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14/03/2022

La Russia dopo tre settimane dall’inizio della guerra

Un amico moscovita si lamentava ieri per il fatto di dover rimanere almeno un mese senza orologio al polso. Il negozio di riparazioni per orologi svizzeri ha difficoltà a reperire il dettaglio guastatosi, mentre la rappresentanza della casa madre ha fatto le valige.

Mi ha detto che Rolex, insieme a moltissimi altri marchi non russi, ha lasciato il TsUM (Tsentral’nyj UniverMag: si trova di fianco al teatro Bol’šoj e si differenzia dal più noto, agli stranieri, GUM [Gosudarstvennyj UniverMag] per il lusso lunare, inavvicinabile anche a molti russi benestanti, dei marchi presenti – per il resto, sono ormai entrambi ridotti quasi esclusivamente a vetrine di marchi occidentali) e questo è ora mezzo vuoto.

Essendo però il mio amico un putiniano convinto, mi ha detto che non se la prenderà se, per un po’ di tempo, dovrà mangiare pane e kaša (una sorta di semolino di cereali misti cotto nel latte) e rinunciare a qualche “delikatés” italiana, le quali, d’altra parte, erano finite sotto sanzione già dal 2014.

Sì, è vero, mi ha detto, qualcuno non la prenderà bene; qualcuno anche se ne andrà (tra le ultime “partenze” di registi, attori, presentatori tv, uomini d’affari: il top-manager marketing di Aeroflot, Andrej Panov, che ha lasciato compagnia e paese), ma la cosa riguarda quasi solo Mosca e Piter, dove vive la crème abituata a vini francesi e vestiti italiani.

In provincia, come prima non conoscevano né Rolex né bucatini italiani, e vivevano tranquillamente, così continueranno a non preoccuparsi, anche ora che gli USA hanno vietato l’esportazione in Russia di auto e orologi di lusso, vestiti e gioielli... e anzi saranno ancora più convinti nel sostegno al Presidente.

E non significano niente, mi dice, i tre o quattrocento fermati a Mosca, su dieci milioni di abitanti, per manifestazioni non autorizzate. Perché in Occidente non si preoccupano di quanto accade davvero in Ucraina? Ad esempio, di quanto ha raccontato il militare ucraino fatto prigioniero, secondo cui gli ufficiali del Servizio di sicurezza incatenano ai pali quelli che vorrebbero deporre le armi?

In effetti, come scrive Kommersant (il Sole 24 Ore russo), la chiusura di molti negozi e catene internazionali non ha portato finora ad alcun sensibile calo degli acquisti e nemmeno (pare) a una crescita della disoccupazione (che Kommersant, alla maniera padronale, definisce “aumento dei posti vacanti”), il cui prossimo aumento è però praticamente certo.

L’unica preoccupazione degli “investitori”, è legata semmai al pericolo di una caduta del 30% dei locali da affittare, in sostituzione dei marchi stranieri che se ne vanno. Per il mercato delle vendite al dettaglio (“strit-ritejl”: nell’inglese russificato), invece, in cui le catene estere sono meno del 5% degli affittuari, l’effetto sarà meno pronunciato, pur se non sarà così facile sostituirli: temendo la crisi, anche le catene russe sono riluttanti ad aprire nuovi punti vendita.

Con le partenze di vip (quelli che fanno più notizia, ovviamente, sono quelli dell’intrattenimento televisivo) Platon Besedin scrive su IARex.ru che «la Russia finalmente si libera della muffa delle “élite”», che stanno lasciando a frotte il paese. E sono proprio quelli che «fino a poco tempo fa proclamavano con toni minacciosi che avrebbero combattuto per il paese fino all’ultimo respiro. Quelli che affermavano che solo loro sapevano come dovrebbe vivere il popolo russo, ora se ne vanno trascinandosi dietro convogli di brillanti e alta moda. Se ne vanno in aerei privati. Sono quelli che si autoproclamavano “coscienza della nazione”, “pensatori”, “natura sottilmente sensibile”, “patrioti”. E, naturalmente, queste “élite” ci parlavano della magnifica Russia del futuro, che si impedisce loro di costruire».

