Lo scontro tra Unione Europea e Polonia sulla prevalenza dei Trattati europei rispetto alle Costituzioni nazionali è salito di livello.
Dopo le minacce della Von der Leyen, il botta e risposta nel Parlamento e nel Consiglio europeo e la durissima intervista del premier polacco Morawiecki al Financial Times, la Corte europea di Giustizia è entrata a gamba tesa condannando Varsavia a pagare una sanzione di un milione di euro al giorno per non aver sospeso le disposizioni relative alla Camera disciplinare della Corte suprema, un organo che secondo l’Ue limita gravemente l’indipendenza dei magistrati, influenzandone l’operato.
Il rispetto delle misure provvisorie ordinate il 14 luglio 2021, si legge in una nota della Corte di Giustizia europea, “è necessario al fine di evitare un pregiudizio grave e irreparabile all’ordine giuridico dell’Unione europea nonché ai valori sui quali l’Unione è fondata, in particolare quello dello Stato di diritto”.
La sanzione deve essere calcolata a partire dalla data di notifica dell’ordinanza alla Polonia, restando in vigore finché Varsavia non si conformerà agli obblighi o fino alla data di una sentenza definitiva sulla controversia.
La Commissione europea aveva già chiesto le sanzioni il mese scorso, dopo che la Polonia aveva ignorato le richieste della Corte a luglio di sospendere subito il suo sistema di disciplina giudiziaria, ritenuto come un modo per mettere a tacere i giudici che non appoggiano il partito Legge e Giustizia al potere.
Secondo la risoluzione della Corte di Giustizia europea, il meccanismo disciplinare dei giudici “potrebbe essere usato per esercitare un controllo politico sulle decisioni giudiziarie o per esercitare pressioni sui giudici al fine di influenzare le loro decisioni”.
Il premier polacco Mateusz Morawiecki intervenendo al Parlamento Europeo, aveva annunciato che la sezione disciplinare sarebbe stata abolita, ma non aveva dato seguito all’annuncio né ad oggi risulta alcun provvedimento teso ad adempiere alle indicazioni della Corte europea. E il braccio di ferro sembra destinato a proseguire, anche se adesso ogni giorno che passa costa al bilancio statale della Polonia un milione di euro.
L’europarlamentare de La France Insoumise, Manon Aubry, anche votando a favore della risoluzione del Parlamento europeo contro la Polonia, ha inteso però tenere ben separate la difesa della democrazia e dei diritti, minacciati dal governo di destra in Polonia, dalla pretesa dell’Unione Europea di imporre la supremazia dei suoi Trattati sulle stesse Costituzioni nazionali.
A sostegno dell’inviolabilità delle Costituzioni nazionali Manon Aubry ha citato l’esempio della Corte costituzionale tedesca.
Ma oltre al caso tedesco, in questo scontro con la Polonia è difficile non rammentare il documento della banca d’affari JP Morgan contro le Costituzioni nazionali (soprattutto quelle dei paesi Pigs usciti dalle dittature tra il 1945 e il 1979) ritenute troppo “socialiste” e un intralcio alla governabilità liberale e alla competitività liberista.
Quello della Polonia è un caso ancora diverso. Si invoca la prevalenza dei Trattati europei sulla Costituzione in materia di stato di diritto e indipendenza della magistratura. Assistiamo così ad un paradosso con il quale occorrerà fare i conti: nel caso delle Costituzioni come quella italiana, essa è indubbiamente più avanzata, inclusiva e progressista dei Trattati europei.
Nel caso della Polonia, un paese con un dna reazionario conclamato dalla storia, non si può dire altrettanto, anzi.
Quindi torniamo a dire che la contraddizione è stata aperta da un paese sbagliato e su una questione sbagliata ma negare, o peggio ancora sopprimere con le sanzioni o la forza questa contraddizione, restituisce la cifra reazionaria e autoritaria dell’Unione Europea al pari della Polonia. Su questo è bene non avere dubbi.
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