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01/01/2020

Brasile - A Belo Horizonte la sperimentazione di un’altra pratica politica

Una intervista di Florence Poznanski (Segreteria Esecutiva Nazionale Parti de Gauche/La France Insoumise – residente in Brasile) a Julia Moysés.

In Italia come in Francia, il 2020 sarà un anno di elezioni locali. Nell’attuale periodo di grande diffidenza politica e assenza di rinnovamento vale la pena guardare altrove in cerca di esperienze positive che hanno saputo conquistare l’interesse dei cittadini con una altra proposta politica.

In Brasile, nella città di Belo Horizonte con 2,5 milioni di abitanti, capitale dello stato di Minas Gerais nel sud-est del Paese, un gruppo di attivisti che non si era mai impegnato in nessuna elezione entra in campagna per le municipali del 2016 e conquista due consigliere comunali: Aurea Carolina e Cida Falabella. Aurea Carolina è la donna con la miglior performance elettorale della storia della città e viene eletta successivamente deputata nazionale nel 2018.

Il gruppo denominato “Tante, per la città che vogliamo” ridefinisce un nuovo lessico politico. Parla di radicalizzare la democrazia, di de-costruire i privilegi, di “occupare” la politica istituzionale. Valorizza il collettivo e l’allegria. Costruisce la sua campagna in difesa del diritto alla città per realizzare cambiamenti nella vita quotidiana dei cittadini.

Julia Moysés, ha seguito il collettivo sin dall’inizio e oggi si occupa di gestire la comunicazione del mandato. In questa intervista in due parti, ci racconta com’è nata l’iniziativa e come il mandato si confronti quotidianamente con l’istituzionalizzazione di un sistema elitista per mettere in pratica questo nuovo modo di fare politica.

1a parte: Nasce una nuova forza politica

Florence Poznanski: Raccontaci come è nato il movimento «Tante, per la città che vogliamo». Da dove viene ? Che cosa ha di speciale?

Julia Moysés: La maggior parte delle “Tante” si sono conosciute nel 2009, quando il sindaco di Belo Horizonte, Marcio Lacerda, viene eletto grazie ad una nefasta alleanza tra destra e sinistra, e impone una politica di privatizzazione della spazio pubblico molto repressiva. Per denunciare queste politiche di città-impresa, molte iniziative popolari emergono dal mondo della cultura e delle occupazioni urbane.

Nel 2013, il Brasile vive grandi mobilizzazioni nazionali che possono essere simili, ma qui le cose sono iniziate prima intorno a una proposta molto municipalista, centrata sul bisogno democratico di città per tutti.

 Le nostre attività sono cominciate con azioni festive di strada che ci avvicinano a movimenti popolari come quelli dei senzatetto, dei senza-casa o ancora i collettivi del carnevale. In questo, siamo molto lontani dai circoli intellettuali della sinistra.

Nonostante tutto questo, il sindaco viene rieletto nel 2012.

Sì. È stato una dura delusione per noi. Ma è anche da lì che iniziamo a capire che è tempo di avere una presenza più significativa nella città. In ogni elezione tutti si dividono tra i diversi partiti di sinistra [principalmente PT e PSOL]. Altri non prendono nemmeno parte al processo elettorale perché denunciano che è troppo centralizzato attorno ai partiti. Era tempo di occupare la politica istituzionale in modo diverso.

La maggior parte del gruppo non aveva mai fatto politica prima. Come avete fatto per lanciarvi in questa nuova fase?

Non sapevamo nemmeno cosa fosse costruire un programma e gli esempi di politica istituzionale che ci arrivavano erano l’opposto di ciò che difendevamo. Abbiamo iniziato ridefinendo tutto con il nostro vocabolario, la nostra idea di politica. Abbiamo organizzato le “esplosioni programmatiche” che erano dibattiti tematici in diverse aree della città. Tutte queste proposte sono state centralizzate su una piattaforma online dove si poteva votare e commentare.

Lanciamo un manifesto alla fine del 2015, “le 10 proposte per la città che vogliamo“. Si concentra sui bisogni urgenti della popolazione: mobilità per tutti, conservazione dei parchi, diritto all’abitazione, difesa dei senzatetto. Abbiamo quattro principi fondamentali: femminismo, antirazzismo, affetto e radicalizzazione della democrazia. Con questo abbiamo adottato una strategia di “massima confluenza”, vale a dire un tentativo di agglomerare le forze progressiste attorno a temi concreti del nostro programma.

Dopo di che iniziamo a chiedere alle persone nelle riunioni pubbliche i nomi di chi vorrebbe come candidato. La gente proponeva i nomi e noi andavamo a cercarli per chiedere loro se accettavano. Non era una moltitudine di persone, e la maggior parte di loro erano persone che conoscevamo e che seguivano il movimento sin dall’inizio. Concludiamo con una lista di 12 persone. La forza di questo gruppo era nella rappresentatività, era anche un argomento molto forte a quel tempo. Avevamo una rappresentante delle popolazioni indigene, un membro della comunità LGBT, un membro del movimento hip-hop, ecc.

