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21/11/2020

Quello che i Sassoli non dicono

Questa è la storia di come un titolo inventato possa generare un dibattito surreale, mettendo in moto una serie di riflessi condizionati che si autoalimentano e iniziano a vivere di vita propria. L’intervista sopra cui campeggia il titolo inventato non contiene affatto i contenuti shock che, da qualche giorno, agitano il dibattito pubblico. Evidentemente ci vuole ben altro per impedire alle menti migliori del Paese, da Calenda a Marattin, da Zingaretti a Salvini, di riaffermare ossessivamente un’ortodossia dell’austerità europea che si vuole inscalfibile, anche a fronte del nulla espresso da David Sassoli, attuale Presidente del Parlamento europeo.

Ma andiamo con ordine. Sfogliando La Repubblica del 15 novembre salta agli occhi un rivoluzionario, dirompente Sassoli: “L’Europa deve cancellare i debiti per il Covid. È bastato questo per dare la stura, da un lato, agli entusiasmi di alcuni soggetti della presunta sinistra e, dall’altro, per indurre Zingaretti a richiamare all’ordine le truppe: “non è il tempo di proposte rispettabili ma estemporanee sulla cancellazione del debito. Io ascolto le opinioni di tutti, ma se ricominciamo a chi la spara più grossa, la vedo dura”. Da qui, prende il via anche un sottogenere letterario, con ramificazioni che spaziano dalla rivendicazione di una vittoria politica per un burocrate europeo che riconosce le ragioni dei ‘sovranisti’, passano per chi legge negli eventi una manovra politica per assumere la guida del Governo e/o tagliare l’erba sotto i piedi della Lega, e arrivano all’allarme preoccupato dei liberisti più sfrenati.

A questo punto il lettore potrebbe essersi incuriosito e volerne saperne di più sulla proposta di Sassoli. Diventa allora utile rispondere alla domanda: cosa propone, in concreto, il presidente del Parlamento europeo in merito alla cancellazione dei debiti contratti dai Paesi membri dell’Unione per fronteggiare le conseguenze economiche della pandemia? La risposta non è particolarmente articolata e si può agilmente sintetizzare in un nulla.

A domanda dell’intervistatore: “Pensa sia anche necessario e possibile cancellare i debiti contratti dai governi per rispondere al Covid?”, Sassoli risponde: “È un’ipotesi di lavoro interessante, da conciliare con il principio cardine della sostenibilità del debito. Nella riforma del patto di stabilità dovremo concentrarci sull’evoluzione a medio termine di deficit e spesa pubblica in condizioni di crisi e non solo ossessivamente sul debito”. Non c’è molto da commentare, non c’è molto da aggiungere. Tramite un giro di parole che rievoca i fasti della dialettica nella quale eccellevano i notabili democristiani nella Prima Repubblica, Sassoli evita di rispondere alla domanda e si limita a menzionare vagamente l’ossessione tutta europea sul debito pubblico, nella stessa frase in cui ribadisce che la sostenibilità del debito è, e deve continuare ad essere, IL principio cardine dell’architettura europea.

L’intervista prosegue e contiene un ulteriore elemento che ha scaldato gli animi. Sassoli, infatti, si lascia andare ad una apparente critica nei confronti del MES. A più riprese abbiamo messo in luce la pericolosità estrema di questo strumento, funzionale esclusivamente al perfezionamento di un dispositivo attraverso il quale imporre la disciplina dell’austerità ai Paesi che vi facessero ricorso. Ma per il presidente del Parlamento il problema è un altro, ed ha a che fare con la natura intergovernativa e quindi non puramente comunitaria del MES stesso. Ecco quindi la proposta: strappare dalle mani dei Governi la possibilità di mettere bocca nella gestione di questo strumento, per affidarla alla Commissione Europea, istituzione a-democratica per eccellenza e vero cane da guardia dell’austerità e della disciplina di bilancio. In questo senso, gli strali che a turno vengono lanciati contro Paesi come Ungheria e Olanda esprimono il disappunto per l’ostacolo che costituiscono nei confronti di questo tipo di progetto.

A corollario, una celebrazione dell’intervento europeo e delle virtù dell’ancora inesistente Recovery Fund, il quale – è utile ricordarlo – prevede condizionalità più stringenti del MES e subordina l’accesso ai fondi a misure lacrime e sangue, scritte nero su bianco esattamente da quella stessa Commissione Europea alla quale demandare completamente, secondo Sassoli, la riscossa e il salvataggio delle economie dei Paesi membri.

Sono tempi davvero strani quelli in cui viviamo, se un personaggio del genere può, anche solo per qualche giorno, salire agli onori delle cronache come parte della soluzione e non del problema. In quest’ottica, il gioco appare quanto mai ridicolo: al vuoto pneumatico di dichiarazioni che si vorrebbero pseudo-bellicose nei confronti dell’Europa si contrappongono immediatamente a spron battuto le sirene dell’ortodossia liberista. Una manfrina sterile alla quale conviene rispondere costruendo un punto di vista che esca da questa finta dicotomia, invece che lasciarsi entusiasmare dal primo Sassoli che passa.

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