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24/10/2021

“Formiamoli a casa loro”. L’ultima sparata sui lavoratori immigrati

Non sa più che pesci pigliare, la Confindustria, di fronte a un mercato del lavoro che ha contribuito a picconare con decenni di “sciopero degli investimenti”, taglio dei salari e delocalizzazioni a ritmi forzati.

L’ultima trovata supera a destra anche la più becera fronda reazionaria del paese, quella dell’“aiutiamoli a casa loro” come avamposto dell’“Italia agli italiani” – e mi raccomando a non fare diventare italiani troppi “clandestini”.

“Formiamoli a casa loro”, recita infatti un intervento ospitato nell’edizione cartacea del 23 ottobre de Il Sole 24 Ore. Naturalmente a spese di quei paesi, magari con qualche “aiuto pubblico” occidentale (da ripagare in natura), ma tutto gratis per le imprese.

Come dire: la Brexit ci ha fatto riscoprire quanto bisogno abbiamo di manodopera a basso costo, però nella rinnovata competizione internazionale non si può combattere solo sul prezzo, si deve puntare anche “sull’innovazione di prodotto”.

Perciò, da questa parte del Mediterraneo c’è necessità non solo di braccia, ma di menti a buon mercato. Altrimenti, chi ci compete con i colossi sino-statunitensi (servirebbero investimenti in tecnologie, ma chi di loro ha voglia di metterci i soldi)?

Non avrebbero potuto esprimere in maniera migliore l’ideologia secondo cui la forza lavoro è una merce al pari di un oggetto o del denaro (mercato di capitali, merci e persone, appunto), l’essere umano ridotto a “fattore produttivo” funzionale al modo di produzione capitalista, e basta con la storia dei bisogni materiali, delle culture, dei desideri ecc. Quel che non serve all’industria è “inutile”, a cominciare dagli esseri umani.

Ignoranza economica, oltre che razzismo strisciante, perché non considera il fatto che il lavoratore immigrato, quando inserito in un mercato del lavoro, tende a riprodurre le prestazioni del mercato del lavoro di arrivo, assume dunque una sorta di “funzione specchio” di quello che una società, in termini economici, esprime.

Ma vaglielo a spiegare, ai neoliberisti dell’occidente contemporaneo, tutti affaccendati nel capire come potersi riciclare in un futuro che avrà bisogno di aggiornare persino i manuali base di economia, pregni di quelle “cazzate” (parola di Calenda, non proprio la più brillante delle menti in circolazione) che hanno portato alla (prossima) fine della fase neoliberista del capitalismo.

Rifarsi il trucco, sì, senza per questo intaccare i rapporti di forza reali tra classi, s’intende.

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