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23/11/2023

I tabù de ‘Il Fatto quotidiano’ sulla guerra in Ucraina

A Kiev è un ininterrotto viavai di ministri, commissari europeisti, cancellieri e presidenti, preoccupati per la situazione in Ucraina, sia al fronte che in casa; premier e presidenti del consiglio spiattellano ormai in faccia al mondo di non poterne più di mandare soldi e armi ai ras di un regime che, in vista della fine, tirano a “far ciccia” e intascarsi ogni ben di dio.

Ma in Italia c’è invece chi, “dati alla mano”, si intestardisce a dimostrare che “no”, là “al fronte le forze russe sono messe proprio male”, “le perdite si contano a centinaia di migliaia di uomini” e decine di migliaia di mezzi corazzati e blindati.

Anzi, a dirla tutta, la “democrazia ucraina” godrebbe come non mai di ottima salute ed è meglio gettare alle ortiche la propaganda russa su una nuova majdan, un nuovo golpe che defenestrerebbe il nazigolpista-capo Vladimir Zelenskij, ormai diventato un peso anche per i padrini occidentali.

Al contrario, «Nella guerra di invasione dell’Ucraina, il governo russo si è impegnato strenuamente a nascondere il vero bilancio delle vittime».

Così, i “dati alla mano”, parlano di «”forni crematori su ruote” trainati da camion nelle zone immediatamente alle spalle della prima linea»: perché le finanze russe sono ridotte così male, da dover risparmiare anche sui risarcimenti alle famiglie, non previsti se il cadavere non si trova perché incenerito.

E come mai l’esercito russo avrebbe subito così tante perdite? Semplice, perché le reclute sono state inviate al fronte «troppo a ridosso della loro mobilitazione – così presto da rivelare l’insufficienza di addestramento», si dice a un certo punto dell’“analisi” pubblicata da Il Fatto Quotidiano, intitolata «I tabù della Russia sulla guerra in Ucraina».

Salvo poi, poco oltre, scrivere che «il numero enorme di coscritti non sembra destinato ad avere un impatto immediato sulla guerra, almeno fino all’estate del 2024: prima di tutto perché per formarli ci vorrà come minimo un anno».

Aggiungiamo: ammesso (senza prove) che gli interi contingenti di leva russi finiscano al fronte.

Se, giornalisticamente parlando, frasi come «Una mobilitazione segreta – È di questi giorni la notizia, ecc.» possono far sorridere, la malafede del “dato alla mano” successivo lascia pochi dubbi sui padrini di simili “analisi”.

È un po’ strano dire che in Russia «dal 1° gennaio 2024, i cittadini di età compresa tra 18 e 30 anni saranno chiamati al servizio militare e se rifiuteranno o ignoreranno la notifica dell’arruolamento, dovranno pagare una multa che per la maggior parte dei russi equivale a un mese di salario, oltre ad affrontare il carcere per le responsabilità penali connesse».

Specie se si tace che Washington e Londra “chiedono” a Kiev di allargare il raggio di età per la mobilitazione, includendo gli uomini da 17 a 70 anni, oltre a massimizzare anche la mobilitazione femminile (la vice ministra della difesa di Kiev Natal’ja Kalmykova parla di 43.479 donne nelle forze armate ucraine, di cui 5.160 in posizioni di comando e circa 5.000 impegnate direttamente al fronte).

Una politica del genere significa nascondere volutamente i fatti, ripetuti, che peraltro vanno avanti sin dal 2014: reclutamenti di uomini di ogni età da parte degli arruolatori ucraini al soldo dei distretti militari, che letteralmente accalappiano gli sventurati, li stivano nei furgoni e li portano nelle caserme.

Significa volutamente ignorare che negli arruolamenti in Ucraina non si fa ormai più distinzione tra giovani “abili”, “rivedibili” o “riformati” e nemmeno gli studi universitari esonerano (tranne alcuni casi, per chi si può permettere l’esborso di 10.000 dollari) dall’essere mandati al fronte.

Nonostante ciò, ci dice l’analista de Il Fatto, «Le colossali perdite russe quasi tre volte e mezzo rispetto alle ucraine»...

Senza citare alcuna cifra da alcuna fonte, ma limitandosi a dare per certo che le forze russe abbiano perso alcune migliaia tra tank, trasporti truppe e autocarri, coi relativi equipaggi al completo. E questo accadrebbe principalmente a causa della “maniera russa” di condurre la guerra, fatta di «sanguinosissime meat wave (letteralmente, ondate di carne da cannone)... A vederli, uno capisce perché le guerre con gli zar e Stalin causarono perdite impressionanti».

