Nonostante il massacro continuo dal 25 ottobre 2021, il popolo sudanese continua la sua rivolta contro i golpisti.
Da quasi 4 mesi sono stati uccisi 79 giovani manifestanti, il numero più elevato era stato il 17 novembre 2021 quando nella cittadina di Bahri (una delle tre cittadine che costituiscono la capitale Khartoum) sono caduti martiri 10 giovani e una ragazza, Sittal Nufour che è diventata il simbolo contro l’oppressione delle donne in Sudan.
Ieri, 7 febbraio, i giovani dei Comitati di Resistenza sono scesi in strada in molte città del paese per rivendicare il diritto alla libertà e contro il regime golpista del generale Burhan e il leader dei Janjaweed (Milizie, che hanno insanguinato lo stato del Darfur durante la guerra civile dal 2003 e fino ad oggi).
Il bilancio dell’uso della forza da parte dei militari del regime golpista è di 198 feriti, di cui 3 da schegge di colpi di arma da fuoco. Uno dei feriti è instabile ed è stato ricoverato in terapia intensiva a Khartoum. Numerosi feriti sono stati provocati dalle bombe lacrimogeni.
La tv Al Jazeera ha citato una fonte sudanese riportando che una forza di sicurezza su un veicolo senza targa ha arrestato la troupe della BBC, composta da 3 giornalisti vicino al cimitero nel centro della capitale Khartoum.
L’AFP riporta che ieri la polizia sudanese ha sparato una gran quantità di gas lacrimogeni e acqua colorata mista anche con una sostanza urticante per disperdere i manifestanti contro il colpo di stato.
Secondo l’agenzia francese e testimoni oculari, migliaia di sudanesi contrari al golpe militare si sono recati nel centro della capitale e nelle città vicine, Bahri e Omdurman, per chiedere il governo civile e il perseguimento dei responsabili dell’uccisione dei manifestanti.
Ulteriori manifestazioni sono state registrate in altre città del paese come Wad Medani, Kosti e Atbara, mentre continuano le barricate sulla strada internazionale nella regione del Nord, dove da più di 10 giorni giovani nord sudanesi bloccano il transito ai camion che trasportano merci tra il Sudan e il vicino Egitto.
Testimoni nella zona di Hafir Masho (a Dongola, zona dei Nuba del nord Sudan) hanno raccontato che ieri i militari hanno provato a terrorizzare i giovani Turus, cioè i giovani barricati sulla via del commercio tra Sudan ed Egitto, chiudendo l’autostrada che collega i due paesi.
I testimoni hanno raccontato l’avvicinamento di 6 pattuglie di blindati dei Janjaweed, ma senza sparare un colpo.
Comunque, la situazione è più che tesa e non si esclude un massacro, vista l’esperienza della reazione dei golpisti e le loro forze anche durante il regime di Al Bashir e durante l’operazione della dispersione del sit-in davanti al quartier generale dell’esercito sudanese il 3 giungo del 2019.
Le barricate sono una delle forme di proteste contro il commercio irregolare garantito dai golpisti a favore dell’Egitto di Al Sisi in cambio di supporto politico e militare al Regime di Burhan e Himedti. Quest’ultimo è il leader delle milizie dei Janjaweed, accusate di crimini contro l’umanità e crimini di guerra.
L’assurdità è che i Janjaweed sono un partner dell’Unione Europea per il contrasto all’immigrazione forzata dall’Africa, tramite il così detto Processo di Khartoum. Ma realtà dei fatti è finché continuerà ad avere il potere un regime militare, continuerà la persecuzione ai danni dei giovani sudanesi e i flussi dell’immigrazione forzata non si fermeranno mai.
Resta da precisare che nonostante i ripetuti massacri contro i civili pacifici manifestanti, i Comitati di Resistenza nel paese sono più che determinati a rovesciare il regime militare e costruire un paese libero, democratico e ripulito da ogni forma di politica islamo-fondamentalista e militare.
Lo slogan dei Comitati di Resistenza è quello dei tre No: “Nessuna trattativa, Nessuna partnership e Nessuna legittimità a questo regime”.
I Comitati sono più che pronti alle manifestazioni settimanali fino alla conquista della libertà e della democrazia in Sudan.
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