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14/12/2021

Cingolani spiana la strada al ritorno al nucleare

Hanno “abbozzato” per dieci anni le lobby del nucleare. Il referendum del 2011, quasi venticinque anni dopo quello del 1987, aveva confermato – anche a distanza di tanti anni – il “No” al nucleare da parte della popolazione italiana.

Ma adesso, complice un governo padronale come quello di Draghi, l’Unione Europea e la campagna mediatica sulla “transizione ecologica in versione business”, la potente e fin qui sconfitta lobby filonucleare è tornata alla carica affidando al ministro preposto, Cingolani, il compito di fare da apripista.

E il ministro del quale ancora ignoriamo le competenze in materia di tecnologie ambientali, si presta molto volenterosamente a questo ruolo. Un po’ come ha fatto l’ex leader di Lega Ambiente, Chicco Testa, passato poi nelle file dell’industria e del greenwashing.

Cingolani aveva “testato” il clima qualche mese fa con una sorta di battuta “fuori dal sen fuggita”, ma adesso ha cominciato a martellare sistematicamente a sostegno dell’opzione nucleare come energia green e decarbonizzata.

Intervenendo all’evento, Cosmopolites dedicato agli studenti delle scuole superiori, si è detto “assolutamente certo, ci metterei la firma, che la fusione nucleare sarà la soluzione di tutto. Il concetto è: nel 2050-2070, non so quando riusciremo, avere una piccola stella in miniatura, di diametro 30 cm, che in una grande città produce energia per tutti e non fa scorie radioattive”.

Facendo non poca e strumentale confusione tra fusione e fissione, Cingolani ha ammesso che “Poi c’è la fissione che è quella che crea problemi ed è un po' più critico”, sottolineando che con “la fusione si fa come la natura, si copia l’universo, e sicuramente quella è la strada. Anche per questo nella tassonomia non può non esserci il nucleare perché tutto l’universo funziona con la fusione e prima o poi anche noi. Sicuramente è un settore dove bisogna fare grandi investimenti e studiare molto”.

Relativamente alla fissione, suggeriamo al ministro e a chi vuole saperne di più di leggersi la pubblicazione “Il nostro futuro non sarà a fissione nucleare” curata da Cambiare Rotta con il contributo del prof. Massimo Zucchetti, del prof. Angelo Baracca, di Francesco Piccioni e Giorgio Ferrari.

Per fugare le preoccupazioni di ritrovarsi nuovamente con le grandi centrali nucleari sui territori (scenario respinto con ben due referendum ma anche con mobilitazioni popolari e di massa, ndr) Cingolani ha affermato che: “Noi non possiamo decidere oggi sul nucleare perché, anche se avessimo 100 miliardi in tasca, oggi non c’è una soluzione nucleare pronta. La mia posizione tecnica, non politica, è che assolutamente non farei delle centrali di prima e seconda generazione, perché sono complesse, costose e hanno problemi”.

Ragione per cui il ministro ciurla nel manico dicendosi “assolutamente convinto che vada studiata la nuova generazione di reattori, i cosiddetti reattori piccoli modulari, non producono grandissima potenza però sono più sicuri”. Ma se questi reattori di nuova generazione sono ancora alla fase di studio (e non sembra che vadano benissimo) perché questo spudorato endorsement per il nucleare?

Tra l’altro, nel frattempo, è scomparso in questo paese il know how, e persino le aziende dell’indotto nucleare. Dunque, se anche fosse “prontamente disponibile”, dovremmo importare tutto.

È probabile che anche stavolta le lobby nucleari metteranno in campo una costosa e pervasiva campagna mediatica per piegare ogni resistenza. Lo avevano fatto fino al 1986 e nuovamente nei primi anni del nuovo secolo.

Il caso ha voluto che gli incidenti alle centrali nucleari di Chernobyl (demonizzata perché “vecchia” tecnologia sovietica) e di Fukushima (“moderna” tecnologia giapponese e francese) abbiano coinciso con i momenti in cui la popolazione italiana era stata chiamata a pronunciarsi.

Ma se tanto ci dà tanto quegli incidenti sono avvenuti e le conseguenze sono state devastanti. Non solo. Entro il 2022 bisognerà stoccare in Italia le scorie radioattive accumulate nei decenni precedenti. Questo è un dato certo.

Gli altri sono tutti da dimostrare e non basterà il modello nucleare francese a rassicurare le persone o a ispirare nuovi diktat dell’Unione Europea in materia di energia nucleare.

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