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24/11/2020

Covid-19 e crisi economica. Non stiamo affatto tutti sulla stessa barca, anzi

A causa dell’emergenza sanitaria, sostiene uno studio del Censis reso pubblico ieri, in Italia ben 23,2 milioni di persone hanno dovuto fronteggiare delle difficoltà con redditi familiari ridotti. Sono 2 milioni quelli già duramente colpiti nella prima ondata della pandemia. Sono 9 milioni gli italiani che hanno dovuto integrare i redditi ricorrendo ai familiari o alle banche.

Il timore di rimanere senza un reddito è avvertito dal 53% delle persone a basso reddito, mentre il 42% degli italiani vede il proprio lavoro a rischio. Il 60% degli italiani ritiene che la perdita del lavoro o del reddito sia un evento possibile che lo può riguardare nel prossimo anno, il 2021.

È quanto emerge dal Secondo Rapporto Censis-Tender capital sui Buoni Investimenti “La sostenibilità al tempo del primato della salute” (qui).

Il rapporto evidenzia poi anche differenze generazionali: tutti i fenomeni di riduzione dell’occupazione colpiscono di più i giovani rispetto ai lavoratori adulti. Per quanto riguarda il gender gap, tra uomini e donne ci sono 20 punti di differenza nel tasso di occupazione. E, in questo periodo, il tasso di occupazione delle donne è diminuito quasi del doppio rispetto a quello degli uomini.

Il 54% delle donne che lavorano dice che in questi mesi è aumentato lo stress e la fatica, mentre tra gli uomini sono il 39%.

Differenze emergono poi anche nell’accesso al web, con il 40% di famiglie a basso livello socioeconomico che non ha accesso alla rete, mentre tra le famiglie ad alto livello socioeconomico sono solo l’1,9%. Secondo il rapporto il quadro che emerge è chiaro. Usciremo dalla pandemia con una società più diseguale, sia in termini di redditi e patrimoni, sia per quanto riguarda le altre differenze.

È significativo, inoltre, il fatto che l’82,3% degli italiani sia favorevole a misure che impongono la permanenza in Italia di stabilimenti e imprese che producono beni e servizi strategici come ad esempio mascherine e respiratori, essenziali durante la pandemia.

Come si evince dal Rapporto, questo interesse si accompagna al protezionismo contro i prodotti di Paesi che non rispettano le nostre regole sociali e sanitarie. Lo dichiara l’86% degli intervistati (88,3% tra le donne e 89,2% tra chi risiede nel Nord Est).

Emblematicamente, lo stesso Censis ha pubblicato un altro rapporto dedicato a “I benestanti” cioè la classe agiata in un paese nel quale si stanno acutizzando sanguinosamente le disuguaglianze sociali. Si tratta di 1,5 milioni di persone (su 60 milioni) che detengono un patrimonio finanziario complessivo di 1.150 miliardi di euro, aumentato del 5,2% negli ultimi due anni: una cifra pari a tre quarti del Pil del Paese atteso nel 2020. Nel rapporto, vengono ritenuti benestanti, gli italiani con un patrimonio finanziario superiore a 500.000 euro (valore medio: 760.000 euro).

Secondo il Censis, oggi anche i ricchi sono inquieti. Il 62,6% dei benestanti soffre l’incertezza di questo periodo. A preoccupare di più sono le malattie (46%) e le minacce al reddito (39,7%). In merito alla gestione del loro patrimonio, per il 66,7% dei benestanti è opportuno investire nelle imprese dell’economia reale. Per l’87,5% la priorità è investire in coperture assicurative per la salute, la vecchiaia, l’educazione dei figli.

Convinti che lo Stato non potrà dare tutto a tutti per sempre, il 53% si aspetta che in futuro il sistema di welfare pubblico garantisca i servizi essenziali (ad esempio, le terapie intensive nella sanità e gli interventi salvavita) e che per il resto chi può dovrà pagare da sé le prestazioni. Il 41,8% dei benestanti ha già sottoscritto assicurazioni e il 24,9% è intenzionato a spendere di più per la sanità integrativa (solo il 5,9% ridurrà questa voce di spesa in futuro).

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