Un presidio di militari italiani al confine tra Niger, Ciad e Libia. Sarebbe questo il primo atto concreto a seguito del viaggio del ministro Matteo Salvini a Tripoli: una missione a Ghat, nel Fezzan libico, per rafforzare i presidi di frontiera. La missione esplorativa della fattibilità di questo presidio militare (un po' come i fortini della Legione Straniera) dovrebbe partire tra oggi e domani e sarà coordinata dal direttore del Dipartimento centrale dell’Immigrazione, Massimo Bontempi. L’operazione coinvolge la Polizia di frontiera, i militari del Coi dello Stato maggiore della Difesa (Comando operativo interforze), e il Genio dell’Esercito. Una missione che sembra più tesa a sperimentare il livello dei rapporti con la Francia che ad una qualche utilità sul campo.
A gennaio la Camera dei deputati con una larga maggioranza aveva approvato il decreto sulle missioni militari all’estero, inclusa quella in Niger. Contro avevano votato Liberi e uguali e il Movimento 5 Stelle e la Lega si era astenuta, mentre il Partito Democratico e Forza Italia avevano votato a favore del decreto, che prevede il ridimensionamento della presenza militare italiana in Afghanistan e in Iraq e l’intervento militare in Niger, nell’ambito della missione del G5 (Mali, Ciad, Burkina Faso, Niger, Mauritania) nel Sahel, in cui l’Italia ha chiesto di essere membro osservatore.
In Niger il contingente militare italiano ufficialmente fornirà supporto al governo nigerino “nell’ambito di uno sforzo europeo e statunitense per la stabilizzazione dell’area”. Giustamente Alberto Negri, esperto internazionale per una vita al Sole 24 Ore si chiede: “Cosa andiamo a fare è chiaro solo in parte. È un contingente nutrito per addestrare l’esercito nigerino ma non così consistente per i controlli alle frontiere. Nel primo caso si tratta di una missione “no combat”, nel secondo invece i rischi sono sicuramente maggiori”.
L’Istituto di Studi di Politica Internazionale (Ispi) ricorda che la missione italiana in Niger si concretizza nello schieramento di un contingente forte di 470 militari, 130 mezzi terrestri, due aerei ed equipaggiamenti logistici per una missione che si protrarrà nel tempo e che andrà ad affiancare quella già in atto in Libia – la missione di assistenza sanitaria “Ippocrate” – composta da poco meno di 300 militari dislocati a Misurata, e a quella della NATO in Tunisia a cui prenderanno parte 60 soldati italiani. “Nel complesso delle operazioni militari euro-africane nell’area sub-sahariana, i soldati italiani si uniscono alla presenza della Germania (con mille uomini tra Mali e Niger), agli oltre 4mila francesi dell’operazione Barkhane, e ai mille statunitensi impegnati nella missione di contro-terrorismo in Niger e in Mali”. Insomma una compagnia di giro di quelle che hanno già fatto tanti danni in giro.
Inoltre non tutto è chiaro sul contesto in cui dovrebbe operare il contingente militare italiano. Il presidente del Niger Mahamadou Issoufou, come noto, avrebbe richiesto un chiarimento sull’impegno italiano nonostante nel paese siano già presenti 40 nostri soldati incaricati di pianificare la logistica della missione. E altrettanto sarebbe successo in Tunisia dove il premier Yussef al Shed avrebbe posto il veto al dispiegamento di 60 militari italiani incaricati di partecipare a una missione Nato per la prevenzione e la lotta al terrorismo. A gennaio subito dopo l’approvazione della missione militare in Niger da parte del nostro parlamento, fonti della presidenza francese rilanciate dalla radio pubblica Rfi avevano fatto sapere che il governo del Niger “nega di essere stato consultato e di essere d’accordo con l’iniziativa”. Pochi giorni dopo le “voci” francesi venivano confermate dal ministro degli Interni del Niger, Mohamed Bazoum, decisissimo nel smentire che il suo governo abbia mai chiesto un intervento italiano.
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento