Per descrivere i più svariati fenomeni di tipo sociale e politico che
avvengono nella società è utile, in alcuni casi, rivolgersi al pensiero
di studiosi e filosofi, che funziona come una vera e propria lente di
ingrandimento, come un filtro attraverso il quale possiamo leggere la
realtà che ci circonda. Michel Foucault è sicuramente uno di questi: egli stesso considerava le sue opere come una vera e propria “cassetta degli attrezzi”
che metteva a disposizione per chi volesse avviarsi sulle piste di
ricerca da lui iniziate. I suoi studi sulle dinamiche attraverso le
quali il potere si insinua negli interstizi della società moderna e
contemporanea rappresentano un importante strumento che non dovremmo mai
dimenticare. Adesso più che mai è necessario riprenderlo in
mano per tentare di analizzare, in modo lucido e disincantato, i
fenomeni sociali e politici scaturiti dall’emergenza della pandemia da
Covid-19.
Da più parti, durante il lockdown di marzo-aprile, è stato richiamato il concetto di “criminalizzazione del cittadino”.
Adesso, che vengono nuovamente messe in atto pratiche più o meno
restrittive della libertà individuale sull’intero territorio nazionale, è
interessante recuperare questo concetto. Perché criminalizzazione o,
detto altrimenti, colpevolizzazione? Perché – si diceva – gli
organi di governo, invece di mettere il dito sulla piaga di un sistema
sanitario inefficiente e ridotto al collasso da una cattiva gestione nel
corso di lunghi anni[1], colpevolizzavano diffusamente i cittadini
indisciplinati che ‘si assembravano’ e assumevano dei comportamenti
sbagliati. Il principale responsabile della pandemia era il comportamento irresponsabile delle persone. Sembra che, adesso, nulla sia cambiato sotto il sole.
Provvedimenti restrittivi sono nuovamente scattati e, per alcune
regioni, un vero e proprio nuovo lockdown. È interessante analizzare un
fenomeno di questo tipo per mezzo della “cassetta degli attrezzi”
offerta da Foucault. Se non abbiamo del tutto disimparato a pensare
siamo anche in grado di astrarre il nostro pensiero, per un po’, dalla
causa scatenante di tale fenomeno e, cioè, la diffusione del virus. E,
nel caso non ne fossimo capaci, possiamo sempre chiederci se, prima di
arrivare a un provvedimento di questo tipo, sarebbe stato possibile
intervenire in altro modo. Comunque, il fenomeno c’è e non possiamo
negarlo: un’intera popolazione costretta agli arresti domiciliari,
esposta al controllo poliziesco e alla punizione (niente di diverso, in
sostanza, dalla dinamica del “sorvegliare e punire” messa in luce dallo
stesso Foucault) se esce per strada ‘senza alcun motivo valido o
necessario’. Se ci astraiamo per un attimo dalla causa
scatenante – la pandemia – possiamo arrivare tutti a ritenere che si
tratta di una cosa gravissima. E, anche se non ci astraiamo, possiamo
comunque arrivare a pensare che, a causa del virus, qualsiasi principio
democratico e costituzionale, qualsiasi diritto del cittadino, sia
d’improvviso venuto meno. Cosa gravissima è, e cosa gravissima rimane.
Sia il lockdown di marzo-aprile che quello attuale assumono delle caratteristiche simili al “grande internamento” dei folli descritto da Foucault nella sua Storia della follia nell’età classica.
I cittadini, considerati ‘folli’, “insensati”, irresponsabili, vengono
sottoposti a un processo di internamento, di reclusione manicomiale.
L’internamento, dalla metà del XVII secolo, investe non solo i folli ma
tutta una popolazione ‘diversa’ e marginale: “Strana base ed estensione
delle misure d’internamento. Sifilitici, dissoluti, dissipatori,
omosessuali, bestemmiatori, alchimisti, libertini: tutta una popolazione
variopinta si trova d’un tratto, nella seconda metà del XVII secolo,
rigettata al di là di una linea di separazione, e rinchiusa in asili che
erano destinati a diventare, dopo un secolo o due, i campi chiusi della
follia” (SFEC, p. 144). Del resto – ricorda lo studioso – già la stultifera navis,
la “nave dei folli” rinascimentale, nell’iconografia del XV secolo, ha a
bordo personaggi astratti, tipi morali: “il ghiotto, il sensuale,
l’empio, l’orgoglioso” (SFEC, p. 146), coloro che, per motivi morali,
devono essere allontanati. Foucault ricorda che il folle era colui che
era “escluso per quattro volte: dal lavoro, dalla famiglia, dal discorso
e dal gioco”, “l’errante per eccellenza” (AF 3, pp. 70-71). Il malato
di mente sarà poi una evoluzione del folle all’interno della società
capitalistica: egli assume “lo statuto di malato, di individuo che deve
essere guarito per essere nuovamente immesso nel circuito del lavoro
ordinario, del lavoro normale, cioè del lavoro obbligatorio” (AF 3, p.
