di Alberto Negri
La mossa degli Emirati e Israele, respinta dai palestinesi, si inserisce in un quadro geopolitico dove gli Usa con Israele stanno creando una sorta di “Nato araba” con l’obiettivo di far fuori l’Iran, gli Hezbollah libanesi alleati di Teheran e la Turchia di Erdogan, un membro della Nato sempre meno amico dell’Occidente che sta allungando la mano sul Mediterraneo
Tutto è tranne che un piano di pace, come lo vorrebbero contrabbandare Trump e compagnia. In cambio della rinuncia al furto dei territori palestinesi, cioè l’annessione della Cisgiordania, gli Emirati Arabi Uniti allacciano relazioni diplomatiche con Israele. Ecco cosa nasconde questa mossa: più che la pace, come si vanta il presidente americano, si preparano nuovi conflitti.
I palestinesi, certo non nuovi agli imbrogli degli americani, se ne sono ovviamente accorti subito. Non gli verrà restituito nulla di quanto perso nel 1967 con la Guerra dei Sei Giorni e tanto meno i profughi palestinesi avranno il diritto di tornare a casa.
Quanto ai soldi più volte promessi agli arabi nel piano di pace, la verità è che a Gaza, controllata da Hamas, si sopravvive a stento e nessuno ha intenzione di aiutare 1,8 milioni di persone controllate dal movimento fondamentalista palestinese.
Gli Emirati Arabi diventano così il primo Paese del Medio Oriente dopo Egitto e Giordania ad avere rapporti con Israele e questo basta a indorare una pillola amara.
Le prime reazioni da parte palestinese ieri erano negative. Il movimento Hamas ha ovviamente bocciato l’accordo: “Non serve la causa palestinese e incoraggia l’occupazione a negare i diritti del popolo palestinese”, ha dichiarato il movimento, secondo Al Jazeera, l’emittente del Qatar, monarchia del Golfo vicina ai palestinesi ma anche alla Turchia, che è lì presente con un contingente militare.
Secondo i Comitati di resistenza palestinese, l’intesa “rivela le dimensioni della cospirazione contro il popolo palestinese, ed è una pugnalata infida e velenosa alle spalle della nazione”.
In realtà la mossa degli Emirati e Israele si inserisce in un quadro geopolitico dove gli Usa con Israele stanno creando una sorta di “Nato araba” con l’obiettivo di far fuori l’Iran, gli Hezbollah libanesi alleati di Teheran e la Turchia di Erdogan, un membro della Nato sempre meno amico dell’Occidente che sta allungando la mano sul Mediterraneo orientale e sulla Libia.
Di questa Nato araba fanno parte gli stati amici degli Usa, le ricche monarchie del Golfo come Emirati, Arabia Saudita e l’Egitto del generale Al Sisi, le cui forze armate da quattro decenni sono finanziate dagli Usa. Questo – da notare – è anche l’asse che insieme alla Russia e alla Francia appoggia il declinante generale Khalifa Haftar in Cirenaica, recentemente sconfitto della Turchia che per sostenere il governo Sarraj ha occupato la Tripolitania e due importanti basi militari.
Una parte di questa coalizione, con Francia, Grecia, Egitto ed Emirati, fa parte dell’asse di alleanze che si oppone alla Turchia nel Mediterraneo orientale. In questa area ribollente Ankara ha fatto accordi con la Libia e vuole ribaltare le zone economiche speciali offshore per l’esplorazione di gas, da cui ritiene di essere stata ingiustamente esclusa a Cipro ellenica e nelle isole greche del Dodecaneso.
Di questo asse fa parte anche Israele che pochi giorni fa ha dato la sua solidarietà alla Grecia nel contenzioso con la Turchia, una solidarietà anche militare visto che i droni israeliani sono schierati a Cipro.
Perché gli Usa hanno fatto la mossa di spingere gli Emirati nella braccia di Israele? In primo luogo tra israeliani ed emiratini corrono da tempo rapporti intensi sia alla luce del sole sia sotterranei. L’accordo di pace, sancito in una telefonata tra Trump, il primo ministro israeliano Netanyahu e il principe della corona di Abu Dhabi, Mohammed Bin Zayed sottolinea il quotidiano israeliano Haaretz, è stato il frutto di lunghe discussioni tra Israele, Stati Uniti ed Emirati ma di recente ha avuto un’accelerazione.
Questa accelerazione è stata dovuta agli eventi in Libano del 4 agosto, l’esplosione terrificante al porto di di Beirut che ha gettato il Paese in una situazione di caos politico e sociale. Gli Usa e Israele ma anche gli Emirati e l’Arabia Saudita intendono cogliere questa occasione per mettere con le spalle al muro il movimento degli Hezbollah guidato da Nasrallah.
Israele vuole eliminare quella che ritiene la maggiore minaccia militare ai suoi confini, il fronte delle monarchie sunnite intende regolare i conti con la Mezzaluna sciita guidata dall’Iran.
Insomma si tratta di una partita che va dal Mediterraneo al Golfo in cui i palestinesi hanno soltanto un ruolo marginale se non del tutto strumentale per rendere ufficiale un fronte arabo-israeliano sostenuto dagli Usa in funzione anti-iraniana.
La prova è che gli Stati Uniti, insieme a Israele, hanno appena minacciato di togliere il loro appoggio alla missione Unifil in Libano, a guida italiana, se non verranno disarmate le milizie degli Hezbollah, cosa facile a dirsi ma in realtà quasi impossibile a farsi senza aprire nel Paese dei Cedri uno scenario da guerra civile.
Inoltre gli Usa di Trump, dopo avere stracciato l’accordo sul nucleare con Teheran firmato nel 2015, stanno mettendo pressioni su tutti per impedire che venga tolto all’Iran l’embargo sulle armi convenzionali.
Trump naturalmente cerca di confondere le acque e di far passare questo accordo Israele-Emirati come un passo verso la pace. “Se vinco le elezioni – ha twittato Trump ieri – farò un accordo con l’Iran in 30 giorni".
Ma nessuno ci crede, sono le classiche dichiarazioni roboanti di un leader che mente spudoratamente: l’accordo con l’Iran c’era già, lo aveva firmato Obama e lo aveva rispettato tutta la comunità internazionale, tranne proprio gli Usa di Trump che hanno ceduto alle pressioni di Israele rimettendo sanzioni a Teheran che hanno colpito non soltanto l’Iran ma anche tutto il commercio internazionale.
Non solo: Trump ha cominciato l’anno, il 3 gennaio, assassiando con un missile a Baghdad il generale Qassem Soleimani. Trump concepisce la pace con l’Iran in un solo modo: con un’inaccettabile resa senza condizioni.
Del resto questo è lo stesso presidente che si è alleato con i curdi siriani per sconfiggere il Califfato e dopo averli usati come una fanteria al suo servizio – i curdi hanno avuto 10mila morti – li ha abbandonati al suo destino ritirando le truppe ne l Nord della Siria e lasciando che Erdogan li massacrasse e occupasse i loro territori.
Questo è accaduto nell’ottobre scorso, non un secolo fa. Quindi quando sentite parlare di pace da queste parti del Medio Oriente fate le corna: in realtà si preparano nuove guerre alle quali noi, come italiani, siamo completamente impreparati, come al solito.
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