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24/10/2021

Patriottismo e tricolore ai tempi della pandemia

Uno degli effetti dell’emergenza pandemica è quello di aver portato alla ribalta il concetto di “patria” e l’immagine del tricolore, la bandiera italiana. Nei momenti più tragici dell’emergenza, nel marzo e aprile del 2020, il potere politico e mediatico si era appropriato di un concetto moderno come “patria”. In un articolo di quel periodo avevo scritto che il concetto di “patria” veniva legato alla necessità di coesione nazionale contro il virus, tirando in ballo anche il concetto di “eroe”. Avevo rilevato che, allora, non c’era assolutamente bisogno né di “patria” né di “eroi” (i medici che combattevano il virus si erano trasformati mediaticamente tutti in eroi, appellativo che essi stessi rifiutavano) perché entrambi i termini servivano a giustificare la “guerra al virus” sbandierata dagli apparati di potere e dai media. In guerra – si sa – i diritti vengono aboliti, mentre la “patria” evoca una chiusura nazionale che non sarebbe servita a niente, perché sarebbe stata necessaria, invece, una solidarietà internazionale e globale. Alle finestre e sui balconi, inoltre, campeggiavano ovunque bandiere italiane, simbolo dell’unità contro il ‘nemico’ virus, spesso accompagnate dalla scritta “andrà tutto bene”.

Adesso sono tornate le bandiere italiane e il concetto di patriottismo in un contesto sempre legato alla pandemia ma che si pone in netto contrasto con il valore semantico precedente. Se a marzo 2020 il tricolore era il simbolo, veicolato dal potere, di un’unità dei cittadini contro il virus, ora, esso è diventato un simbolo che si oppone a quello stesso potere, accusato di non rispettare i valori della Costituzione. Le manifestazioni no vax e no green pass sono sempre costellate di tricolori. Le bandiere appese alle finestre durante l’emergenza e quelle portate nei cortei no vax e no green pass non sono altro che le due facce della stessa medaglia. L’emergenza pandemica ha fatto scaturire una nuova e pressante simbologia patriottica, a livelli a dir poco pervasivi. Tale simbologia è stata generata da una fitta rete di poteri: dapprima, da uno più riconoscibile, "alto", statale e mediatico, adesso, invece, da un intrico di forze in campo che generano né più né meno che situazioni di potere e di inclusione/esclusione, come in tutti i gruppi non politicamente organizzati che perseguono comunque un ideale comune. Il tricolore e la patria, quindi, sono chiamati a rappresentare tutti coloro che si oppongono alla cosiddetta “dittatura sanitaria”, a loro dire anticostituzionale e liberticida.

Le parole “patria”, “patriottismo”, “patriota” (termini che evocano nella memoria Mazzini e la carboneria) sono spesso assai presenti nei comunicati no green pass. A dare man forte a questi inquietanti concetti è il non meno inquietante Movimento Nazionale Rete dei Patrioti, fondato da alcuni fuoriusciti da Forza Nuova. Inutile dire che anche gli ormai famosi portuali di Trieste si definiscono spesso come “patrioti” nei loro comunicati. E non è un caso che come luogo di raduno del popolo no green pass, a Trieste, sia stata scelta Piazza Unità d’Italia.

Se a marzo 2020 il tricolore chiamava a raccolta l’unità nazionale per combattere una “guerra” contro il nemico virus, ora quello stesso tricolore chiama a raccolta coloro che si sentono privati della libertà costituzionale di muoversi liberamente, nonché “discriminati”. In entrambi i casi, il concetto di “patria” evoca una chiusura, non un’apertura: gruppi ristretti e uniti da una convinzione ideologica si uniscono contro qualcosa escludendolo e isolandolo (il nemico virus, i “vaccinati traditori”, i diversi, gli immigrati?). Adesso, non possiamo che constatare questo dato di fatto: il ritorno del tricolore in modo pervasivo nelle strade da tempi ormai lontani, almeno dall’immediato Dopoguerra. In effetti, da allora in poi, esso compariva ostentatamente solo in tre ambiti: quello politico, nei simboli dei partiti, soprattutto in quelli di destra (basti pensare alla “Fiamma Tricolore” – non dimentichiamo poi le bandiere tricolori berlusconiane di un partito conservatore come “Forza Italia” – anche se immediatamente dopo il secondo conflitto mondiale il tricolore aveva assunto una spiccata simbologia antifascista); quello militare (le manifestazioni delle forze armate nonché le esibizioni delle “frecce tricolori”); quello sportivo e calcistico in particolare, soprattutto in occasione delle partite della Nazionale italiana ai Mondiali. Da più parti, per giustificare l’individualismo di questi movimenti no vax e no green pass, è stato poi detto che anche in alcuni movimenti di protesta degli anni Sessanta e Settanta c’erano diverse impronte di ‘individualismo’, ma negli anni Sessanta e Settanta nessuno dei movimenti antagonisti si è mai sognato di scendere in piazza sventolando un tricolore perché, nella contemporaneità, esso non rappresenta nessuna alternativa rivoluzionaria o ‘sovversiva’ all’ordine costituito, anzi.

Adesso, sulla scia dell’emergenza pandemica e dei suoi strascichi, ritorna il tricolore, e in modo ossessivo, fuori dagli ambiti politici (tali movimenti si dicono ostentatamente apolitici), militari e sportivi. Staremo a vedere, nell’immediato futuro, gli sviluppi e le dinamiche simboliche, sociali – e politiche – di questo ritorno.

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