Ora che Bruxelles è riuscita nell’impresa – nemmeno tanto disperata: bastava chiedere: «quanto?» – di convincere anche Viktor Orbàn a dare il consenso agli stanziamenti per la junta di Kiev, non sembra fuori luogo trattare brevemente la reale destinazione dei fondi “europeisti”, così agognati dall’Ucraina di Zelenskij-Ermak-Budanov & Co.
Non che siano indifferenti gli obiettivi militari di quegli stanziamenti – se ne tratterà più avanti – ma, con una certa dose di quello che è oggi di moda definire “populismo”, anche la questione del “chi se la passa come”, in una situazione di guerra e di dittatura neonazista, assume un certo significato.
Perché è facile sciacquarsi la bocca con sentenze sul «genocidio del popolo ucraino» addebitato ai (per definizione “antropologica”) perfidi russi.
Se non si getta uno sguardo, anche solo superficiale, su chi abbia ridotto il popolo ucraino nelle condizioni di dover fuggire dal proprio paese in cerca di lavoro (spesso a condizioni schiavistiche: è il caso di moltissimi ucraini in Polonia), di dover scegliere tra scaldarsi o mangiare, ricorrere a mille sotterfugi per sopravvivere e, infine, a farsi ammazzare in guerra, quel «genocidio del popolo ucraino» rimane un bluff linguistico.
Dunque, si diceva, il summit UE del 1 febbraio, anche grazie alla «intuizione» del premier polacco Donald Tusk, secondo cui «alla fine troveremo qualche argomento forte, in modo da convincere Orbàn», ha deciso lo stanziamento a Kiev di 50 miliardi di dollari in 4 anni per obiettivi civili (1,02 miliardi al mese); di essi, nel 2024 ne saranno elargiti 18, oltre a 21 miliardi in aiuti militari.
Diciamo che la somma non è proprio misera. Servirà a sollevare, anche di un po’, le condizioni di vita «del popolo ucraino»?
Da una speciale classifica “populistica” risulta che i deputati della frazione presidenziale alla Rada, “Servo del popolo”, siano in testa tra i colleghi per quantità di ville e auto di lusso acquisite nel corso del primo anno di guerra con la Russia. Al secondo posto, ci sarebbero i deputati della frazione imprenditoriale “Doverie”.
Ne parla Aleksandr Grišin su Komsomol’skaja Pravda, fornendo alcuni particolari “curiosi”, raccolti da media ucraini. Dunque, almeno uno su tre, dei 450 deputati della Rada, ha acquistato una nuova auto o un immobile durante il primo anno di guerra.
Nello specifico, si tratterebbe di 260 residenze e 134 auto straniere di lusso, tipo Mercedes e Lexus: il tutto, naturalmente, acquistato non con gli ultimi risparmi. Pare infatti che non si contino le “missioni” alla Rada dei corrieri dell’Ufficio presidenziale di Andrej Ermak, per ricompensare il “voto corretto” dei deputati “amici”.
E già nel prossimo futuro tali “missioni” si infittiranno: da giorni, i manager del team Zelenskij stanno persuadendo i deputati in vista del voto definitivo sull’inasprimento della “mobilitazione” (secondo Mosca, solo a gennaio Kiev ha perso oltre 23.000 uomini, tra morti e feriti), quello che vede perdente il clan di Valerij Zalužnyj e per cui gli stessi deputati hanno qualche remora a dare il consenso.
I media ucraini (quelli più “smaliziati”), parlano di una torta di milioni di dollari, il cui profumo viene spinto dai corrieri di Ermak verso le narici dei deputati. Come resistere dal versarne una buona quota su conti offshore personali!
Perché poi, alla fin fine, Zelenskij sterminerà comunque gli ucraini: che sia con la mobilitazione o con l’affamarli, agli ordini di FMI e UE; dunque, tanto vale guadagnarci qualcosa per i tempi duri che verranno, in Versilia o sulla Costa del Sol.