Tuttavia, continua Besedin, non se la passeranno bene nemmeno all’estero, perché «nessuno ha bisogno di loro. L’Occidente li vedeva esclusivamente come ariete contro il sistema russo». Questo, per quanto riguarda le “celebrità” dello spettacolo.

Molto meglio se la passeranno all’estero oligarchi e top-manager: «qualcosa indubbiamente perderanno; ma molto probabilmente essi da tempo si erano costruiti i propri nidi confortevoli per la nuova vita fuori della Russia». Ma «noi, contrariamente a tutti questi “è l’ora di smammare”, rimaniamo». Anzi, ora che questi personaggi «sono fuggiti dal paese, abbiamo una reale possibilità di costruire una società completamente nuova», libera da elementi superflui; almeno in parte. È una specie di «purificazione, maturata da molto tempo».

Si è riportato gran parte dell’intervento di Besedin, perché riassume abbastanza distintamente (a parte vocalizzi “patriottardi”) la situazione che sembra possa generalizzarsi (non conosciamo a sufficienza il paese per parlare con un grado accettabile di sicurezza) per l’intera Russia. Una situazione che, pure, non si verifica per la prima volta, ma che a ovest si finisce sempre (per comodità) per dimenticare.

Di fronte all’attacco aperto alla propria leadership (per quanto invisa, con le sue trentennali scelte antisociali), la Russia intera si sente attaccata direttamente e finisce per “attrezzarsi” a difendere se stessa, leadership o no. Ricordiamo cosa affermassero alcuni analisti anche solo nel 2014, all’infiammarsi della crisi (esistente da almeno due decenni) che poi ha portato alla situazione attuale: l’Occidente ritiene che solo un proiettile sparato alla nuca di Vladimir Putin da qualche oligarca della sua cerchia più stretta possa risolvere la crisi. Ecco dunque le sanzioni sempre più stringenti, che mirano a colpire in primo luogo i “vip” del potere, politico e economico.

Le masse popolari della Russia profonda, come il mio amico del Rolex (non se l’era comprato: glielo avevano regalato gli amici per una festa importante), possono benissimo andare avanti anni e anni a “pane e kaša”; gli oligarchi no.

Così che oggi vediamo addirittura varie organizzazioni comuniste che, nonostante la condanna (non tutte, tra l’altro) della “guerra imperialista” russa contro l’Ucraina, parlano apertamente di “serrare le file” contro l’Occidente e – se scrivono della guerra in Ucraina – lo fanno riportando le notizie ufficiali del Ministero della difesa.

Per esempio, i comunisti del VKPB della defunta Nina Andreeva, con il titolo «Fermare la guerra della NATO contro la Russia. La NATO ha acceso la miccia. No alle sanzioni. No alla guerra», riproducono in russo il manifesto del International Action Center.

ROTFront (Fronte Unito del Lavoro) apre un pezzo intitolato «La situazione internazionale sul filo del rasoio» riportando addirittura una frase di Putin del 2018: «Noi, quali vittime dell’aggressione, noi, come martiri, andremo in paradiso, mentre loro, semplicemente, creperanno». Inutile riprodurre le posizioni del KPRF di Gennadyj Zjuganov, da sempre schierato, in politica estera, con Vladimir Putin.

In questa situazione lo speaker della Duma, Vjačeslav Volodin, fa appello ai russi a non temere la penuria di prodotti alimentari e anzi parla della diminuzione, in diverse regioni, del prezzo del carburante per diesel e dei concimi, misure essenziali all’inizio della stagione delle semine: ciò è estremamente importante «non solo per le campagne, ma per tutti noi: significa che non mancheranno i prodotti alimentari non solo quest’anno, ma anche in futuro».

Washington e la NATO, ha detto Volodin, hanno scatenato «contro i russi una guerra economica senza precedenti e si attendono panico e tensioni nella società»; ma ora non siamo negli anni ’90 ha detto, e non è necessario farsi prendere dal panico.

In compenso, l’Ente statale di statistica, Rosstat, certifica che l’aumento dei prezzi ha superato il 10% su base annua, soprattutto per auto e elettrodomestici. Inoltre, è accelerato l’aumento dei prezzi dei materiali da costruzione e dei prodotti chimici per la casa. Nel comparto alimentare si registra un balzo dei prezzi di zucchero, pomodori e banane, prodotti lattiero-caseari.

