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17/11/2020

Fast Radio Bursts: mistero risolto?

Uno dei misteri più fitti dell’astrofisica delle alte energie è rappresentato dai Fast Radio Bursts (Lampi Radio Veloci), dei transienti radio di origine sconosciuta e di durata brevissima, dell’ordine dei millisecondi.

Il primo di questi segnali, passato alla storia come “the Lorimer Burst”, è stato rilevato in Australia nel 2001, con un radiotelescopio di 64 metri di diametro situato nell’osservatorio astronomico di Parkes, ed ufficialmente scoperto a seguito di un’analisi dati condotta nel 2007. Ad oggi risulta ancora tra i più intensi mai osservati.

L’identificazione di numerosi altri eventi, da parte di strumenti differenti, come il radiotelescopio da 305 metri di diametro di Arecibo (Puerto Rico), ha consentito poi di confermarne la natura extragalattica, dopo alcune incertezze associate ad una classe di misure dalla dubbia origine, che hanno rischiato di screditare i precedenti studi sui FRBs, in quanto attribuite all’utilizzo del forno a microonde dell’osservatorio australiano.[1]

I Lampi Radio Veloci percorrono enormi distanze prima di raggiungere la Terra e attraversano così le inomogeneità del mezzo interstellare ed intergalattico, composto da particelle elettricamente cariche come ioni ed elettroni. Questi ultimi hanno la proprietà di interagire con la radiazione elettromagnetica incidente e di diffonderla in tutte le direzioni, introducendo così dei ritardi nel segnale che ne attestano l’impronta astrofisica e forniscono preziose informazioni circa la distanza delle sorgenti e le proprietà della materia incontrata.

I FRBs sono quindi prodotti da fenomeni estremamente remoti ed energetici, ma si sa ancora poco circa la loro origine. Da un punto di vista teorico, occorre distinguere i burst singoli, i quali potrebbero essere riconducibili ad eventi cataclismatici, come l’esplosione di una supernova, il collasso di stelle di neutroni in un buco nero, la coalescenza tra due nane bianche o due stelle di neutroni, eventi cioè che avvengono una volta sola e senza possibilità di ripetersi, dai bursts che invece si ripresentano nel tempo, con emissione multipla o addirittura periodica, molto importanti in quanto verosimilmente associati a sorgenti astrofisiche persistenti, come pulsar o magnetar.[2] Proprio a queste ultime occorre rivolgere la nostra attenzione.

Il 28 aprile, infatti, l’osservatorio canadese Chime (Canadian Hydrogen Intensity Mapping Experiment) e quello statunitense Stare2 (Survey for Transient Astronomical Radio Emission 2) hanno rilevato il primo FRB proveniente dalla nostra galassia, la Via Lattea. Attraverso delle osservazioni in altre bande dello spettro elettromagnetico eseguite con vari telescopi spaziali, è stato possibile individuare la controparte X del segnale nella magnetar Sgr 1935+2154, lontana 14.000 anni luce, nella costellazione della Volpetta.

Ma cosa sono le magnetar? Si tratta innanzitutto di stelle di neutroni, ovvero oggetti incredibilmente compatti – il loro diametro è tipicamente dell’ordine di 10 chilometri – che si formano a seguito di colossali esplosioni denominate supernovae e rappresentano quindi lo stadio finale dell’evoluzione delle stelle massive, con masse superiori a 10 masse solari.[3]

Le stelle di neutroni hanno una struttura caratteristica, ma ancora poco compresa, per via dell’impossibilità di riprodurre il comportamento della materia in condizioni di densità e di campo gravitazionale così estreme. Nella sua essenzialità, essa è formata da una crosta solida di elementi pesanti come il ferro, prodotti come atto finale della nucleosintesi stellare, sotto la quale sono presenti particelle nucleari ed elettroni liberi, con una concentrazione di neutroni sempre maggiore man mano che ci si muove verso il centro.

Le magnetar costituiscono una classe atipica di stelle di neutroni. Sono infatti oggetti altamente magnetizzati, con un campo magnetico che supera di 100.000 miliardi di volte l’intensità di quello terrestre e che è in grado di alimentare l’emissione ad alta energia della stella.

L’attività magnetica provoca periodicamente la rottura della crosta che racchiude l’astro, determinando così delle esplosioni ricorrenti ed estremamente energetiche, con conseguente espulsione della materia in esso contenuta.

Le magnetar trascorrono quindi dei periodi di quiescenza, alternati a periodi di frenetica attività. Il Fast Radio Burst osservato sembra essere associato alla riaccensione della magnetar Sgr 1935+2154, monitorata negli ultimi giorni di aprile dai satelliti Swift e Integral.[4]

La scoperta, ovvero l’identificazione del primo FRB emesso nella nostra galassia e prontamente associato ad una sorgente astrofisica a noi nota, è stata annunciata nei primi giorni di novembre con una serie di articoli pubblicati sulla rivista Nature, e ha immediatamente suscitato un grande entusiasmo, poiché potenzialmente risolutiva di uno dei più grandi misteri dell’astrofisica dell’ultimo decennio.

Resta ovviamente da verificare se anche l’origine dei FRBs extragalattici sia attribuibile alle magnetar e sarà inoltre necessario comprendere secondo quale meccanismo fisico questa classe di stelle sia responsabile di tale improvvisa, potente e brevissima radioemissione.

Per approfondire:

La stella morta che spiega i lampi radio veloci

Cocktail d’emissioni radio e gamma da stella morta

Note:

[1] Petroff E., et al., “Identifying the source of perytons at the Parkes radio telescope”, MNRAS 451, 3933–3940, maggio 2015.

[2] Petroff E., et al., “Fast Radio Bursts”, arXiv:1904.07947v1, aprile 2019.

[3] Il destino ultimo delle stelle dipende da diverse variabili, ma in generale, tra i sistemi che esplodono come supernovae, le stelle più massive collassano in buchi neri, quelle meno massive producono stelle di neutroni.

[4] Mereghetti, S., et al., “INTEGRAL discovery of a burst with associated radio emission from the magnetar SGR 1935+2154”, arXiv:2005.06335v3, luglio 2020.

Fonte

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