Presentazione


Aggregatore d'analisi, opinioni, fatti e (non troppo di rado) musica.
Cerco

27/10/2021

Quello che non è stato detto sulla speranza di vita

A marzo 2021 l’Istat rese noto che l’anno prima c’era stato il più alto numero di morti in Italia dal dopoguerra ad oggi, 746 mila morti, circa 100mila morti netti in più del 2019 (647mila), che poi per il 2019 era simile alla media degli ultimi anni precedenti.

Insomma, l’epidemia di Covid 19 nell’anno appena passato aveva colpito duramente, facendo sicuramente 75mila morti accertati, che che ne dicano i negazionisti della mortalità dell’epidemia anche nella sinistra comunista, a cui aggiungere altri 25 mila morti per mancanza di cure, dato che con gli ospedali, già falcidiati da 10 miliardi di tagli alla sanità pubblica nei precedenti otto anni, erano pieni e le cure ordinarie erano state di fatto sospese per almeno quattro mesi.

Che effettivamente ci sia stata una ecatombe di morti per l’epidemia e la mala politica sanitaria, sempre per chi continua a blaterare che ci siano stati pochi morti, lo conferma un’altra statistica resa nota molto discretamente e pochissimo pubblicizzata dall’Istat: in Lombardia, ringraziando l’ottimo lavoro di Fontana e del centro destra ma anche del governo dei migliori “tutti insieme”, la “speranza di vita” in questa regione è crollata di circa quatto (dico, 4) anni, mentre a livello nazionale essa era scesa di 1,2 anni.

La “speranza di vita” è la media degli anni che può vivere la popolazione oltre i 60 anni, più alta tra le donne e più bassa tra gli uomini di alcuni anni.

Era dal dopoguerra che la “speranza di vita” era annualmente in costante e lenta crescita di alcuni giorni e settimane all’anno grazie a un miglioramento delle condizioni di vita e della sanità pubblica, ora essa è drasticamente crollata, probabilmente anche per il 2021 di un altro mezzo anno, quindi a primavera 2022 la “speranza di vita” dovrebbe attestarsi a circa meno 2 anni rispetto al 2019.

Se nel governo e in Confindustria questa notizia avrà sicuramente fatto brindare a barbera per il risparmio di soldi sulle pensioni, anche perché sono morti in Lombardia quella quota di anziani non solo più numerosa ma che avevano pensioni più alte avendo lavorato nell’industria, subito dopo si sono sicuramente resi conto che sorgeva un problema spinoso e per loro indesiderato, che perdurerà anche nel 2022.

Con il governo UE-Monti le manovre per “salvare l’Italia” dai conti disastrati si concentrarono sui tagli alla sanità pubblica, che perdurò con solerzia in tutti i governi che seguirono, specialmente della “sinistra inutile” (perché tutto fa meno gli interessi di chi pretende di rappresentare) e nel ridurre la spesa per le pensioni, introducendo la legge pensionistica “Fornero”.

Il vero scopo di tutti questi tagli, mai detto e sempre mascherato con affermazioni moralistiche, era ed è tagliare le tasse ai ricchi, tutta al più spostando l’onere sui lavoratori con le tasse indirette (l’IVA, vedere lo scontrino della spesa alimentare quotidiana).

La legge Fornero utilizzò un meccanismo che all’epoca era incontestabile, la popolazione italiana stava invecchiando e quindi l’aumento dell’età pensionabile fu legato alla “speranza di vita” e alla sua costante e lenta crescita, sia per le pensioni di vecchiaia, precedentemente fissato a 65 anni di età con un minimo di 20 anni di contributi, sia di anzianità (ora detta impropriamente “anticipata”), ovvero precedentemente all’epoca fissata in 41 anni di contributi.

Negli oltre otto anni questi limiti sono saliti e dovevano arrivare verso i 70 anni di età, per cui nel 2023 la pensione di vecchiaia è fissata a 67 anni e 3 mesi e quella “anticipata” (di anzianità) a 43 anni di contributi per gli uomini e 42 per le donne ma con almeno 62 anni di età.

Tornare semplicemente alla contro-riforma Fornero non è perciò possibile ed è la stessa Fornero che dice, assunta da UE-Draghi a esperta nella commissione di revisione della legge, che l’obiettivo è di portare “sic et sempliciter” l’età della pensione a 70 anni, nonostante si viva di meno e la spesa pensionistica sia scesa.

L’obiettivo di UE-Draghi è chiaro: ridurre la spesa sociale per abbassare le tasse ai ricchi, ora con le pensioni e passata l’epidemia ricominciare i tagli alla sanità pubblica (ci pensa Zingaretti-Fontana & co. a finanziare con soldi pubblici quella privata), che nell’intanto non ha ricevuto alcuna significativa riqualificazione.

Ovviamente i soldi per le grandi speculazioni inutili (TAV, MOSE, ecc.) come per le spese militari non solo non avranno tagli ma al contrario aumenteranno (Gualtieri, ex ministro delle Finanze è stato posto a sindaco di Roma in prospettiva del Giubileo 2025 e di Expò 2030).

UE-Draghi è sostenuto in questa azione di demolizione dello stato sociale dai mass-media, che blaterano costantemente sul green pass, dai partiti “resposabili” in parlamento di centro sinistra, PD per primo ma anche dall’inutile Sinistra Italiana, nonché dalla CGIL (Cisl e UIL sono ectoplasmi evocati), tutti affaccendati nel dichiararsi disponibili a trovare soluzioni che non mettano in discussione la scelta dei padroni.

Quello che manca è la direzione politica contro le politiche neo-liberiste, con le varie organizzazioni comuniste preoccupate più a proporsi come “vera” alternativa invece che organizzare una comune piattaforma di opposizione e lotta.

Fonte

Nessun commento:

Posta un commento