Secondo una analisi di Nomisma, dal primo gennaio la bolletta del gas potrebbe aumentare del 50%, quella dell’elettricità tra il 17% e il 25%. I pesanti aumenti sarebbero causati dalle forti tensioni nei prezzi dell’energia sui mercati internazionali che avranno un impatto sul prossimo aggiornamento tariffario che verrà deciso da Arera, l’Autorità di Regolazione. Ma a fissare la tariffa è il Gme, (gestore dei mercati energetici) sulla base dei prezzi internazionali.
I possibili aumenti di gennaio andranno così ad aggiungersi a quelli già scattati nel corso del 2021. La spesa della famiglia “tipo” per le bollette di luce e gas potrebbe raggiungere il record di 3.368 euro all’anno, con un incremento di 1.227 euro rispetto alla spesa sostenuta nei precedenti 12 mesi.
Per il presidente di Nomisma, Tabarelli, i circa tre miliardi appena inseriti dal governo nella manovra di bilancio per calmierare le tariffe potrebbero non bastare. Ieri il governo incontrando CgilCislUil ha lasciato intendere che potrebbe mettere sul piatto qualcosina in più, ma si parla di 500mila euro, del tutto insufficienti a calmierare aumenti di centinaia di euro nelle bollette di più di venti milioni di famiglie.
Sulle soluzioni si apre una divaricazione dentro l’Unione Europea
Sulla questione delle tariffe energetiche, e di quelle del gas soprattutto, il governo è preso dentro la tenaglia agente nell’Unione Europea e la divaricazione tra gli Stati interventisti e quelli ultraliberisti.
L’Agi riferisce di un documento firmato sostanzialmente dai paesi euromediterranei (Italia, Francia, Spagna, Grecia e Romania che rappresentano il 45% della popolazione dell’Unione Europea), il quale sostiene che “Dobbiamo agire nel breve termine, per garantire che i consumatori percepiscano nei prezzi i vantaggi delle tecnologie a emissioni zero, proteggendoli dalla crescente volatilità dei mercati del gas naturale”. In tal senso hanno presentato richiesta al Consiglio Energia di “modificare l’articolo 5 della Direttiva elettricità al fine di consentire agli Stati membri di applicare meccanismi di regolamentazione, progettati a livello Ue, e garantire che i consumatori finali paghino prezzi dell’elettricità che riflettano i costi del mix di generazione utilizzato per servire i loro consumi”. Ossia avere un rapporto più diretto tra il prezzo pagato dai consumatori e i costi di produzione dell’energia.
In alternativa, chiedono una modifica dell’articolo 9 per “consentire agli Stati membri di imporre servizi di interesse economico generale volti a garantire ai consumatori finali l’accesso a una fornitura di energia elettrica a zero emissioni e concorrenziale che rifletta i costi di generazione”. Per loro l’attuale struttura del mercato energetico Ue “non è a prova di futuro”. Nella sostanza, chiedono di non considerare più il prezzo del gas come elemento per definire il prezzo dell’elettricità e adottare un metodo che possa prevedere, ad esempio, il costo medio di tutte le fonti che compongono l’elettricità. E vorrebbero, inoltre, lo stoccaggio e l’approvvigionamento comune del gas a livello europeo.
Ma a questa richiesta si contrappone quella di altri nove paesi europei in cui si riafferma che l’Ue non debba intervenire sui mercati dell’elettricità nonostante la carenza di gas, che determina il prezzo del kilowatt/ora, in quanto “potrebbe minare la sicurezza dell’approvvigionamento e lo sviluppo delle energie rinnovabili”. Non solo, viene infatti riaffermata la supremazia della competitività anche sui prezzi: “non possiamo sostenere alcuna misura che rappresenti una deviazione dai principi competitivi del nostro design del mercato dell’elettricità e del gas”, si legge in un documento firmato da Germania, Austria, Danimarca, Estonia, Finlandia, Irlanda, Lituania, Lettonia e Paesi Bassi (che rappresentano il 29% della popolazione Ue).
Per modificare una direttiva europea – che dev’essere accettata dalla Commissione – serve la maggioranza del Consiglio.
La commissaria all’Energia, Kadri Simson, ha assicurato che saranno presi in esame entrambi i documenti ma ha tuttavia riportato due analisi preliminari significative. La prima, è quella dell’Acer (l’Agenzia per la cooperazione dei regolatori dell’energia), da cui emerge che “l’attuale modello di prezzo, in cui le fonti energetiche più economiche vengono acquistate e utilizzate per prime, è l’opzione migliore per le famiglie e le imprese dell’Ue" e sottolinea “i rischi che potrebbero comportare meccanismi di tariffazione alternativi per la decarbonizzazione efficiente in termini di costi, gli scambi transfrontalieri e la sicurezza dell’approvvigionamento”.
La seconda analisi porta la firma dell’Esma, l’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati che “rileva che la volatilità dei prezzi nel mercato del carbonio dell’Ue è paragonabile a quella dei mercati del petrolio e del carbone e inferiore a quella dei mercati del gas” e “non ha riscontrato prove di manipolazione sui mercati energetici dell’Ue".
La Commissione Europea decide il 14 dicembre sulla strategia energetica
“Detto questo, l’attuale situazione del mercato elettrico non è perfetta. L’Ue deve aumentare la flessibilità della rete, compresi lo stoccaggio, gli interconnettori, le reti intelligenti e la gestione della domanda”, ha ammesso Simson. E qualche passo verrà compiuto il 14 dicembre con l’adozione del pacchetto per il mercato del gas e dell’idrogeno, che includerà anche la revisione del regolamento sulla sicurezza dell’approvvigionamento di gas.
Emerge quasi con brutale evidenza come la soluzione che verrà adottata dalla Commissione europea alla fine sarà quella del nucleare (fin qui definito idrogeno in tutti i documenti per non suscitare allarmi, ndr). E il terrorismo psicologico ed economico sulle famiglie attraverso l’aumento delle tariffe di gas ed elettricità, servirà come deterrente verso ogni opposizione al nucleare sdoganato come energia “green”. Il 14 dicembre avremo la verifica. Si accettano scommesse.
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento