Oggi e domani si terrà presso l’Alta Corte di Giustizia di Londra l’udienza d’appello per i ricorsi presentati dagli Stati Uniti contro la decisione del Tribunale di Westminster di respingere la richiesta di estradizione per Julian Assange, fondatore di Wikileaks. Infatti, a gennaio di quest’anno, la giudice Vanessa Baraitser aveva respinto la richiesta di estradizione degli Stati Uniti, sulla base dello stato di salute psico-fisica di Assange.
Ma a Washington è stato concesso il diritto di appellarsi contro questa decisione, mettendo in discussione in particolare l’affidabilità dello psichiatra Michael Kopelman che aveva testimoniato a favore di Assange.
Dopo aver trascorso sette anni rinchiuso nell’ambasciata ecuadoriana a Londra, dove la CIA spiava giorno e notte lui e le persone che lo visitavano (parenti, avvocati, giornalisti, ecc.), Assange è stato arrestato dalla polizia britannica nell’aprile 2019. Si è scoperto di recente che la CIA aveva ordito piani per un suo rapimento e persino l’assassinio.
Detenuto per due anni e mezzo nella prigione di massima sicurezza di Belmarsh, le sue condizioni si sono aggravate drammaticamente e l’estradizione negli USA, dove rischia 175 anni di prigione in dure condizioni di detenzione, significherebbe una condanna a morte certa.
Julian Assange è stato incriminato negli Stati Uniti per aver divulgato più di 700.000 documenti classificati sulle attività militari e diplomatiche degli Stati Uniti, in particolare in Iraq e Afghanistan, a partire dal 2010, fornite dal “whistleblower” dell’esercito americano Chelsea Manning. Contro di lui, vengono mosse 18 accuse di corti penali federali, 17 delle quali cadono sotto il famigerato Espionage Act.
Il processo di estradizione, iniziato sotto l’amministrazione dell’ex presidente USA Donald Trump, sta continuando senza alcun sostanziale cambiamento anche con l’insediamento alla Casa Bianca di Joe Biden.
WikiLeaks e il suo portavoce si sono attirati l’ostilità di Washington e del Dipartimento di sicurezza statunitense, dal Pentagono alle agenzie di intelligence. Una vasta campagna mediatica è stata combinata con un’offensiva di lawfare per diffamare, neutralizzare e isolare Julian Assange, con le accuse, poi ritirate, di un presunto stupro in Svezia.
Questo appello è uno degli ultimi ricorsi per Washington, che, in caso di un’altra sconfitta, avrebbe solo la possibilità di portare il caso alla Corte Suprema britannica, senza avere la certezza che venga accolto. In caso di vittoria, non sarebbe la fine della questione, che verrebbe poi deferita a un tribunale per una decisione sul merito.
Il brutale accanimento giudiziario contro Assange non può lasciarci indifferenti: Julien Assange non ha commesso alcun crimine, ha “semplicemente” svolto il suo lavoro di giornalista d’inchiesta pubblicando informazioni veritiere sui crimini di guerra perpetrati dagli USA nella sua “guerra globale al terrorismo” e per “esportare la democrazia” in Medioriente.
La persecuzione nei suoi confronti, la violazione dei suoi diritti umani e l’imposizione di condizioni di vita disumane rappresentano una vera e propria tortura contro quello che è a tutti gli effetti un “prigioniero politico” della guerra imperialista di Washington.
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