83).
I cittadini irresponsabili diventano dei criminali che devono
essere internati e allontanati. La delinquenza, la presenza di piccoli
criminali è un fenomeno accettabile e auspicabile da parte degli stati,
perché essa serve a rendere accettabile a sua volta il sistema di
controllo: “L’esistenza di un piccolo pericolo interno
permanente è una delle condizioni che rende accettabile il sistema di
controllo: con questo si spiega perché, in tutti i paesi del mondo,
senza nessuna eccezione, i giornali, la radio e la televisione diano
tanto spazio alla criminalità, come se ogni giorno si trattasse di un
fatto nuovo” (AF 3, p. 166). Attenzione: nel nostro caso, il
pericolo interno non è rappresentato dal virus in sé (che non è certo un
fenomeno creato dal sistema di controllo) ma dal cittadino che
‘sgarra’, che non rispetta le regole. Ecco che la presenza di
questo personaggio irresponsabile, che mette a rischio la propria salute
e quella degli altri, giustifica e rende accettabile il sistema di
controllo (il lockdown) e di punizione (le varie sanzioni penali).
E tale personaggio fa parte di un nucleo più ampio, chiamato
“popolazione”. “Con la scoperta dell’individuo e la scoperta del corpo
addestrabile, la scoperta della popolazione è l’altro grande nucleo
tecnologico intorno a cui si sono trasformati i procedimenti politici
dell’Occidente. È stata inventata quella che chiamerei, in opposizione
all’anatomo-politica di cui parlavo prima, la bio-politica”
(AF 3, p. 164). E, continua Foucault, “adesso ci sono dei corpi e delle
popolazioni. Il potere è diventato materialista. Ha smesso di essere
giuridico. Deve trattare cose reali, come il corpo e la vita” (AF 3, p.
165). La popolazione, di fronte al pericolo, non esita ad accettare in
silenzio qualsiasi provvedimento limitante della propria libertà e non
esita a denunciare chi potrebbe rappresentare, a sua volta, un possibile
pericolo.
Leggiamo cosa prevede il Dpcm per le zone “rosse”: “è vietato ogni
spostamento, anche all’interno del proprio Comune, salvo che per motivi
di lavoro, necessità e salute”. Ecco che lo sguardo del potere
riporta alla razionalità il cittadino irrazionale e irresponsabile: ci
si può spostare solo per motivi seri e necessari. Il folle
cittadino errante, che si sposta senza motivo, per una passeggiata o per
piacere, deve essere ricondotto alla ragione con una tirata d’orecchie.
All’interno del sistema capitalistico è ammesso solo lo spostamento per lavoro.
Come nota Foucault, nel corso del XVII secolo il folle diventa
intollerabile perché la società sta iniziando ad organizzarsi secondo le
dinamiche politiche e statuali capitalistiche: “in una simile società, l’esistenza di una massa di oziosi diventa letteralmente impossibile e intollerabile”
(AF 3, p. 79). Il lavoro, la salute e la necessità non rientrano
all’interno del piacere: chi se ne va a fare una passeggiata è il nuovo
folle, il nuovo insensato, un vero e proprio criminale irrazionale e
irresponsabile (“il folle è la verità irresponsabile”, dice Foucault),
un ozioso per il quale non c’è spazio nella società capitalistica basata
sul lavoro[2].
Insieme agli individui vengono colpevolizzati e sottoposti all’internamento anche determinati spazi, non ritenuti ‘seri’ e necessari: i cinema, i teatri, i musei, i bar, i ristoranti, le scuole.
