Un’ondata di generosità e uno spirito di accoglienza senza precedenti negli ultimi anni stanno attraversando in questi giorni l’Unione Europea in concomitanza con l’avanzata delle operazioni militari russe e il moltiplicarsi dei profughi ucraini diretti verso Occidente. Sono in particolare i paesi dell’Europa dell’est a mostrare un’incredibile inversione di rotta delle loro politiche migratorie che, fino a letteralmente poche settimane fa davanti evidentemente a un’altra categoria di disperati, consistevano principalmente in respingimenti, espulsioni e costruzione di barriere invalicabili.
Secondo i dati delle Nazioni Unite, già più di 800 mila civili ucraini avrebbero lasciato il loro paese e, in totale, le stime parlano di circa 4 milioni di persone che cercheranno di mettersi in salvo per sfuggire alla guerra. Il conflitto in Ucraina non è certamente l’unico né, soprattutto, il più cruento tra quelli degli ultimi vent’anni né tra quelli attualmente in corso nel pianeta. Iraq, Afghanistan, Siria, Libia, Yemen e altre situazioni di crisi hanno com’è noto prodotto centinaia di migliaia o milioni di profughi, dopo che, in varia misura, questi paesi sono stati devastati dalle iniziative “democratiche” occidentali.
La guerra nel paese dell’ex Unione Sovietica sembra però avere un carattere tutto particolare, tanto da avere sollecitato gli istinti più caritatevoli dei burocrati di Bruxelles e dei governi, spesso guidati da politici ultra-reazionari, dei membri UE dell’Europea orientale. Anni di politiche criminali, responsabili della morte di un numero enorme di profughi e migranti, hanno così lasciato ora improvvisamente spazio all’accoglienza a “braccia aperte”, come hanno fatto sapere da Bruxelles.
A determinare il voltafaccia europeo non è tanto l’aspetto fisico dei civili ucraini, anche se la preferenza per profughi biondi e con gli occhi azzurri è stata espressa talvolta apertamente nei giorni scorsi da più di un corrispondente dei media ufficiali. Kelly Cobiella di NBC News, ad esempio, ha spiegato senza fare una piega in diretta TV che “questi non sono i rifugiati siriani”, bensì “ucraini, cristiani, bianchi e simili a noi”. Se il razzismo più o meno latente è di certo un elemento, sono chiaramente le implicazioni politiche e strategiche a determinare le differenti politiche migratorie a cui si sta vergognosamente assistendo grazie agli altrettanto vergognosi politici europei.
Se siamo noi a causare le guerre e a distruggere interi paesi e società, preferibilmente musulmani, i civili che ne subiscono le conseguenze fanno meglio a restare dove sono. La propaganda mediatica aiuta poi a offuscare le ragioni dei movimenti migratori che ne scaturiscono in modo inevitabile e, ancor più, delle guerre stesse. Se il conflitto è provocato invece da un dittatore, o presunto tale, che noi avversiamo o, meglio, che i nostri padroni di Washington non gradiscono, allora siamo immediatamente nell’ambito dei crimini di guerra e le vittime innocenti, ovvero i civili che fuggono dalle bombe, diventano un onere di cui l’Europa deve farsi carico senza indugiare un solo secondo.
Che i civili ucraini stiano soffrendo della situazione nel loro paese come tutti i profughi di guerre e scontri armati nel mondo e che, come tali, debbano essere assistiti è fuori discussione, anche se le maggiori responsabilità della crisi sono da ricercare a Kiev e ancora di più nelle cancellerie occidentali. Che però l’ospitalità e l’altruismo di quanti fino a pochissimo tempo fa avrebbero volentieri lasciato annegare o sparato a vista ai migranti africani e mediorientali siano ora autentici o disinteressati è un’assurdità totale e neanche la rodatissima propaganda mediatica occidentale può riuscire a far passare come tali.
Le semplici differenze legate ai numeri dell’accoglienza e alla natura delle misure messe in atto da parte dei singoli governi aiutano a comprendere il carattere strumentale dell’ostentata generosità che sta investendo l’Europa. Nella giornata di martedì, ben 830 mila ucraini avevano già lasciato il paese per essere ospitati in particolare da Moldavia, Polonia, Romania, Slovacchia e Ungheria. La Polonia accoglie per ora la fetta più grande di profughi, oltre 450 mila, e secondo le autorità di Varsavia circa 50 mila persone arrivano nel paese ogni singolo giorno.
Un articolo apparso sul sito della BBC spiega come il governo ultranazionalista polacco abbia anche predisposto un treno speciale per il trasporto dei feriti ucraini e stilato una lista di ben 1.230 ospedali dove saranno tempestivamente inviati per le cure del caso. La Polonia, peraltro, aveva già mostrato una predisposizione all’accoglienza molto selettiva, visto che, a fronte delle porte chiuse in faccia ai rifugiati asiatici e africani, ha dato il benvenuto a oltre un milione di ucraini a partire dal colpo di stato andato in scena a Kiev nel 2014.
