La crisi politica apertasi in Portogallo porterà con ogni probabilità al voto anticipato.
Il governo “di minoranza” del socialista di Antonio Costa non ha trovato la quadra con le formazioni che alla sua sinistra dovrebbero sostenerlo, cioè il Partito Comunista Portoghese (PCP) ed il Blocco di Sinistra (BE), rispetto alla “legge di bilancio” per il prossimo anno.
Una parte importante per il budget del prossimo anno del Portogallo, la cui discussione è iniziata questo martedì ed è terminata mercoledì sera senza un esito positivo, è costituita dalle sovvenzioni sborsate dai fondi della UE fino al 2026. Le due formazioni (PCP e BE) hanno dichiarato la propria contrarietà alla proposta ipotizzata dal governo che ha dimostrato sordità alle loro richieste.
La formazione di Costa uscita vincitrice dalle elezioni del 2019 non ha la maggioranza assoluta e necessitava dell’astensione del PC e del BE per l’approvazione del Piano Economico che recepisce appunto una parte dei soldi sborsati dalla UE, più di 1 miliardo di euro per il prossimo anno.
Bruxelles, riporta il quotidiano spagnolo El País, ha destinato al Portogallo 16,6 miliardi di Euro (13,9 in aiuti, il resto in prestiti con interesse) fino al 2026.
L’atteggiamento di Costa conferma come anche in Portogallo i margini di azione siano piuttosto limitati per i singoli esecutivi nazionali ed i paletti fissati a Bruxelles piuttosto rigidi, non importa se questo implica far saltare un esecutivo che aveva traghettato il Paese negli ultimi anni con un progetto anche solo parzialmente alternativo al neo-liberalismo che aveva portato il Portogallo sul lastrico.
Nonostante le consultazioni non si è giunti ad un accordo, Costa aveva detto che non chiudeva “la porta al dialogo” e ha aveva affermato che avrebbe fatto “tutto il possibile per ottenere un accordo, ma non a qualsiasi condizione”.
Il leader socialista aveva difeso il suo operato di fronte ai suoi interlocutori con un atteggiamento di maggiore ostilità verso il Blocco rispetto ai comunisti che l’altro anno si astennero dal votare il bilancio a differenza del Bloco che votò contro.
Comunisti che hanno affermato di non volere “lasciare il paese alla propria sorte”, dimostrandosi aperti ad una soluzione che sembra realisticamente introvabile.
Mercoledì sera il governo ha di fatto “gettato la spugna” aspettando l’esito delle votazioni parlamentari.
Ana Catarina, la leader parlamentare di socialisti, ha difeso l’operato del governo affermando: “abbiamo fatto quello che sanno tutti i portoghesi, abbiamo ribaltato le politiche di austerità”.
Ma questa inversione di tendenza non sembra avere accontentato la dirigenza dei due partiti (PCP e BE) e soprattutto la loro base elettorale che è andata risicandosi durante questi sei anni a causa del peggioramento delle condizioni complessive di esistenza esasperate dalla pandemia.
La maggioranza dei deputati (108 a favore, 117 contrari e 5 astenuti) ha votato contro proposta di bilancio presentata da João Leão. Il risultato è stato il rigetto di questa proposta di governo ha annunciato il presidente dell’Assemblea della repubblica, Eduardo Ferro Rodrigues.
“Il risultato del voto è storico – afferma il quotidiano portoghese Público – è la prima volta che viene bocciato un Bilancio dello stato presentato da un governo eletto alle Urne”.
Il Presidente della Repubblica, Marcelo Rebelo de Sousa aveva avvertito lunedì che non ci sarebbero state alternative all’approvazione del bilancio per il prossimo anno che non fossero le elezioni anticipate – elezioni che avrebbero dovuto tenersi nel 2023 – e che quindi come è in sua piena facoltà scioglierebbe il Parlamento di fatto ponendo fine a questo inedito esperimento governativo.
Potrebbe farlo, senza concedere all’attuale esecutivo una seconda chance per riformulare una proposta di bilancio, dopo una formale consultazioni delle parti.
Le elezioni dovrebbero svolgersi entro due mesi al massimo dallo scioglimento del Parlamento.
Costa ha detto che non sarebbe lui a dare le dimissioni in caso il bilancio non venisse approvato, ma andrebbe avanti – se il Presidente non sciogliesse il Parlamento – mese per mese con un dodicesimo del budget annuale. Una ipotesi teoricamente possibile ma piuttosto improbabile e che non risolverebbe certo la crisi politica aperta. Mercoledì ha poi dichiarato che chiede “un maggioranza rafforzata e stabile” alle prossime elezioni.
Su 270 deputati, Costa avrebbe potuto contare su 108 voti, ma necessitava del nulla osta dei 12 deputati comunisti e dei 18 del Blocco, contro i 79 della destra che voterebbe compatta contro il governo insieme alla sinistra, in totale 117 voti.
Solo 3 parlamentari del PAN e altri due deputati di alcun gruppo parlamentare avevano annunciato la loro astensione.
