Israele ci aveva provato anche questa volta. Nell’operazione tesa a legittimare Gerusalemme come capitale “di fatto” dello Stato ebraico, aveva cercato di far spostare una partita amichevole di calcio tra Argentina e Israele da Haifa, dove era prevista, a Gerusalemme. In questo modo avrebbe “doppiato” il risultato ottenuto con la partenza del Giro d’Italia (ribattezzato il Giro della vergogna e contestato in tutte le tappe italiane). Ma la nazionale argentina ha rifiutato, in qualche modo accogliendo l’appello della federazione calcio palestinese e scatenando una tempesta politica di prima grandezza alla vigilia dei Campionati mondiali di calcio.
Il governo israeliano, come al solito, ha provato a usare tutti i suoi strumenti di pressione. In Argentina ha una sua base di consenso, non solo nella locale e numerosa comunità ebraica, ma anche e da sempre tra i poteri forti del paese. Eppure stavolta la telefonata di Netanuyahu a Macri non è servita né bastata. Ed allora gli apparati di stato israeliani sono subito passati all’artiglieria pesante.
La ministra dello sport e della cultura Miri Regev è tornata a spingere per imporre che gli eventi sportivi, culturali e artistici di grande rilievo si svolgano esclusivamente a Gerusalemme. Lo scopo è quello di consolidare a livello internazionale l’immagine di Gerusalemme capitale di Israele e di rigettare lo status internazionale della città, sotto occupazione secondo varie risoluzioni approvate dall’Onu.
La ministra Regev, ritenuta la principale responsabile della rinuncia dell’Argentina al match in Israele per aver imposto lo spostamento della partita da Haifa a Gerusalemme, adesso minaccia di ritirare Israele dall’Eurovisione se il prossimo anno la competizione canora europea non si terrà a Gerusalemme. “Chiederò al governo che se l’Eurovisione non sarà a Gerusalemme, allora non la ospiteremo”, ha dichiarato durante una intervista la ministra, una dei falchi del governo di destra religiosa al potere in Israele. “Ci costa 50 milioni di shekel (14 milioni di dollari) e non è giusto spendere tanti fondi pubblici se l’Eurovisione non si terrà a Gerusalemme. Lo stato di Israele ha una capitale, si chiama Gerusalemme e non dovremmo vergognarcene”, ha aggiunto Regev.
Nel frattempo la Comtec, la società incaricata di organizzare l’amichevole di calcio tra Argentina e Israele, chiederà alla FIFA di escludere addirittura l’Argentina dai prossimi campionati del mondo in Russia con l’accusa di “discriminazione religiosa”.
Prevedibili e rabbiose le reazioni popolari in Argentina contro queste indecenti pressioni: “Vogliono farci fuori”, titolano a tutta pagina molti giornali. Oltre all’esclusione dal Mondiale, la Comtec avrebbe chiesto alla federazione argentina la restituzione dei due milioni di euro dati come compenso per aver accettato l’amichevole.
Il ministro degli Affari Esteri argentino, Jorge Farie, ha spiegato che “i giocatori sono rimasti profondamente scossi e hanno preferito rinunciare all’amichevole, chiedendo che venisse cancellata. La campagna palestinese divenuta virale e la pressione della stampa hanno reso il clima insostenibile”. Dichiarazioni condivise da Gonzalo Higuain che, ai microfoni di ‘Espn’, ha commentato: “Di fronte alle minacce ha prevalso il buon senso”.
Morale della storia è dunque che le autorità israeliane potrebbero verificare che esiste ormai un crescente pezzo di mondo che non si fa più intimidire dalle loro pressioni. E le forzature su Gerusalemme capitale vanno bene solo per gente come Trump, il governo del Guatemala, gli affaristi e i commentatori del gruppo Rcs/Corriere della Sera. Israele dovrebbe comprendere che non sarà mai considerato un paese “normale” in cui andare in vacanza, fare concerti o eventi sportivi fino a quando eserciterà l’apartheid e l’occupazione coloniale contro la popolazione palestinese. Il buonsenso suggerirebbe di cambiare registro. Di sicuro nelle prossime settimane saranno in tanti, molti più di prima, a tifare per l’Argentina nei Campionati mondiali di calcio che stanno per cominciare.
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