A passi rapidi si va verso un conflitto sociale e sindacale di cui si era persa traccia da decenni.
Oppure verso una batosta tremenda per due organizzazioni che avevano fatto della “concertazione” e del “consociativismo” – sinonimi addolciti di “complicità” – l’asse portante della propria presenza sui luoghi di lavoro.
La decisione presa ieri dalla cosiddetta “Commissione di garanzia dell’attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali” mette Cgil e Uil nell’inedita posizione di dover scegliere tra il “tirare dritto” – mantenendo lo sciopero generale del 17 sui binari della proclamazione – oppure “arrendersi” e affrontare una crisi che cova da anni ma non ha mai trovato la miccia per esplodere.
Con una formula mai usata prima, infatti, “il garante” ha stabilito che “Lo sciopero, così come proclamato dalle Confederazioni sindacali (con esclusione di numerosi settori) non può essere considerato [...] quale sciopero generale, ai fini dell’applicazione della disciplina che consente delle deroghe alle normative di settore sui servizi pubblici”.
In pratica, secondo “il garante”, Cgil e Uil non hanno compreso nello sciopero circa 16 settori di attività, quindi – ma è un’interpretazione, non una regola prevista dalle leggi sullo sciopero – non si tratterebbe di una sciopero davvero “generale”, ma soltanto di “scioperi intersettoriali” contemporanei.
In virtù di questa distinzione da azzeccagarbugli “non si applicano” le deroghe alle regole degli scioperi settoriali. Primo fra tutti quello dei trasporti pubblici (il più “politicamente sensibile” perché il più visibile per la popolazione ed i media).
In realtà anche negli scioperi generali sussiste l’obbligo di garantire i servizi in alcune fasce orarie, ma a quanto pare non è sufficiente né per “il garante” né tanto meno per il ministro dei trasporti, Salvini.
Per chi è abituato alle vicende sindacali di questo paese è quasi un shock vedere due degli storici “sindacati complici” venir trattati come “pericolosi antagonisti”, per di più insultati e sbeffeggiati in coro da tutta la destra politica, mediatica e padronale. Un trattamento fin qui riservato ai soli sindacati di base (che fra l’altro hanno anche loro convocato uno sciopero per il 17, riguardante tutto il pubblico impiego).
Di fronte a un palese arbitrio politico con ben pochi appigli nella normativa, sia Maurizio Landini (per la Cgil) che Pierpaolo Bombardieri (Uil) hanno per il momento deciso di confermare le modalità della mobilitazione, accettando soltanto una rimodulazione per i vigili del fuoco ed il trasporto aereo.
“La Commissione non spiega su quali basi normative ha deciso che non si tratta di uno sciopero generale”, hanno detto i due sindacati in una nota congiunta. “Non condividiamo la decisione assunta dalla Commissione di Garanzia. Si tratta di un’interpretazione che, non riconoscendo la disciplina dello sciopero generale, mette in discussione nei fatti l’effettivo esercizio del diritto di sciopero sancito dalla Costituzione a tutte le lavoratrici ed i lavoratori”.
Sarebbe la prima volta che queste due organizzazioni disobbediscono ad una authority, ma non poteva certo stare zitto il vero ispiratore politico del “garante”, cioè Salvini.
“Oggi è l’ultima giornata perché i sindacati tornino nella legge, rispettando le indicazioni del Garante. Landini e gli altri hanno detto no, tiriamo dritto. Se entro oggi non rientrano nella legge, faccio quello che la legge mi permette, entro la mezzanotte di questa sera si può partire con la precettazione, ovvero quello che il garante ha suggerito: scioperate per una fascia limitata, per 4 ore e non per 24 ore. La Cgil fa politica di sinistra, è libera di farla ma non per 24 ore”.
Difficile fare il conto delle castronerie infilate in poche frasi, ma questa è la “cifra” di cotanto ministro.
Sta di fatto, però, che stasera sapremo quale strada prenderanno davvero Cgil e Uil davanti al bivio che gli si para davanti: entrare in una fase di conflitto o mettere la coda tra le gambe.
Se al governo ci fosse un gruppo di “tecnici”, con qualche testa di “area Pd”, si potrebbe scommettere su una soluzione magari molto pasticciata per consentire a tutti i protagonisti di salvare la faccia e dirsi vincitori.
Ma questo è un governo fascista-liberista nella subcultura di base e nelle obbedienze. Un gruppo di miracolati della politica che non sa neanche come articolare una mediazione in modo che non sembri un inciucio (al massimo, al telefono con un presunto leader africano, sono capaci di lanciarsi in un “tra me e te, mi potresti dire...”).
Una sezione della classe politica, insomma, che “deve” procedere spianando gli ostacoli politici e umani lungo il percorso scelto. Che non prevede “pareggi” ma solo vittorie o sconfitte. Ma non può permettersi le seconde, che sarebbero devastanti.
Cgil e Uil, molto probabilmente, stanno capendo solo in queste ore che “la fase è cambiata” davvero. E che non possono più giocare secondo le regole che tutti – anche le controparti – rispettavano nei decenni precedenti. Questa controparte non rispetta regole, vuole imporre le sue...
Cgil e Uil devono decidere se “essere o non essere“. In poche ore. Con un quadro dirigente omogeneamente selezionato per fare tutt’altro...
Dipende da quanto è forte, tra i lavoratori, l’esigenza di metter fine ad un arretramento che dura da 40 anni e non avrà mai fine, se non si mette in campo una forza collettiva sufficiente ad invertire la rotta.
Il segnale che ne potrebbe venir fuori è in ogni caso molto interessante, per chi lavora a quest’ultima ipotesi.
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