24/11/2020
Quando Pertini fece quello che oggi sarebbe chiamato sciacallaggio
Quarant’anni fa, il 23 novembre 1980, ci fu il terremoto dell’Irpinia.
Due giorni dopo il Presidente della Repubblica Sandro Pertini si recò nelle zone del disastro, camminò tra le case distrutte, parlò con le popolazioni colpite e disperate, si rese conto degli immani ritardi e delle enormi responsabilità di tutte le istituzioni. Così la sera del 26 novembre il Presidente parlò in diretta televisiva e in sette minuti espresse una condanna senza precedenti delle colpe dello Stato.
“C’è una legge del 1970 sui disastri naturali, perché non è stata applicata? Il prefetto di Avellino è stato giustamente destituito, tutte le responsabilità vanno colpite. E se c’è chi ha sottratto fondi perché non è in galera?” Queste alcune delle parole del Presidente della Repubblica contro tutto il palazzo, che scossero il paese.
Quel palazzo si ritirò in un vile rancoroso silenzio, ma dopo quel discorso ci fu un enorme moto di solidarietà verso le popolazioni dell’Irpinia; in tanti ci recammo in quelle province per aiutare persone abbandonate che avevano bisogno di tutto.
Ricordo che noi metalmeccanici della FLM di Brescia organizzammo un campo di aiuti presso Conza della Campania, lo stesso fecero i lavoratori di tutta Italia in tutta l’area terremotata. Ovunque in Irpinia per mesi si potevano incontrare le roulotte di migliaia di volontari dei sindacati, dei partiti di sinistra, delle organizzazioni religiose e di quelle laiche, dei comuni, in testa quelli di Emilia e Toscana.
Fu un gigantesco moto nazionale di fratellanza attiva e militante e le parole durissime di Pertini avevano contribuito a promuoverlo.
Il terremoto dell’Irpinia del 1980 provocò 3000 vittime e le parole di Pertini diedero voce ad un paese sconvolto, che voleva giustizia ed era disposto a lottare per essa.
Oggi per il Covid sono già morte 50.000 persone e non c’è nessuna istituzione dello Stato che prenda parola per denunciare le enormi colpe della classe dirigente per questa strage immane. Nessuno che chieda scusa, nessuno che si dimetta o venga accompagnato alla porta.
E anche nella opinione pubblica l’assuefazione al massacro sta dilagando.
L’Italia di oggi, ben più ricca e colpevole di quella di quarant’anni fa, si assolve a partire da tutti i suoi vertici e sparge un complice e mortale ottimismo, che Sandro Pertini oggi contrasterebbe con tutte le sue forze. Guadagnandosi così l’unanime condanna di istituzioni ipocritamente indignate, che oggi bollerebbero di sciacallaggio parole come le sue.
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