Ebbene sì, anche le scuole. Cinema, teatri, musei, bar, ristoranti
sono, seppure in modo diverso, luoghi deputati allo svago e al piacere. E
comunque, se diamo uno sguardo più approfondito, si scopre che, in
definitiva, anche la scuola appartiene alla sfera del piacere. La parola “scuola” deriva infatti dal latino schola, il quale deriva a sua volta dal greco scholé, che significa “ozio”, “riposo”. La scholé
era il tempo in cui ci si riposava dalle fatiche della vita quotidiana
per dedicarsi allo studio, al ragionamento. Presso i latini, la scholé diventa poi il tempo dell’otium, contrapposto al negotium:
il momento di un riposo costruttivo, dedicato a se stessi e allo
studio, alla scrittura, alla lettura, lontano dagli impegni lavorativi
della vita pubblica. Anche il tempo viene colpevolizzato e internato: il
cosiddetto “coprifuoco”, infatti, colpisce il momento della giornata maggiormente dedicato all’ozio, al riposo, al piacere, cioè la sera dopo le 22. Il momento della giornata maggiormente improduttivo, estraneo alle dinamiche del lavoro e della riproduzione del capitale. Infine, ad essere colpevolizzata è anche una particolare fascia sociale, quella dei ragazzi e dei giovani,
rappresentati come improduttivi e irresponsabili sfaccendati che si
aggirano per le strade a qualsiasi ora incuranti della propria salute e
di quella dei propri cari. Non a caso, è stata chiusa la scuola, il
luogo (non particolarmente legato ad un immediato ritorno economico)
dove si riversa il maggior numero di giovani in una fascia oraria non
sospetta: quella produttiva del mattino.
L’internamento e il controllo, come quello che agisce sui folli, colpisce anche la sfera sessuale
(Foucault ricorda che, insieme ai folli, venivano internati anche gli
ammalati di malattie veneree): i giovani, sottoposti a internamento, non
possono incontrarsi col fidanzato o la fidanzata poiché il Dpcm
prescrive che non ci si debba incontrare con persone non congiunte o non
conviventi. I meccanismi di potere, grazie ai vari lockdown,
sorvegliano, controllano e puniscono anche la sessualità degli individui
e dei giovani in particolare. Sembra che stia agendo un meccanismo per cui lo spazio reale diventa colpevole mentre lo spazio virtuale diventa virtuoso,
e non è solo un gioco di parole. La realtà viene allontanata nella
rappresentazione della realtà, nel suo spettacolo, nella sua icona
digitale e spettrale, verso il più totale annientamento dei corpi e dei
loro bisogni (la DAD al posto della scuola ne è un triste esempio).
I colpevoli, i folli e irresponsabili trasgressori delle regole e del
lockdown, saranno sottoposti a controlli di polizia e a rigide sanzioni.
La polizia, secondo Foucault, è infatti strettamente connessa al
meccanismo dell’internamento: “La comparsa di queste grandi case
d’internamento è stata contemporanea ed è connessa all’insediamento di
un’istituzione che in seguito, sfortunatamente, ha fatto parlare di sé e
della quale ci capita di essere le vittime: la polizia” (AF 3, p. 81).
Come abbiamo visto, tutte queste dinamiche sottese alla logica del lockdown – la colpevolizzazione, l’internamento, il controllo, la punizione – non sono state magicamente generate dall’emergenza pandemica. Esse, al contrario, erano già esistenti
nella società occidentale e capitalistica, fin dai tempi in cui nasce
il “grande internamento” della follia, messo in luce dalla lucidità
delle ricerche foucaultiane. Tali dinamiche, poi, nel mondo
digitalizzato, agivano e funzionavano nei più sottili interstizi della
società, nelle maglie delle relazioni fra svariati poteri. Il
virus è stato solo il meccanismo che le ha fatte emergere allo scoperto,
che le ha rese visibili. Per cui, se critichiamo una situazione di
questo tipo, non facciamo altro che criticare l’acutizzarsi di sottili
dinamiche di controllo preesistenti; non neghiamo certo l’esistenza del
virus, ci mancherebbe altro. Mettiamo bensì in discussione un intero
sistema di controllo e di coercizione preesistente al virus, nascosto e
invisibile nelle sue parvenze spettrali, e che quest’ultimo ha reso
visibile, come una cartina di tornasole. Perciò, è quanto mai
doveroso, perlomeno, mettere in discussione tale sistema e porsi delle
domande su quanto sta accadendo intorno a noi. Altrimenti, oltre ad aver
buttato definitivamente nel cesso il nostro cervello, avremmo rifiutato
e dimenticato per sempre la preziosa “cassetta degli attrezzi” che ci
ha offerto e continua ad offrirci Michel Foucault.
Guy van Stratten
Riferimenti bibliografici:
AF 3: Michel Foucault, Estetica dell’esistenza, etica, politica. Archivio Foucault 3. Interventi, colloqui, interviste. 1978-1985, Feltrinelli, Milano, 2020.
SFEC: Michel Foucault, Storia della follia nell’età classica, Rizzoli, Milano, 1978.
Fonte
Note di redazione
[1] Cattiva gestione? la sanità è collassata per 37 miliardi di tagli... che sono qualcosa di più della semplice cattiva gestione.
[2] Basata sullo sfruttamento del lavoro...
30/11/2020
Il cittadino criminale e il “grande internamento” del lockdown: adesso più che mai è necessario rileggere Foucault
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