindibili con buona pace dei riformisti anche di livello come Giannuli) infatti bisognerebbe arrivarci con una serie di piani blindatissimi e di rapida realizzazione, che al M5S mancano completamente.

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