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22/10/2021

Etiopia - Escalation governativa, bombardata Mekelle

di Marco Santopadre

Nel tentativo di riconquistare la regione settentrionale e costringere alla resa le forze del Fronte di Liberazione del Popolo del Tigray (TPLF), le truppe governative hanno dato vita nelle ultime settimane ad una ulteriore escalation nel conflitto che si trascina ormai da quasi un anno. Ieri l’aviazione militare federale ha bombardato nuovamente la capitale del Tigray, Mekelle. Si tratta del secondo raid aereo realizzato sulla popolosa città dopo quelli che lunedì scorso hanno provocato, secondo fonti ospedaliere locali, la morte di almeno tre civili, di cui due bambini. Inizialmente il governo di Abiy Ahmed ha negato risolutamente il bombardamento, accusando la propaganda del TPLF di diffondere notizie false.

L’esecutivo di Addis Abeba aveva parlato di “bugia assoluta”, affermando che «non vi è motivo alcuno per cui l’aviazione etiope colpirebbe Mekelle». Ma poi, dopo la diffusione di immagini e testimonianze del raid, l’esecutivo centrale ha dovuto ammetterlo, parlando però di attacchi mirati contro obiettivi dei ribelli. Secondo la versione ufficiale, i bombardamenti avrebbero preso di mira solo mezzi e apparecchiature utilizzati dalla guerriglia ma utilizzando i dovuti accorgimenti per “prevenire vittime civili”.

Ma testimoni locali e il portavoce della guerriglia tigrina, Getachew Reda, parlano di bombe sganciate anche presso il mercato di Massabo proprio mentre era affollato in occasione della fiera settimanale. Tra gli obiettivi del raid ci sarebbe stato anche l’Hotel Planet, dove alloggiano diversi dipendenti di alcune agenzie umanitarie.

D’altronde il primo ministro Abiy Ahmed, che solo due anni fa veniva insignito del Nobel per la Pace, è tornato ad attaccare proprio nei giorni scorsi le agenzie umanitarie internazionali, che a suo dire “veicolano malattie” e causano problemi. «Se ci assicuriamo che questa cosa chiamata grano non entri in Etiopia, il 70% dei problemi del Paese sarà risolto» ha affermato, proprio mentre nel paese si accentua la crisi umanitaria e alimentare causata da condizioni ambientali avverse e dalle conseguenze del conflitto.

Da mesi le organizzazioni internazionali e le Ong hanno denunciato il blocco di centinaia di camion inviati nel nord dell’Etiopia per assistere cittadini e rifugiati. Ad ormai 11 mesi dall’inizio dei combattimenti, la situazione è sempre più drammatica, con circa mezzo milione di persone a rischio di morte per carestia. Nelle ultime settimane, inoltre, la penuria di medicinali sta causando una vera e propria strage di pazienti ricoverati nei nosocomi del nord del paese e l’impossibilità di portare a termine alcune fondamentali campagne vaccinali.

Nel caso del secondo bombardamento di mercoledì mattina, il governo federale ha subito ammesso il raid, parlando di bombe sganciate contro alcuni depositi di armi nascosti in edifici del centro della capitale tigrina.

«Le truppe federali etiopi ed i loro alleati hanno sferrato “l’offensiva finale” contro i combattenti del TPLF, lanciando attacchi coordinati su tutti i fronti» aveva annunciato la scorsa settimana Getachew Reda, precisando che carri armati, aerei da combattimenti e droni avevano iniziato a martellare le posizioni della guerriglia. Secondo il portavoce del TPLF, l’esercito etiope, quello eritreo e le milizie Amhara stanno combattendo i tigrini in contemporanea su diversi fronti, nelle regioni del Tigrè, di Amhara e di Afar.

L’offensiva sarebbe iniziata per via aerea, pochi giorni dopo l’insediamento del nuovo governo del premier Ahmed, che all’inizio di ottobre ha giurato per un nuovo mandato di cinque anni dopo le elezioni federali stravinte dal suo partito.

Il governo etiope ha invece accusato il TPLF di aver ucciso 30 civili nell’area di Nord Wollo, nella regione degli Amhara, e in quella degli Afar. In una dichiarazione alla stampa, il ministro di Stato per i servizi di comunicazione, Legesse Tulu, ha dichiarato che l’offensiva del TPLF «non è focalizzata su obiettivi militari, ma ha preso di mira migliaia di civili, inclusi bambini, donne, veterani di guerra e anziani» e ha invitato tutti i cittadini etiopi a schierarsi contro «la banda che si è impossessata del Tigray».

Attualmente – occorre considerare il carattere frammentario delle notizie che giungono dal paese, sottoposto da mesi ad un blocco informativo quasi totale imposto dal governo – nella regione degli Amhara si starebbe combattendo in almeno tre località. Secondo alcune testimonianze, le Forze di Difesa del Tigrè (braccio militare del TPLF) ed alcune milizie locali sue alleate avrebbero conquistato e poi di nuovo perso alcune località dopo l’invio al fronte di rinforzi da parte di Addis Abeba. Si continua a combattere anche per il controllo dell’autostrada A2 che collega Addis Abeba a Mekelle.

Sul piano internazionale, il conflitto etiope vede le grandi potenze schierate su fronti opposti. L’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Ue Josep Borrell ha minacciato di imporre sanzioni ad Addis Abeba per violazione dei diritti umani e gli Usa alzano i toni contro l’Etiopia; l’amministrazione Biden starebbe valutando l’esclusione dell’Etiopia dall’African Growth and Opportunity Act (Agoa), un accordo che nel 2020 ha permesso ad Addis Abeba di esportare merci negli USA per circa 237 milioni di dollari. Sul fronte opposto, geopoliticamente parlando, il veto di Russia e Cina paralizza il Consiglio di Sicurezza dell’ONU.

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