Un altro paese che ha trattato finora il fenomeno migratorio con toni spesso apertamente xenofobi è l’Ungheria del premier Orban, dove secondo l’ONU sono già arrivati più di 116 mila rifugiati dall’Ucraina. Seguono poi la Moldavia con 79 mila, la Slovacchia con 67 mila, la Romania con oltre 45 mila e, infine, altri paesi europei per un totale di quasi 70 mila.
Anche le norme burocratiche, spesso usate come alibi per respingere i richiedenti asilo, sono state in questi giorni soppresse. I cittadini ucraini in fuga dalle bombe di Putin non dovranno infatti presentare nessun documento per ricevere accoglienza, anche se per ottenere lo status di rifugiati sarà richiesta prova della cittadinanza ucraina o un permesso valido di residenza in questo paese. Nei centri di accoglienza, inoltre, i cittadini ucraini potranno rimanere per tutto il tempo necessario, a differenza dei precedenti migranti di serie B ai quali era assicurata solo una breve permanenza.
Un altro ribaltamento delle modalità di gestione dei flussi migratori riguarda ancora l’aspetto burocratico. Mentre prima le complicazioni normative per l’ottenimento dei permessi erano studiate appositamente per ridurre gli ingressi, ora, ed è l’esempio della Repubblica Ceca, le procedure riservate agli ucraini per ricevere un visto speciale saranno magicamente semplificate. Su questa linea intende muoversi l’UE nel suo insieme. Da Bruxelles hanno fatto sapere che i cittadini ucraini beneficeranno automaticamente di permessi per risiedere e lavorare in tutti i paesi membri per un periodo di tre anni, così come verranno loro garantiti tutti i diritti previsti dal welfare dei singoli paesi.
Per quanto riguarda l’Ungheria, ancora nel 2015, anno della cosiddetta ondata di profughi diretti soprattutto dalla Siria verso l’Europa, il governo Orban aveva eretto una barriera di filo spinato lunga 150 chilometri al confine con la Serbia, al costo di 1,5 miliardi di euro. Budapest, così come quasi tutti gli altri paesi UE dell’ex blocco sovietico e ad esempio l’Austria avevano poi a lungo respinto le rispettive quote di rifugiati da ospitare, citando alternativamente problemi di integrazione e carenza di risorse.
Nell’agosto dello scorso anno, in concomitanza con l’uscita di scena americana dall’Afghanistan, Orban metteva in guardia dal possibile arrivo in massa di profughi in Europa, per poi ribadire il rifiuto ad accettare “senza limiti” i civili in fuga da quel paese. Secondo il premier di estrema destra, il suo paese non poteva infatti sopportare le conseguenze, prodotte da una nuova ondata di rifugiati, di “decisioni e operazioni geopolitiche fallimentari”. Ciò che ha fatto ora cambiare idea a Orban circa i profughi ucraini è dunque probabilmente il piano strategico, orchestrato da Washington e Bruxelles, che ha spinto deliberatamente verso il baratro la crisi russo-ucraina.
Sulla stessa linea si era mossa regolarmente anche la Polonia. Il governo di Varsavia lo scorso autunno era quasi arrivato a scatenare una guerra con la Bielorussia a causa di una disputa su un numero relativamente ridotto di migranti provenienti in gran parte dall’Afghanistan. Gruppi di disperati erano stati tenuti in condizioni disumane per settimane, con la Polonia che aveva addirittura dichiarato lo stato di emergenza per via di una inesistente minaccia migratoria.
La retorica rivoltante dell’accoglienza, del rispetto del diritto internazionale e dei valori umanitari che si ascolta in Europa in questi giorni non può in definitiva far dimenticare il comportamento di questi paesi negli ultimi anni, improntato all’illegalità e al totale disinteresse per le sofferenze di rifugiati messi in condizioni disperate dalle stesse politiche imperialiste occidentali. La disponibilità ad aprire ora le porte a centinaia di migliaia o forse milioni di civili ucraini è dunque puramente strumentale e serve solo a promuovere gli obiettivi politici e strategici anti-russi.
A ulteriore conferma di questa realtà, è sufficiente citare un ultimo esempio della brutalità con cui alcuni paesi, guarda caso ferocemente anti-russi, hanno perseguito politiche anti-migratorie in tempi recentissimi. La Lituania, cioè, lo scorso mese di settembre aveva espulso in Bielorussia cinque cittadini afgani entrati “clandestinamente” e dopo una decina di tentativi nel territorio del paese baltico, in violazione di un ordine emesso dalla Corte Europea per i Diritti dell’Uomo che aveva dichiarato illegittima la loro deportazione.
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