In questi giorni sui principali quotidiani italiani sono usciti molti commenti e articoli dedicati ad un lungo saggio che il capo della Cia – William Burns – ha pubblicato su Foreign Affairs.
Con una evidente e disarmante miopia, i giornali italiani si sono limitati a cogliere di tutto il corposo saggio di Burns solo il passaggio in cui afferma che cessare gli aiuti militari all’Ucraina sarebbe un boomerang. Insomma una sintesi da addetti alla spesa al mercato piuttosto che da giornalisti o analisti.
In realtà Burns dice molto di più su molti aspetti strategici e conferma come il vero problema per la supremazia statunitense continua ad essere la Cina e non la Russia. Insomma “tanta roba”, ma la vista corta dell’informazione in Italia ha ripulito il tutto limitandosi a riprendere solo quello che può vendere sulla bancarella del mercato.
Diversamente, noi abbiamo provato a decostruire e sintetizzare il saggio di Burns per offrire ai lettori di Contropiano qualche informazione e chiave di lettura in più.
La Cina è il rivale strategico degli Stati Uniti
“L’ascesa della Cina e il revanscismo della Russia pongono sfide geopolitiche scoraggianti in un mondo di intensa competizione strategica, in cui gli Stati Uniti non godono più di un primato incontrastato e in cui si moltiplicano le minacce climatiche esistenziali”, scrive Burns.
“Se la Russia può rappresentare la sfida più immediata, la Cina è la minaccia più grande a lungo termine e negli ultimi due anni la CIA si è riorganizzata per riflettere questa priorità. Abbiamo iniziato riconoscendo un fatto organizzativo che ho imparato molto tempo fa: le priorità non sono reali se i bilanci non le riflettono.
Di conseguenza, la CIA ha impegnato molte più risorse per la raccolta, le operazioni e l’analisi dell’intelligence relativa alla Cina in tutto il mondo – più che raddoppiando la percentuale del nostro bilancio complessivo dedicato alla Cina negli ultimi due anni”.
Per Burns il lavoro di intelligence – dunque spionaggio e controspionaggio – consegna alla Cia un ruolo strategico in una fase storica radicalmente mutata rispetto al passato.
“Questo è un periodo di sfide storiche per la CIA e per l’intera professione dell’intelligence, con cambiamenti geopolitici e tecnologici che rappresentano una prova mai affrontata prima. Il successo dipenderà dalla fusione dell’intelligence umana tradizionale con le tecnologie emergenti in modi creativi. In altre parole, sarà necessario adattarsi a un mondo in cui l’unica previsione sicura sul cambiamento è che esso accelererà”.
Scontro totale con la Russia
“L’era post-Guerra Fredda si è conclusa definitivamente nel momento in cui la Russia ha invaso l’Ucraina nel febbraio 2022. Le ambizioni smisurate di Putin si sono ritorte contro anche in un altro modo: hanno spinto la NATO a diventare più grande e più forte”.
È evidente come Burns sia ascrivibile al circolo di dirigenti dell’amministrazione Biden più convinti della guerra contro la Russia sul fronte ucraino.
“La chiave del successo sta nel preservare gli aiuti occidentali all’Ucraina. Con meno del cinque per cento del bilancio della difesa degli Stati Uniti, si tratta di un investimento relativamente modesto, con importanti ritorni geopolitici per gli Stati Uniti e notevoli ritorni per l’industria americana. Mantenere il flusso di armi metterà l’Ucraina in una posizione più forte se dovesse emergere un’opportunità di negoziati seri”.
È l’ammissione diretta che l’Ucraina “serve” agli Stati Uniti come belligerante conto terzi, anche sul piano economico. Non c’è alcun “aiuto disinteressato” nei confronti di una “democrazia aggredita”...
“Offre la possibilità di assicurare una vittoria a lungo termine per l’Ucraina e una perdita strategica per la Russia; l’Ucraina potrebbe salvaguardare la propria sovranità e ricostruirsi, mentre la Russia sarebbe lasciata a fare i conti con i costi duraturi della follia di Putin. Per gli Stati Uniti abbandonare il conflitto in questo momento cruciale e interrompere il sostegno all’Ucraina sarebbe un autogol di proporzioni storiche”.
Ma per Burns, e quindi per la Cia, l’obiettivo non è solo quello di fermare la Russia in Ucraina, bensì quello di indebolirla e disgregarla, evocando apertamente anche le opportunità di reclutamento tra gli scontenti della guerra.
“La disaffezione nei confronti della guerra continua a rosicchiare la leadership e il popolo russo, sotto la spessa superficie della propaganda e della repressione di Stato. Questa corrente di disaffezione sta creando un’opportunità di reclutamento unica per la CIA. Non la lasceremo andare sprecata”.
Non solo. Burns auspica anche una maggiore capacità dell’Ucraina – e della Nato – di colpire più in profondità il territorio russo, innescando quindi quella escalation che tanti affermano di voler evitare mentre in realtà agiscono per accentuarla.
“Mentre Putin rigenera la produzione di difesa della Russia – con componenti critici provenienti dalla Cina, nonché armi e munizioni dall’Iran e dalla Corea del Nord – continua a scommettere che il tempo è dalla sua parte, che può ridurre l’Ucraina e logorare i suoi sostenitori occidentali.
La sfida dell’Ucraina è quella di scalfire l’arroganza di Putin e dimostrare l’alto costo per la Russia di un conflitto continuo, non solo facendo progressi in prima linea, ma anche lanciando attacchi più profondi alle sue spalle e guadagnando costantemente terreno nel Mar Nero”.
Colpire la Russia perché la Cina intenda
La Cina, secondo il direttore della Cia Burns, rimane “l’unico rivale degli Stati Uniti con l’intenzione di rimodellare l’ordine internazionale e con il potere economico, diplomatico, militare e tecnologico per farlo”.
“Uno dei modi più sicuri per riaccendere la percezione cinese dell’incoscienza americana e fomentare l’aggressività cinese sarebbe quello di abbandonare il sostegno all’Ucraina”.
“È probabile che un numero maggiore di Paesi sia attratto da uno status di relazione geopolitica “aperta” (o almeno “complicata”), seguendo la guida degli Stati Uniti su alcune questioni e coltivando al contempo le relazioni con la Cina. E se il passato è un precedente, Washington dovrebbe essere attenta alle rivalità tra il crescente numero di medie potenze, che storicamente hanno contribuito a innescare le collisioni tra quelle maggiori”.
Un mondo “diabolicamente complicato”
Appare infine emblematico come il capo della Cia sia costretto ad ammettere che sulla situazione mediorientale non ci siano soluzioni a portata di mano. “Ho trascorso gran parte degli ultimi quarant’anni lavorando in e sul Medio Oriente, e raramente l’ho visto più intricato o esplosivo”.
“La competizione e l’incertezza geopolitica, per non parlare delle sfide comuni come il cambiamento climatico e i progressi tecnologici senza precedenti come l’intelligenza artificiale, rendono il panorama internazionale diabolicamente complicato”.
Il saggio di Burns appare un misto di nostalgia per i fasti della Cia quando poteva esercitare la sua supremazia mondiale anche nel mondo dell’intelligence e la presa d’atto che il mondo di oggi è diventato più complesso di quello, tutto sommato semplice, della Guerra Fredda.
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