di Francesco Dall'Aglio
“È ora di smetterla col pensiero magico sulla sconfitta della Russia“, titola The Wall Street Journal dell’altroieri.
Citando: “Putin ha ragione di credere che il tempo sia dalla sua parte. Sulla linea del fronte non ci sono indicazioni che la Russia stia perdendo quella che è diventata una guerra d’attrito. L’economia russa è stata sbatacchiata, ma non è a pezzi. La permanenza al potere di Putin è stata paradossalmente rafforzata dalla fallita ribellione di Yevgeny Prigozhin a giugno. Il sostegno popolare alla guerra resta solido, e l’élite che sostiene Putin non si è frantumata“.
La prima cosa che ho pensato è stata “accidenti“. E subito dopo, “era ora“. In effetti no, non era ora, è parecchio tardi invece, ma almeno a un anno e nove mesi dall’inizio del conflitto qualcuno che si prende la responsabilità di chiamare la cosa col suo nome – pensiero magico – finalmente è arrivato.
Nel mio piccolo, ho cominciato a scrivere le mie riflessioni perché quello che vedevo (la realtà, diciamo, pur attraverso vari prismi e distorsioni) era completamente diverso da quello che, secondo il “discorso” mediatico e politico, avrei dovuto vedere.
E ricordo proprio il momento esatto in cui mi sono detto che forse avrei dovuto cercare di abbandonare le considerazioni del tutto emotive che mi avevano travolto all’inizio e provare a fare un po’ d’ordine, in primo luogo per me e poi per chi magari poteva avere interesse a un punto di vista diverso.
E questo non perché ami particolarmente la Russia, perché disprezzi l’Ucraina, perché sostenga Putin o il multipolarismo eccetera. Non in sintesi, per “tifo”: l’ho fatto e lo faccio perché mi è parso chiaro fin dal principio che il modo in cui venivano raccontati gli eventi aveva alla base non un calcolo politico ma il pensiero magico, e che allontanasse, non avvicinasse la comprensione degli eventi e soprattutto la conclusione del conflitto stesso.
E che questo pensiero magico fosse in primo luogo nelle teste dei decisori, oltre che in quelle dei giornalisti e degli opinionisti che sono con gran disinvoltura passati dal covid all’Ucraina, e ora alla Palestina.
E il problema non era tanto che le descrizioni che leggevo o ascoltavo fossero false, perché – ci piaccia o no – siamo in guerra e in guerra la falsità è fondamentale, perché non conta la verità ma la propaganda.
Però mi aspettavo, appunto, solo la propaganda, che certamente ho ottenuto in grande abbondanza (gli ‘ucraini buoni’ e i ‘russi cattivi’, ‘la luce contro le tenebre’, la ‘democrazia contro l’autoritarismo’ e tutta questa specie di cose; e anche il fantasma di Kiev e il gatto che aiutava i tiratori ucraini e la vecchietta che abbatteva i droni col barattolo).
Solo che questa propaganda è stata, fin da subito, delirante, totalmente sganciata da qualsiasi dato oggettivo. Pensiero magico, appunto.
Il succo del pensiero magico applicato alla guerra in Ucraina è che non c’è bisogno di una strategia, sia essa militare o diplomatica, o di ipotizzare soluzioni del conflitto.
Le soluzioni “verranno da sé” e saranno quelle che noi desideriamo, perché se ripetiamo abbastanza spesso, e con i rituali appropriati, che Putin è malato e presto morirà, che le sanzioni distruggeranno l’economia russa, che i russi si ribelleranno perché gli abbiamo tolto Netflix e cacceranno il tiranno e metteranno su una democrazia liberale, che l’esercito russo tra due settimane finirà la benzina o le munizioni, che le armi occidentali vinceranno la guerra, che il bene vince sempre sul male, che gli oppressi trionfano sempre sugli oppressori, che questa controffensiva magari no ma la prossima di sicuro… allora tutte queste cose si avvereranno.
E invece no. Non se ne è avverata nessuna; e chiunque non fosse stato preda del pensiero magico ma conservasse anche solo un tenue rapporto con la realtà non poteva non rendersi conto che non si sarebbero avverate.
Ed è dunque per questo che mi sono messo a scrivere queste riflessioni, che molto graziosamente qualcuno qualifica “analisi”. Perché io il pensiero magico non ce l’ho, perché sono uno storico e so bene cosa succede quando credi al pensiero magico e basi su di esso la tua strategia, che tu sia Hitler nel 1944 o Baldovino di Fiandra nel 1205.
Perché sulla base del pensiero magico abbiamo impostato sulla pelle altrui una forever war che avrà una e una sola conclusione logica, non magica, perché la realtà è logica e non magica e non è vero che basta crederci perché le cose si avverino.
P.S. Per i miei biografi: il momento è stato il 25 febbraio 2022, quasi subito, quando Repubblica e un bel po’ di altri media mostravano il filmato del “tank russo che schiaccia volontariamente un’automobile civile“. Non era un tank, non era russo, soprattutto non era un atto volontario.
E lì ho capito che le cose sarebbero andate in un certo modo, come in effetti è successo.
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