L’aumento dei prezzi di una serie di prodotti è legato all’aspirazione dei russi a preservare in qualche modo i propri risparmi e, data la restrizione nella vendita di valuta in contanti, i russi si danno ad acquistare beni costosi, come mezzo di risparmio in periodo di crisi. Ci meraviglieremmo, scrivono gli analisti del “TsentroKredit” se a fine marzo l’inflazione dovesse essere inferiore al 19-20% annuo.

D’altra parte, il Ministro delle finanze Anton Siluanov, ha detto che circa la metà (300 miliardi su 640) delle riserve auree e valutarie della Banca centrale sono congelate a causa delle sanzioni, oltre al fatto che l’Occidente preme sulla Cina per limitare il commercio con la Russia e l’accesso alle riserve in yuan, così che Mosca pagherà i debiti ai “paesi ostili” (tra cui l’Italia) in rubli.

Sul fronte dell’occupazione, la vice Primo ministro, Tat’jana Golikova ha dato istruzioni per la conservazione del posto di lavoro ai dipendenti delle ditte straniere che lasciano la Russia. La «conservazione dell’attuale livello di disoccupazione costituirà un colossale successo per l’attuale governo», scrive ROTFront.

Nell’ultimo trimestre del 2021 il livello della disoccupazione era al 4,29% (3,2 milioni). A oggi, non è chiaro cosa intenda fare concretamente. Golikova: si conoscono solo le «intenzioni del governo per la nazionalizzazione delle compagnie che lasciano la Russia», scrive ROTFront, anche se non è chiaro come intenda procedere.

E anche se ora, inaspettatamente, Putin ha riconosciuto i «grandi successi» dell’Unione Sovietica (finora, diceva che in URSS si producevano «galosce che si possono vendere solo in Africa»), non si comprende come «l’odierna economia di mercato utilizzerà l’esperienza dello stato socialista. Forse che i proprietari delle fabbriche cederanno il potere agli operai? I beni di lusso dei nostri ricchi compatrioti saranno scambiati con i “partner stranieri” per tecnologie e attrezzature avanzate? Oppure tutta l’istruzione superiore, secondaria e secondaria-specializzata diverrà gratuita per fornire all’industria quadri qualificati? No, non ci sarà niente del genere. E, però, questo e molto altro è ciò che permise all’Unione Sovietica di ottenere successi davvero eccezionali».

Putin – è ancora ROTFront che scrive – ha detto che la Russia non può vivere a lungo nelle attuali condizioni di umiliazione, con la schiena piegata. E il Ministro degli esteri Sergej Lavrov, ha dichiarato che la Russia farà di tutto per la completa indipendenza dall’Occidente: tutte «dichiarazioni in linea con la consueta propaganda anti-sanzioni... Sui media, il governo russo continua a prendere le distanze dai soliti “partner occidentali”. Tuttavia, non risponde alla domanda su chi abbia davvero costretto la Russia a piegare la schiena, chi abbia davvero umiliato il nostro paese privatizzando l’economia, tagliando il bilancio e distruggendo in massa le industrie».

La Russia è oggi troppo legata al mercato mondiale e «non è in grado di distanziarsene, senza subire perdite terribili. Nessuno è in grado di risollevare la Russia all’infuori di una economia socialista, non di mercato».

Intanto, alla Borsa di Piter, le azioni di società estere sono tornate a disposizione degli investitori privati, pur se sussistono ancora rischi di uno sviluppo sfavorevole del mercato e il congelamento di tali investimenti, nel caso in cui vengano ritirati dalla circolazione sul territorio russo. Ma di questo, un’altra volta.

Nel profondo della Russia e anche in tante organizzazioni della sinistra, non sembrano sussistere dubbi sulle mosse presidenziali. In alcuni, ricorre la domanda su chi, all’interno della Russia, abbia fatto tanto che gli antichi alleati ideologici dell’URSS in occidente, gli amici e i simpatizzanti dell’Unione Sovietica, si siano trasformati in aperti russofobi (il riferimento, anche all’Italia, non è casuale) e cosa possa fare oggi la Russia borghese, per riavvicinarli.

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