Il partito degli affari è trasversale. La mozione dei Cinque Stelle contro il Tav è stata bocciata dal Senato, con 181 no e 110 sì. Bocciata anche quella di LeU (riapparsa solo per stamattina).
Approvate invece le quattro mozioni – pressoché identiche – favorevoli all’opera, presentate da Pd e Lega, meloniani, berlusconiani e radicali. In pratica, a parte gli eletti di Sinistra Italiana, tutti gli altri gruppi hanno votato compattamente contro le istanze della Valsusa, malamente e illusoriamente rappresentate (ai tempi delle elezioni del 4 marzo 2018) dai grillini.
La posizione della Lega è stata, per bocca del capogruppo Massimiliano Romeo, particolarmente strafottente: “La mozione M5s impegna il parlamento e non il governo (non era un “voto di fiducia”, ndr), ma la questione politica resta. Se fate parte del governo dovete essere a favore della Tav. Se votate no ci saranno conseguenze”.
È la prova provata che non ci sono differenze serie tra la destra estrema, quella “moderata”, quella “liberale” e la sedicente “sinistra” ora guidata da Zingaretti. Le dichiarazioni di voto della mattinata hanno riproposto per la milionesima volte le tesi ideologiche-affaristiche dei sostenitori dell’opera, con grandi sparate prive di riscontro sullo “sviluppo del paese”, la “crescita”, la “modernità”, la “sostenibilità ambientale” e via mentendo.
E, all’opposto, è stato inutilmente ricordato che questa linea:
– è già servita da una ferrovia, sottoutilizzata per assenza di domanda di trasporto merci;
– non è ad alta velocità (i tempi di percorrenza tra Torino e Lione restano sostanzialmente simili);
– è una linea prevalentemente per le merci;
– le previsioni (di 30 anni fa) di aumento della domanda di trasporto si sono rivelate assolutamente sbagliate;
– i rischi di infiltrazioni mafiose negli appalti si sono già rivelati assolutamente chiari, visti i procedimenti aperti dalla magistratura torinese (peraltro schierata a favore dell’opera e contro il Movimento NoTav);
– dal punto di vista ambientale, l’esecuzione dell’opera comporterà un peggioramento drastico, che non verrà mai compensato dall’ipotetica diminuzione del traffico merci su gomma;
– che non c’è e non è neanche previsto il raccordo tra la linea al alta velocità che arriva a Torino e la tratta che dovrebbe venir costruita;
– che “l’asse ferroviario Lisbona-Kiev” è stato accantonato da anni dall’Unione Europea;
– ecc;
Ma che volete gliene importi a gente che, se per caso non verrà rieletta, troverà certamente “collaborazioni” a iosa con il piccolo universo delle imprese pro-Tav?
Ora, però, il problema politico è esploso. In Parlamento si è formata un’altra maggioranza e si è dissolta quella gialloverde.
Se qualcuno avesse un briciolo di dignità, il governo si dovrebbe dimettere immediatamente. Ma siccome non è stata – furbescamente – posta la “questione di fiducia”, nulla per il momento cambierà. Poi, quando il blocco di potere rappresentato dal voto di stamattina, riterrà utile far cadere il governo, lo farà.
C’è un Draghi o un Cottarelli, dietro l’angolo...
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