di Michele Giorgio – il Manifesto
Esperti e editorialisti sauditi a metà mese commentavano con favore il prossimo arrivo nel paese del premier iracheno Mustafa Kadhimi,
al suo primo tour all’estero dalla nomina il 7 maggio scorso. Non era sfuggita
la scelta di Kadhimi di recarsi prima a Riyadh e poi a Tehran, a
conferma dell’avvicinamento che il leader iracheno assegna allo sviluppo
dei rapporti con l’Arabia Saudita. Con amici ai vertici della
casa reale Saud e forte di buoni rapporti con l’Amministrazione Usa,
Kadhimi è visto dai sauditi come l’uomo in grado di allontanare l’Iraq
dall’Iran, spezzando il cordone ombelicale che dall’invasione
anglo-americana dell’Iraq tiene unite Baghdah e Tehran. E circolavano
voci di Kadhimi «mediatore» tra Arabia Saudita e Iran. Poi è saltato
tutto, per il ricovero improvviso in ospedale del re saudita Salman. La
visita a Riyadh avverrà a metà agosto. Ma al premier iracheno forse non è
dispiaciuto dover rovesciare il programma.
Chiamato a dare risposte ai bisogni più urgenti degli iracheni che da
mesi, con la pandemia di coronavirus, manifestano contro
disoccupazione, malgoverno e confessionalismo, Kadhimi si è reso conto che raffreddare i rapporti con Tehran, come gli chiedono Washington e Riyadh, non è semplice.
Non solo per le pressioni dell’Iran che nell’Iraq vede un asset
centrale per le sue strategie regionali e per aggirare le sanzioni Usa. I
legami commerciali ed energetici tra i due paesi sono fondamentali,
come quelli politici e sociali. In Iran Kadhimi ha ottenuto due
contratti nel settore dell’energia elettrica che riguardano la
riparazione dei danni alla rete di distribuzione a Najaf e Karbala e la
riparazione di trasformatori in tutto l’Iraq. Mai come in
questo momento il tema della corrente elettrica è sulla bocca di tutti
gli iracheni alle prese con la mancanza di energia mentre affrontano
temperature altissime, fino a 50 gradi.
Kadhimi sa che l’Iran può dare risposte immediate ad alcuni dei problemi del suo paese
e che il progetto appoggiato dagli Stati Uniti per il collegamento
delle reti elettriche dell’Iraq e delle petromonarchie resta vago e
potrebbe impiegare anni per realizzarsi. Tehran punta inoltre ad aumentare il valore
degli scambi commerciali con Baghdad dai 9 miliardi di dollari dello
scorso anno a 20 miliardi. Nei primi tre mesi del 2020, l’Iran ha
esportato verso l’Iraq 5 milioni di tonnellate di merci per 1,45
miliardi di dollari. Con le sanzioni Usa in
atto, appare evidente quanto l’Iraq sia fondamentale per l’economia iraniana. E aumentano
inoltre le pressioni delle milizie sciite e dei partiti iracheni legati a
Tehran su Kadhimi al quale la guida suprema iraniana, ayatollah Ali
Khamenei, ha detto che il suo paese si aspetta l’espulsione dall’Iraq
dei soldati statunitensi. Il premier iracheno ha assicurato che
il suo paese «non consentirà alcuna minaccia contro l’Iran dal suolo
iracheno» e ribadito che «l’Iraq non dimenticherà mai il sostegno
dell’Iran».
Più di tutto Kadhimi ha compreso che, come i suoi predecessori, rischia di finire stritolato nella morsa di Usa e Iran.
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