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05/12/2016

NO: la sconfitta nella guerra di successione italiana di Matteo, sovrano di Pontassieve

Luigi XIV, il celeberrimo Re Sole, oltre ad aver visto nascere quello che poi sarebbe stato lo stato moderno, ha conosciuto bene la differenza che è forte, in politica, tra sforzo e risultato. E’ infatti noto lo sforzo che Luigi XIV impose alla Francia, durante le guerre di successione spagnola, per portare il regno ad una posizione di egemonia nel continente e sistemare i propri equilibri interni. Andò come sanno gli storici: la Francia perse guerra e risorse, ponendo le condizioni per una lunga crisi che si risolse con la rivoluzione e la ghigliottina per un altro Luigi, il sedicesimo. Il re Sole, sempre utile esempio in politica, serve quindi per capire la differenza tra sforzo, nell’uso dei mezzi, e risultato raggiunto. E, mettendo tra parentesi l’assestamento delle percentuali di voto (comunque molto negative per Renzi), questa lezione avrebbe dovuto forse essere metabolizzata prima dal sovrano di Pontassieve. Sicuramente prima di avventurarsi in un referendum senza capo né coda.

Perché è evidente che per un partito il quale, nei migliori momenti, ha almeno il 60% dell’elettorato contro, perdendo nei territori quasi tutti i ballottaggi significativi, imboccare la strada di un referendum costituzionale è un suicidio strategico. Come è evidente, e la storia politica insegna, che le vittorie possono accecare. Per Renzi la vittoria che acceca è stata quella del maggio 2014: lì ha pensato di poter chiudere la partita ultradecennale delle riforme costituzionali, la sua guerra di successione spagnola, ripetendo lo schema comunicativo, per lui magico, di quei giorni. Solo che allora c’erano condizioni irripetibili: un uomo immagine nuovo, con un bonus diventato un mantra (i famosi 80 euro) e quindi voti a valanga. Dopo oltre due anni, di un governo logorato dalla crisi del paese, il moltiplicare la comunicazione dei bonus esigibili in caso di vittoria ha fatto solo montare la rabbia per offerte che sapevano di truffa. Se nel 2014 il bonus rappresentava una novità, nel 2016 non è stato altro che una trovata pubblicitaria proposta ad un elettorato stanco, impaurito dalla crisi e nauseato. Tanta è stata la reazione negativa che la piattaforma dei media dominanti, schierati secondo le esigenze di marketing di Renzi salvo lodevoli eccezioni, non ha fatto che alimentare la sconfitta del segretario del PD. Basta dire che se si fosse votato due mesi fa, invece di posticipare il voto per far partire una campagna mediale ossessiva e invadente, Renzi avrebbe perso, stando ai sondaggi, con uno scarto ben minore della sconfitta che sta prendendo forma.

Cosa accadrà nei prossimi giorni? Dichiarazioni live di Renzi a parte, gli scenari sono tanti e li racconteremo tutti. Di sicuro Renzi ha perso, hanno perso i media disposti in modo orwelliano. Sono due buone notizie. Per adesso è giusto fermarsi a queste. Domani è un altro giorno, avrebbe detto Rossella O’Hara in Via col vento. Non lo è o meglio non sarà bel giorno, per il sovrano di Pontassieve. Esprimendo tutta la nostra solidarietà con la ridente cittadina della provincia di Firenze, che ha la sfortuna di ospitare una delle persone più gonfie d’Europa, fermiamoci un attimo alla terza buona notizia. Il piacere per la sconfitta di Renzi. Piacere tutto politico per aver visto un conclamato falsificatore di notizie, controllante tra l’altro i principali media, cadere di schianto. Perché per vincere le grandi battaglie, come quella di Rocroi della guerra dei 30 anni (per fermarsi alla storia francese), ci vogliono tre requisiti: abilità tattica, profilo strategico e rispetto dei soldati.

Renzi è solo la parodia di questi requisiti, è inadatto per un paese che cambia. Prima ci saluta e meglio è per tutti

Redazione, 5 dicembre 2016

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