In Brasile è necessario avere la sponda di un partito legalizzato per partecipare ad una elezione. Come avete scelto il PSOL (Partido Socialismo e Libertade)i?

È stato il momento più difficile, perché il nostro desiderio era di trascendere i partiti. Eravamo a pochi mesi delle elezioni, eravamo già una sessantina e non avevamo un partito. Per decidere, invitiamo i partiti a presentarsi in riunione pubbliche, ma non riusciamo a metterci d’accordo. Dopo molte difficoltà decidiamo di aderire al PSOL che è il partito con cui la maggior parte dei membri si identificava.

Ma l’entrata è stata difficile perché molti militanti del partito ci hanno respinto. C’era un vero problema di grammatica tra di noi [ride]. Non condividevamo affatto la stessa cultura politica. Li prendevamo per dei politici di indole autoritaria e loro ci consideravano come degli opportunisti che non rispettavano le regole del partito.

Alla fine, riuscite a lanciare la vostra mini-lista insieme agli altri candidati del partito. Solo per situare i nostri lettori, è importante ricordare che in Brasile i consiglieri comunali rappresentano un potere legislativo a parte e non sono eletti insieme al sindaco. Le elezioni del sindaco e dei consiglieri comunali sono distinte. I candidati al consiglio comunale presentano candidature individuali dentro un partito e devono competere tra di loro. Quali sono state le caratteristiche principali della vostra campagna?

La nostra campagna è stata collettiva, il nostro slogan era “se voti per una, voti per tutte”. Abbiamo deciso di scrivere sempre tutto al femminile, anche se avevamo candidati uomini. Il video più emblematico della campagna è stato quello in cui ogni candidata chiedeva di votare per un’altra. Era davvero innovativo perché rompeva completamente con l’individualismo delle campagne tradizionali. La nostra proposta era di occupare la politica con coraggio e con coscienza civica in modo che un’altra politica fosse possibile.

C’era una dinamica molto bella ma nessuno aveva idea di cosa potesse succedere. Ricordo che il giorno delle elezioni ho detto a mio marito che sarei andata al conteggio per sostenere i miei amici perché pensavano che avrebbero vinto. E poi è avvenuto il risultato più inaspettato: abbiamo eletto due consigliere comunali. Questa era la prima volta che il PSOL entrava al consiglio comunale. E Aurea Carolina è la donna meglio eletta nella storia di Belo Horizonte.

2a parte: la sfida della istituzionalità

Una volta elette fondate la “gabinettona”. Un termine che femminizza la parola “gabinetto” e gli da una dimensione maggiore, con il suffisso accrescitivo “ona”. Così descrivete questo mandato ampio e aperto che qualificate come “mandato collettivo”. Spiegaci come funziona.

Non abbiamo mai deciso che il mandato dovesse essere collettivo. Ma in effetti è stato implicito e la decisione è sembrata naturale. Perché come avevamo fatto una campagna insieme, dovevamo esercitare il mandato insieme. Quindi tutte le candidate sono entrate automaticamente nel gabinetto. Un mandato collettivo è un gruppo congiunto intorno alle due consigliere comunali che definisce collettivamente le strategie politiche. Non sono solo due gabinetti che lavorano insieme perché abbiamo letteralmente demolito il muro che separava i due uffici. È un collettivo che prende decisioni e guida le azioni di Aurea Carolina e Cida Falabella.

Come vedete il ruolo della gabinettona in relazione al resto del consiglio comunale?

Abbiamo tutti un passato di attivisti, così, naturalmente abbiamo continuato attraverso il mandato a intervenire per strada, in città, fuori dalle mura del consiglio comunale. Abbiamo 3 linee d’azione prioritarie: i diritti umani, la cultura e il diritto alla città. E per ognuno abbiamo sviluppato progetti per la città. Sono collegati alla nostra azione istituzionale ma vanno oltre i limiti del lavoro istituzionale in senso stretto. È certamente il contrario di molti altri consiglieri comunali. È un mandato molto poroso, i movimenti sociali hanno un ingresso diretto. E purtroppo siamo spesso arrestati durante le manifestazioni. Riteniamo che ogni membro della gabinettona sia un agente di cittadinanza. Ognuno di noi ha il compito di seguire lotte specifiche nei diversi territori, il che ci consente di essere molto reattivi e di avanzare proposte concrete.

Fammi degli esempi di progetti che realizzate.

Ce ne sono davvero molti e a volte è persino difficile avere una visione coordinata di tutto ciò che sta accadendo e alla fine, tanto meglio! Ma posso darti due esempi.

