Israel Frey è un giornalista di Tel Aviv, ebreo ortodosso, pacifista e fortemente critico nei confronti dei sionisti, in particolare con quelli al governo che definisce “estremisti e razzisti“.
Da anni si occupa con coraggio delle violazioni dei diritti umani e civili dei palestinesi della Cisgiordania.
Parla di terre rubate, di case occupate, di violenze dei coloni e dell’esercito israeliano “che occupa illegalmente il territorio dei palestinesi“.
Israel ha l’invidiabile capacità di convivere serenamente da lungo tempo con le minacce e gli insulti dei sionisti ai quali, sui social, risponde persino con gentilezza, argomentando il suo pensiero e ricevendo puntualmente altri insulti.
A dicembre la polizia lo convoca per interrogarlo riguardo a un post (!) su X Twitter, Israel ha paura e non si presenta. Arrestato con l’accusa classica di “incitamento al terrorismo” viene rilasciato con l’avviso di stare molto attento a ciò che dice o scrive.
In questo mese di novembre, la vita di Israel Frey diventa un incubo.
I sionisti più estremisti, notoriamente democratici e aperti al dialogo (a detta dei media nostrani), vogliono, in sostanza, fargli la pelle.
Alcuni giorni fa, Israel twitta la foto di un bambino palestinese e scrive: “Vi presento Moetaz, 16 anni, studente. È il n° 99 della lista dei bambini che abbiamo ucciso dall’inizio dell’anno in Cisgiordania. Qui non c’è una guerra da giustificare“.
Riceve una miriade di insulti
Israel è un ebreo ortodosso in continua preghiera. Prega per le vittime di ogni guerra, comprese quelle israeliane.
Con pochi amici pacifisti, organizza una preghiera per i defunti bambini di Gaza.
Per i sionisti è un affronto. Lasciano le tastiere e passano ai fatti.
Una folla di sionisti di estrema destra circonda l’abitazione di Israel, lanciano petardi urlando minacce di morte per il giornalista.
Alcuni riescono ad entrare in casa e lo picchiano selvaggiamente davanti alla moglie e ai bambini.
Israel aveva chiesto aiuto alla polizia che, con calma, arriverà solo dopo due ore.
Gli agenti sgomberano la piazza e accompagnano il giornalista all’ospedale.
Durante il tragitto uno dei poliziotti gli sputa addosso. “Amico di Hamas“, si sente dire.
Non è finita. Arrivato in ospedale riesce a evitare una seconda aggressione da parte di sionisti che lo riconoscono. Grazie al provvidenziale aiuto di un infermiere amico d’infanzia viene condotto giusto in tempo in un luogo sicuro dell’ospedale.
Secondo Haaretz e Middle East Eye, Israel Frey e la sua famiglia, temendo ulteriori aggressioni, sono fuggiti da Tel Aviv e sono nascosti in un’altra città all’oscuro persino dalla polizia.
In un video postato su X, Israel dice: “Vi prego, siate prudenti nel sostenere il governo israeliano perché state incoraggiando la pulizia etnica dei nativi palestinesi e le persecuzioni dell’opposizione interna“.
Due note.
1. La polizia ha identificato uno degli aggressori di Israel. Trattasi di Meir Kahane, è un rabbino.
2. A parte sparute eccezioni, nessun giornale italiano ha ritenuto di pubblicare la notizia o di esprimere solidarietà al collega Israel Frey.
Fine.
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