Questa è la storia di come un titolo
inventato possa generare un dibattito surreale, mettendo in moto una
serie di riflessi condizionati che si autoalimentano e iniziano a vivere
di vita propria. L’intervista sopra cui campeggia il titolo inventato
non contiene affatto i contenuti shock che, da qualche giorno, agitano
il dibattito pubblico. Evidentemente ci vuole ben altro per impedire
alle menti migliori del Paese, da Calenda a
Marattin, da Zingaretti a Salvini, di riaffermare ossessivamente
un’ortodossia dell’austerità europea che si vuole inscalfibile, anche a
fronte del nulla espresso da David Sassoli, attuale Presidente del
Parlamento europeo.
Ma andiamo con ordine. Sfogliando La Repubblica del 15 novembre salta agli occhi un rivoluzionario, dirompente Sassoli: “L’Europa deve cancellare i debiti per il Covid”. È bastato questo per dare la stura, da un lato, agli entusiasmi di alcuni soggetti della presunta sinistra e, dall’altro, per indurre Zingaretti a
richiamare all’ordine le truppe: “non è il tempo di proposte
rispettabili ma estemporanee sulla cancellazione del debito. Io ascolto
le opinioni di tutti, ma se ricominciamo a chi la spara più grossa, la
vedo dura”. Da qui, prende il via anche un sottogenere letterario, con
ramificazioni che spaziano dalla rivendicazione di
una vittoria politica per un burocrate europeo che riconosce le ragioni
dei ‘sovranisti’, passano per chi legge negli eventi una manovra politica per assumere la guida del Governo e/o tagliare l’erba sotto i piedi della Lega, e arrivano all’allarme preoccupato dei liberisti più sfrenati.
A questo punto il lettore potrebbe
essersi incuriosito e volerne saperne di più sulla proposta di Sassoli.
Diventa allora utile rispondere alla domanda: cosa propone, in concreto,
il presidente del Parlamento europeo in merito alla cancellazione dei
debiti contratti dai Paesi membri dell’Unione per fronteggiare le
conseguenze economiche della pandemia? La risposta non è particolarmente
articolata e si può agilmente sintetizzare in un nulla.
A domanda dell’intervistatore: “Pensa
sia anche necessario e possibile cancellare i debiti contratti dai
governi per rispondere al Covid?”, Sassoli risponde: “È un’ipotesi di
lavoro interessante, da conciliare con il principio cardine della
sostenibilità del debito. Nella riforma del patto di stabilità dovremo
concentrarci sull’evoluzione a medio termine di deficit e spesa pubblica
in condizioni di crisi e non solo ossessivamente sul debito”. Non c’è
molto da commentare, non c’è molto da aggiungere. Tramite un giro di
parole che rievoca i fasti della dialettica nella quale eccellevano i
notabili democristiani nella Prima Repubblica, Sassoli evita di
rispondere alla domanda e si limita a menzionare vagamente l’ossessione
tutta europea sul debito pubblico, nella stessa frase in cui ribadisce
che la sostenibilità del debito è, e deve continuare ad essere, IL
principio cardine dell’architettura europea.
L’intervista prosegue e contiene un
ulteriore elemento che ha scaldato gli animi. Sassoli, infatti, si
lascia andare ad una apparente critica nei confronti del MES. A più riprese abbiamo messo in luce la pericolosità estrema di questo strumento, funzionale esclusivamente al perfezionamento di un dispositivo attraverso il quale imporre la disciplina dell’austerità ai
Paesi che vi facessero ricorso. Ma per il presidente del Parlamento il
problema è un altro, ed ha a che fare con la natura intergovernativa e
quindi non puramente comunitaria del MES stesso. Ecco quindi la
proposta: strappare dalle mani dei Governi la possibilità di mettere
bocca nella gestione di questo strumento, per affidarla alla Commissione Europea,
istituzione a-democratica per eccellenza e vero cane da guardia
dell’austerità e della disciplina di bilancio. In questo senso, gli
strali che a turno vengono lanciati contro Paesi come Ungheria e Olanda
esprimono il disappunto per l’ostacolo che costituiscono nei confronti
di questo tipo di progetto.
A corollario, una celebrazione
dell’intervento europeo e delle virtù dell’ancora inesistente Recovery
Fund, il quale – è utile ricordarlo – prevede condizionalità più stringenti del MES e subordina l’accesso ai fondi a misure lacrime e sangue, scritte nero su bianco esattamente
da quella stessa Commissione Europea alla quale demandare
completamente, secondo Sassoli, la riscossa e il salvataggio delle
economie dei Paesi membri.
Sono tempi davvero strani quelli in
cui viviamo, se un personaggio del genere può, anche solo per qualche
giorno, salire agli onori delle cronache come parte della soluzione e non del problema.
In quest’ottica, il gioco appare quanto mai ridicolo: al vuoto
pneumatico di dichiarazioni che si vorrebbero pseudo-bellicose nei
confronti dell’Europa si contrappongono immediatamente a spron battuto
le sirene dell’ortodossia liberista. Una manfrina sterile alla quale
conviene rispondere costruendo un punto di vista che esca da questa
finta dicotomia, invece che lasciarsi entusiasmare dal primo Sassoli che
passa.
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