 Durante le elezioni, le candidate si sono impegnate a decostruire i privilegi e hanno promesso di riscuotere solo una parte del loro stipendio. Il resto viene ridistribuito come fondo per incoraggiare iniziative sociali e culturali in tutta la città. Abbiamo lanciato il primo concorso nel 2018 che ha assegnato un premio a una ventina di progetti. Siamo alla seconda edizione. Oltre a sostenere iniziative positive per la città, il premio favorisce le connessioni tra queste iniziative. 

Abbiamo anche lanciato una rete di avvocati popolari che ricevevano denunce di violazioni dei diritti umani. Le vittime possono riportarci gli attacchi e sono curate da professionisti impegnati nella giustizia a basso costo.

Quali sono i risultati? Si parla molto di “de-politicizzazione” della società. Pensi di avere delle soluzioni per combatterla?

I nostri progetti mirano ad agire a livello della micro-politica quotidiana. Per noi, questo è un vettore fondamentale perché fiorisca la resistenza democratica. È in questo spirito che Cida Falabella lavora nel suo quartiere. Invece di fare come gli altri consiglieri comunali che usano i fondi per finanziare l’acquisto di materiali o attrezzature, ha messo a disposizione il suo tempo e la sua capacità di mobilitazione per riunire le donne. Prende la forma di uno spuntino settimanale in cui invita le donne a discutere dei loro problemi per trovare soluzioni. Quindi, a seconda delle richieste, organizza attività o coinvolge professionisti specifici per parlare di violenza domestica, ricerca di lavoro o gestione dell’economia domestica, ad esempio. Col passare del tempo, questo collettivo si sta organizzando e diventa sempre più autonomo. Queste sono piccole azioni, ma sono potenti.

Ma alla fine il vostro ruolo è di votare le legge del municipio no?

Sì, certo. Ma anche qui abbiamo cercato di costruire meccanismi di partecipazione popolare. Non puoi più fare politica dando manuali alle persone su come fare questo o quest’altro e conformarsi semplicemente a norme prestabilite. La formazione politica deve avvenire attraverso la pratica politica. Per noi, l’elaborazione della legge coinvolge altri attori, altre pratiche e l’obiettivo è chiarire che sono gli abitanti che devono costruire quotidianamente questo mandato. Ogni volta, sia che si tratti di leggi o emendamenti, convochiamo gli attori dei diversi settori in modo che questi testi siano costruiti collettivamente. A volte sono anche loro che ci chiedono di presentare una nuova legge. Ciò richiede diversi incontri in cui il testo viene modificato varie volte. In diverse occasioni ciò ci ha permesso di migliorare in modo significativo la qualità dei testi che presentiamo e talvolta ci ha persino portato a cambiare idea.

Dopo il 2016, avete ripetuto lo stesso metodo per le elezioni regionali e federali del 2018, che vi hanno fatto crescere. Oggi in Minas Gerais avete una parlamentare regionale e Aurea Carolina è diventata parlamentare federale. 4 donne elette. La casa sta crescendo. Funziona?

Sì, oggi la “gabinettona” ha tre sfere di azione: a livello comunale, regionale e federale. Oltre ai vari organi legislativi in cui siedono le nostre parlamentari elette, ora abbiamo anche una casa di lavoro comune a Belo Horizonte. 

Questo ci consente di ampliare la nostra azione e coordinarci nelle diverse sfere per agire congiuntamente.

E non avete paura di istituzionalizzarvi troppo?

È un vero problema. Quando siamo arrivate ​​al consiglio comunale abbiamo avuto una vera difficoltà a conformarci all’istituzione perché nessuno di noi conosceva questo universo. Oggi conosciamo bene gli strumenti. E allo stesso tempo vediamo concretamente come opera l’istituzionalizzazione per distruggere collettivi come il nostro. Distruggere in tutti sensi della parola. Anche nella nostra soggettività, nelle nostre relazioni emotive. A volte ci troviamo spaventati da alcuni problemi spinosi. A volte, quando questo tipo di informazioni ci arrivano, ci chiediamo se dovremmo aprire questo argomento alla popolazione. Questo è irrazionale perché in realtà la trasparenza ci protegge sempre: in caso di dubbio devi sempre aprire. 

La mia percezione è che siamo sotto questa costante minaccia e che stiamo istituzionalizzandoci molto più di quanto dovremmo. Ma direi che abbiamo due antidoti che ci proteggono: la trasparenza e la festa.

La festa?

Nei momenti più difficili, abbiamo sempre organizzato molte feste, incontri, passeggiate, eventi pubblici. Perché è in questi momenti che ci ricomponiamo emotivamente e simbolicamente. Ognuno di noi si riconnette con il mondo da cui proviene e si ricorda perché è arrivato fino li.

Note:

i) Per un approfondimento sul PSOL e le dinamiche politiche nella sinistra brasiliana rimandiamo al contributo di Achille Lollo, “ Il PSOL di Marielle, storia di un partito di sinistra”.

Fonte

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