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29/11/2020

Logistica nel Lazio. Centinaia di lavoratori passano dalla Cgil all’USB

La goccia che fa traboccare il vaso è l’accordo che Amazon e Assoespressi stanno cercando di imporre ai driver, introducendo la domenica lavorativa e l’allungamento del nastro giornaliero di lavoro. Cgil, Cisl e Uil, con le rispettive segreterie regionali, sono pronte a firmare ma non hanno fatto i conti con i delegati dei posti di lavoro e con un dirigente regionale Filt-Cgil amato e stimato dai lavoratori.

L’accordo è un evidente peggioramento che si aggiunge all’aumento delle ore di lavoro da 39 a 44 previsto dal nuovo CCNL, proprio in un settore in cui si stanno facendo profitti a palate a causa del clamoroso incremento delle vendite online dovuto alla pandemia.

I delegati protestano e chiedono un confronto con la segreteria regionale, anche perché hanno capito che se un accordo passa in Amazon, poi finirà per essere preso a modello nel rinnovo del CCNL della logistica, le cui trattative sono già cominciate. Amazon nel settore funziona infatti un po’ come un tempo era la Fiat nella metalmeccanica: prima o poi le altre aziende finiscono per adeguarsi alle sue regole.

Ma la Cgil non ne vuole sapere, anche perché si vocifera che nella segreteria ci siano dei soggetti pronti a trasferirsi armi e bagagli alla direzione del personale di una delle grandi aziende del settore. Un classico, oramai, nella carriera dei “sindacalari” nostrani. L’accordo Amazon va firmato, dicono a piazza Vittorio, anzi la discussione viene trasferita a livello nazionale per diventare accordo valido per tutto il paese.

Ed è qui che comincia il terremoto. Non solo dalle aziende collegate ad Amazon, ma anche dalla SDA, dalla GLS, da TNT e da altre aziende è cominciata la burrascosa fuoriuscita di centinaia di lavoratori dalla Filt-Cgil. Il leitmotiv è per tutti lo stesso: basta con i sindacati di comodo.

Le direzioni aziendali vanno in soccorso dell’alleato in difficoltà e intervengono con minacce di vario tipo, dal licenziamento al trasferimento fino alla classica formula “non trattiamo con USB, che non è firmataria di contratto”. Non sapendo come impedire lo svuotamento del sindacato amico, usano tutto l’armamentario a disposizione dei padroni pur di impedire che si verifichi un travaso di iscritti all’USB.

Questa volta però i mezzi tradizionali non funzionano. La misura è colma. I dirigenti della Cgil sono furiosi ma anche smarriti. Sentono che la terra comincia a mancargli sotto i piedi. Improvvisamente si materializzano nei magazzini, arrivano dove nessuno li conosce né vuole sentirne parlare. Si uniscono ai dirigenti delle aziende, ai padroni insomma, per spiegare che l’USB non potrà sedere ai tavoli di trattativa. Ma più si agitano e più spingono all’esodo, perché ormai sembra aver fatto breccia un ragionamento tanto semplice quanto logico: se USB è il loro problema, allora USB è il nostro sindacato. Il sindacato che serve per impedire gli aumenti di orario e della flessibilità giornaliera e settimanale.

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