La lettera riporta all’attenzione dell’opinione pubblica il caso di Hasel che, dopo aver suscitato lo sdegno e le proteste di migliaia di giovani dentro e fuori lo stato spagnolo, sembra quasi dimenticato.
Conviene ricordare che il musicista di Lleida è finito in carcere a causa di diverse sentenze di condanna tra cui una per i testi delle proprie canzoni, un’altra per una supposta aggressione e infine per alcune opinioni che sono state tacciate di inneggiare al terrorismo.
Proprio quest’ultima accusa merita una riflessione preliminare: è oggi più che mai evidente l’uso politico del termine “terrorista“, impiegato con disinvoltura dagli Stati per condannare senza appello quello che considerano “il nemico”. Con i suoi messaggi, cantati e non, Hasel ha toccato un nervo scoperto dello stato spagnolo tanto da guadagnarsi l’accusa di “apologia del terrorismo“.
Ma ricordare le torture della poliza inflitte ai membri di ETA o a quelli dei GRAPO, un’organizzazione armata marxista-leninista attiva durante e dopo la transizione, è fare apologia del terrorismo?
Sostenere, riferendosi ai GRAPO, che «le prigioniere e i prigionieri politici sono un esempio di resistenza» è fare apologia del terrorismo o un legittimo esercizio di difesa della memoria storica?
La denuncia dei legami della monarchia spagnola con quella saudita, oggetto peraltro delle indagini della magistratura, dev’essere considerata un’ingiuria? Difendere un giovane che affiggeva manifesti a favore dell’autodeterminazione da un provocatore che lo stava aggredendo è un reato?
Evidentemente per lo Stato spagnolo uscito dalla transizione, è ancora oggi difficile tollerare la critica alla mancata trasformazione delle strutture repressive statali (così come la critica alla conservazione nelle mani delle elite franchiste del potere economico e la critica all’unità dello stato).
Su questi temi esiste un settore sociale conservatore, imbevuto della cultura politica franchista, pronto a mobilitarsi, come è accaduto con le proteste seguite all’annuncio dell’amnistia e scatenatesi nelle piazze di Madrid.
Con questo settore i socialisti di Pedro Sánchez hanno condiviso tra l’altro la gestione dell’immigrazione, il sostegno alla NATO, l’adesione al nazionalismo spagnolo e la repressione dei movimenti indipendentisti.
Ed è improbabile che la recente amnistia rappresenti un vero punto di svolta: nel caso di Pablo Hasel (e di molti altri detenuti politici) sembra infatti imporsi una interpretazione restrittiva del provvedimento che, con il beneplacito del nuovo governo, lascerà il rapper comunista in carcere fino al 2027.
Bisogna sottolineare anche che la Corte Europea di Strasburgo ha rifiutato il ricorso presentato da Hasel e ha giudicato corretta la pena comminata dai giudici spagnoli.
Si tratta senza dubbio di una sconfitta giuridica che però ha un risvolto imprevisto: la decisione del tribunale contribuisce a smontare l’opinione, assai diffusa nell’indipendentismo catalano (fatta eccezione per la CUP), secondo la quale l’Unione Europea “rispetterebbe i principi democratici” più di quanto faccia lo Stato spagnolo. Su questo tema, la lettera del rapper è molto chiara.
Seppure alcuni giudizi di Hasel, soprattutto quelli sui partiti spagnoli e catalani, possano talvolta prestarsi all’accusa di un certo massimalismo, bisogna riconoscere che non fanno sconti a nessuno, investendo tanto i socialisti quanto gli indipendentisti.
Anche perciò vale la pena ascoltare il suo punto di vista, non foss’altro che per dare voce a un rapper comunista silenziato, divenuto un detenuto politico, che rivendica la propria appartenenza ideologica.
Qui di seguito la lettera di Pablo Hasel apparsa il 16 novembre sulla stampa catalana.