La possibile defezione dentro l’opposizione, i voti dei 3 deputati del Partito Social-democratico – che nonostante il nome esprime un orientamento conservatore e neo-liberista – di Madeira che si asterrebbero se venissero destinati maggiori fondi alla regione, non sarebbero stati comunque sufficienti per andare oltre.
Il leader di questa fronda, Miguel Albuquerque, ha dichiarato al quotidiano Público: “se avessero bisogno di noi, sanno dove trovarmi”.
Segno di un certo sfarinamento anche nelle file dei conservatori.
Come ha affermato giustamente il leader comunista Jerónimo de Sousa prima di mercoledì: “la questione non è se ci saranno o meno elezioni, la questione non è la crisi politica, la questione sono i problemi di fondo della società portoghese”.
Una impostazione simile a quella del Blocco che ha visto rifiutate le 9 condizioni che aveva posto all’esecutivo all’interno delle consultazioni, riguardanti di fatto la redistribuzione complessiva della ricchezza.
Non aveva usato mezzi termini Catarina Martins martedì nei confronti di Costa: “Il governo ha sostituito la negoziazione con l’ultimatum. La sua intransigenza ha come obiettivo di consolidare le regole della troika.”
Ha rincarato la dose mercoledì “queste scelte non sono di sinistra, né sono una risposta ai problemi del Paese. E sono inspiegabili, perché il momento dovrebbe essere proprio quello del cambiamento”.
João Olivera che mercoledì è intervenuto come capogruppo per il PCP in Parlamento, senza fare riferimento al possibile voto contrario alla proposta, ha affermato che il Paese ha bisogno di una “risposta globale” e di una “visione d’insieme e non di un elenco da cui si possano evidenziare alcune misure isolatamente, soprattutto quando questa logica di considerazione distaccata si traduce nella sensazione delle persone di dare con una mano e di prendere con l’altra”.
Fine dell’anomalia portoghese
L’accordo politico raggiunto nel 2015 tra socialisti, comunisti e blocco – la “geringonça” come l’aveva ribattezzato la destra – che di fatto ribaltò l’ipotesi più probabile uscita dalle urne di un governo conservatore di Pedro Passos Coelho, uscito vincitore dalle urne, sembra essere giunta ad un binario morto.
Le elezioni del 2019 avevano portato i socialisti ad un passo dalla maggioranza assoluta (sarebbe stato sufficiente eleggere altri dieci deputati), con Costa che decise di governare “passo a passo” contrattando con le formazioni alla sua sinistra che avevano visto ridimensionato il proprio peso alle urne, ma di fatto dettando le regole.
Le elezioni amministrative del settembre del 2021 hanno in parte cambiato ulteriormente l’ordine dei fattori.
Lisbona, è caduta nelle mani della destra dopo 14 anni di governo del centro-sinistra, così come Coimbra.
Il Blocco ha visto un importante travaso dei suoi voti verso i socialisti e il PCP ha perso comuni importanti come Évora.
Un ennesimo segnale d’allarme dopo i non brillanti risultati del 2019.
Secondo il leader comunista Sousa il rifiuto dell’astensione della sua formazione che l’anno precedente nelle votazioni per la legge di bilancio si astenne, a differenza del blocco che votò contro, è determinata dalle promesse non mantenute di Costa: l’aumento del salario minimo e delle pensioni, il frenare la liberalizzazione del mercato del lavoro, rendere gratuite le scuole materne.
Durante il suo intervento in cui ha confermato in Parlamento i contenuti del discorso fatto all’interno del Partito, ha affermato che “l’aumento del salario è una emergenza nazionale”
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Catarina Martins, leader del Blocco pone l’accento sulle pensioni, l’IVA dell’energia o la lotta alla povertà.
Al centro del gioco politico in un contesto in cui la destra è rinvigorita sta anche la lotta per la leadership del Partito Social-Democratico con l’attuale leader che cerca di capitalizzare la crisi di governo e la scelta di Costa di escludere il PSD come possibile interlocutore dopo le elezioni di due anni fa.
La sfida a due, che avrà un vincitore ad inizio di dicembre, si gioca tra una opzione in continuità con ciò che sono stati i conservatori ed il suo establishment con Rui Rio, ex sindaco di Porto, veterano della formazione di cui è stato tre volte segretario generale con tre diversi presidenti, ed è l’attuale presidente, e l’euro-deputato Paulo Rangel che ha tra l’altro recentemente dichiarato pubblicamente la propria omosessualità. Un coming out decisamente inedito nella tradizione filo-cattolica dei conservatori lusitani.
Paulo Rangel che ha incontrato il Presidente della Repubblica trovando le critiche dell’attuale leader conservatore, per scongiurare l’ipotesi di andare elezioni anticipate senza avere cambiato la cupola del partito, sta raccogliendo le firme per un congresso straordinario che cercherà di capitalizzare la crisi di questa fallimentare alleanza tra l’ala progressista dei socialisti e la sinistra radicale.
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