Ora, non ci azzardiamo a parlare delle disastrose campagne dei generali zaristi. Sappiamo però, ad esempio, che nella campagna dei Balcani, nell’aprile 1941, le perdite dell’Asse furono di circa 120.000 uomini, contro 616.000 di Jugoslavia e Grecia, con un rapporto quindi di 1:5 a favore dei nazifascisti.

E, complessivamente in Europa, il rapporto fu di 1:11,8 a vantaggio di Berlino, nella guerra di sterminio condotta dai nazifascisti di mezza Europa contro l’Unione Sovietica e la sua popolazione civile.

Mentre il rapporto di perdite tra Wehrmacht e Esercito Rosso fu di 1:1,3. Con buona pace degli “analisti” de Il Fatto Quotidiano, che citano a ripetizione generali guerrafondai a stelle e strisce, coi relativi anglicismi di circostanza.

Lo scorso 13 novembre, The Economist valutava in circa 190.000 (70.000 morti e 120.000 feriti) le perdite ucraine dal febbraio 2022. A fine ottobre, il Ministro della difesa russo Sergej Šojgu parlava di 90.000 (tra morti e feriti) caduti ucraini solo dal giugno di quest’anno. Mentre secondo Vladimir Putin – se proprio si devono mettere a confronto macabre cifre – le perdite ucraine supererebbero di otto volte quelle russe.

E, per quanto riguarda i bilanci di guerra, è vero che il Ministero delle finanze russo ha confermato un aumento del 68% della spesa militare per il 2024 rispetto al 2023 (da 6,4 a 10,77 trilioni di rubli; per ridiscendere, secondo le previsioni, a 8,5 trilioni nel 2025 e 7,4 nel 2026) che raggiunge così circa 1/3 dell’intero bilancio, di 37 trilioni, cioè circa 380 miliardi di euro.

C’è da dire però anche che nel bilancio militare sono comprese, per citare una sola voce di uscita, le spese per ulteriori 6 sommergibili della classe “Jasen” e “Jasen-M”, vascelli di quarta generazione, armati con missili “Kalibr” e “Oniks” e, in prospettiva, con “Tsirkon” e del costo compreso tra 40 e 50 miliardi di rubli l’uno.

Ma, soprattutto, il fatto indica che Mosca è – sì – oberata dalle spese per il conflitto in Ucraina, ma guarda soprattutto ai pericoli di guerra planetaria che vengono dai piani USA e NATO.

Perché è vero che, di tanto in tanto, i generali yankee si limitano a fornire veline agli “analisti” di casa nostra.

È il caso dell’ex comandante delle forze di terra USA in Europa, Ben Hodges, che un anno fa vociferava di «Riconquistare la Crimea nel 2023» e, insieme all’ex comandante in capo NATO in Europa, Philip Breedlove, assicurava che «Putin in sei mesi ha distrutto il suo esercito».

Così che gli “analisti” mediatici di cui sopra possano sentenziare che «Kiev dispone di uomini e mezzi per non limitarsi solo al contenimento della Russia... Secondo l’ex direttore della CIA Petraeus, la realtà sul campo è che Putin sta perdendo... e Kissinger va persino oltre, affermando che “la Russia, in un certo senso, ha già perso la guerra” in Ucraina».

Ma sempre quei generali (Hodges), così generosi di suggerimenti ai media “democratici”, non si peritano a proclamare al mondo che «gli USA si sono sempre preparati alla guerra con la Russia in Europa e devono esservi pronti anche ora», o fanno addirittura le pulci a Joe Biden che «teme troppo l”escalation».

Gli “analisti” che tifano per la “democrazia” dei nazigolpisti di Kiev contro il “maligno” annidato al Cremlino, oggi come ottant’anni fa, dovrebbero sapere che dietro la guerra in territorio ucraino tra USA-NATO e Russia c’è soprattutto questo: i piani cioè di scontro mondiale che qualche ex generale è “autorizzato” a rendere pubblici.

E la Russia, qualunque sia il giudizio che si voglia dare dell’ordine uscito dalla deliberata distruzione dell’Unione Sovietica, sta prendendo le misure del nemico per farvi fronte.

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