«Ancora una volta, numerosi partiti hanno raggiunto un accordo sulla fiducia al governo, il cui contenuto suppone la violazione reiterata dei diritti civili e politici. In nome del progressismo, torneranno a mettere in campo politiche all’insegna dello sfruttamento, della miseria, della repressione e dell’imperialismo. Tutto ciò sostenendo un regime profondamente antidemocratico, nemico dei nostri interessi, sia come popolo che come classe.Fonte
L’amnistia sulla quale si sono accordati – e vedremo se questa amnistia davvero mantiene ciò che promette – non arriva neppure a includere tutti gli indagati e condannati in Catalunya. Perché la repressione va molto oltre il processo indipendentista: ci sono migliaia di perseguitati per le lotte sul lavoro, le lotte studentesche, quelle per la casa, contro il maschilismo, il razzismo, l’omofobia e contro la repressione.
Inoltre in ambito statale ci sono molti altri prigionieri politici che non sono neppure menzionati perché si vogliono nascondere. E non possiamo permetterlo perché questi prigionieri hanno difeso la nostra dignità. Soprattutto i prigionieri politici sequestrati da decenni, che sono l’esempio di lotta più coerente per i diritti civili, sociali e politici, inclusa l’autodeterminazione.
Perciò dobbiamo rivendicare l’amnistia totale, dovunque sia possibile, e organizzare la solidarietà per far fronte alla repressione presente e a quella futura. L’ampliamento delle leggi repressive approvate dai falsi progressisti dice chiaramente che non ci sarà tregua.
Con altrettanta chiarezza, le nefaste condizioni di vita ci dicono che è necessario intensificare la lotta (che sarà repressa). Il regime non ha bisogno del Partido Popular e di Vox al governo per imporre questo fascismo occulto: se ne incarica il PSOE-Sumar e i loro collaboratori, che perpetuano ogni tipo di atrocità.
Il progressismo e alcuni settori della “sinistra” addomesticata hanno ripetuto spesso che l’Europa non lo permetterebbe, idealizzando l’UE. La realtà ha dimostrato ripetutamente che dicevano una menzogna.
Un recente esempio è la condanna che ho ricevuto per aver denunciato fatti oggettivi, ratificati dal tribunale di Strasburgo. Una condanna incomprensibile, dato che in precedenza lo stato spagnolo era stato condannato per la pratica della tortura, considerata invece nella mia sentenza un’“ingiuria”.
Il fatto che a volte la Corte Europea o l’ONU ammoniscano o condannino lo stato spagnolo per la grossolana repressione non significa che lo facciano sempre, né che riescano a fermarlo. Cosa che non sorprende perché anche l'Unione Europea reprime, e questa evidenza non è inficiata dal fatto che alcuni stati membri dell’unione siano più rispettosi delle libertà rispetto a quello spagnolo.
L’Europa che partecipa alle invasioni imperialiste della NATO, che trasforma il Mediterraneo in una fossa comune per i migranti, che aiuta il sionismo a occupare la Palestina e a portare a termine un genocidio, che equipara nazismo e comunismo, che culla le multinazionali responsabili dello sfruttamento e del saccheggio selvaggio di numerosi paesi, che ha sostenuto il jihadismo in Siria e che arma i nazisti ucraini, non ci salverà.
Non esiste altra soluzione che aumentare gli sforzi per far crescere le lotte nelle piazze. Soltanto rafforzando l’organizzazione rivoluzionaria conquisteremo i diritti e la libertà che ci strappano di mano con la violenza.
È sempre più urgente sviluppare l’unità attorno alla solidarietà e alla lotta per un programma veramente democratico-popolare, che includa l’uscita da questa Unione Europea sfruttatrice, repressiva e imperialista. Altrettanto necessario è denunciare come sotto questo “nuovo” governo continueremo ad essere ugualmente oppressi in tutti i sensi.
Rovesciamo il regime monarchico-fascista! Visca la resistenza! Amnistia totale!»
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