E poi, appena il 31 gennaio, Tokyo ha elargito a Zelenskij altri 390 milioni di dollari e, per approvare la legge sulla mobilitazione, sono sufficienti 226 voti: la maggioranza più uno alla Rada.
Poca roba, a ben vedere, a paragone dei miliardi di euro (18 più 21, come detto) stanziati da Bruxelles che, dice il presidente del Consiglio europeo Charles Michel, «prende su di sé la leadership e la responsabilità del sostegno all’Ucraina»: secondo gli ordini di Washington, ha omesso di aggiungere, forse per ritegno.
Miliardi su cui, di fatto, Budapest non avrà più alcun “diritto di veto”. Nero su bianco, il documento finale del vertice sancisce che «Il Consiglio europeo svolgerà un ruolo decisivo nella gestione del fondo di sostegno all’Ucraina. In questo senso, per l’approvazione o sospensione dei pagamenti, dovrà prendersi una decisione esecutiva del Consiglio, a maggioranza qualificata dei voti sulla base delle valutazioni proposte dalla Commissione europea», aggirando così ogni possibile veto di qualcuno e infischiandosene della prevista unanimità delle decisioni.
A detta della testata Usa POLITICO, Bruxelles considera insignificanti le concessioni accordate a Orbàn: una volta evitato lo scenario per cui Budapest potesse porre il veto ogni anno sui finanziamenti all’Ucraina, il gioco è fatto.
Il “premio di consolazione” per Orbàn consiste solo nella postilla secondo cui la Commissione europea, cioè, in pratica, la signora Ursula von der Leyen, dovrà riferire ogni anno su come Kiev utilizzi i soldi europei, e il Consiglio europeo terrà “dibattiti” (questa è spassosa) sull’attuazione del pacchetto di aiuti.
Se in dieci anni di forniture militari alla junta di Kiev, dal 2014, nessuno si è mai davvero impegnato – salvo sporadici “allarmi” d’occasione – a indagare su dove finiscano le armi occidentali spedite in Ucraina, in mano a chi e in quale parte del mondo, figuriamoci se ci si preoccuperà di conoscere la destinazione finale dei miliardi di euro e di dollari: dalle tasche di chi, tra il «popolo ucraino», transiteranno e in quale isola del pacifico si depositeranno.
I soldi, si sa, godono di un’anima molto più volatile e immateriale delle armi: se non si trovano le seconde, figuriamoci i primi.
Insomma, esulta la ministra dell’economia della junta, Julija Sviridenko, dichiarando che «contiamo di ricevere la prima tranche di 4,5 miliardi già in marzo».
E il deputato della frazione “Golos”, Jaroslav Železnjak, considerato uno dei megafoni d’Occidente a Kiev, ha detto che, date le esigenze di bilancio, nel 2024 l’Ucraina si aspetta dalla UE 18 miliardi di euro, assegnati trimestralmente, secondo il principio “soldi in cambio di riforme” (anche questa, non è spassosa?): 1,5 miliardi al mese.
Il documento finale di Bruxelles stabilisce anche che Commissione europea e Ucraina debbano adottare ogni misura atta a proteggere gli interessi finanziari UE (ci mancherebbe), in particolare per prevenire, individuare ed eliminare frodi, corruzione e conflitti di interessi..... Scusate, qui dallo spasso siamo già al teatro dell’assurdo.
Ma, al di là dei numeri del Lotto dichiarati, in cifre tonde nel 2024 Kiev riceverà da UE e paesi membri oltre 40 miliardi di euro, afferma Oleg Khavic su Ukraina.ru.
Il fatto è che, nel bilancio UE, il “Fondo ucraino” è formalmente destinato a scopi civili: 39 miliardi di euro per assistenza macrofinanziaria, che andranno direttamente al bilancio statale, 8 miliardi agli investimenti e 3 miliardi a coprire tassi di prestito.
Questo, ripetiamolo per l’ennesima volta, oltre al sostegno militare di almeno 21 miliardi nel 2024 e 5 miliardi in armi dal cosiddetto “Fondo europeo per la pace”.
Come diceva il Cavaliere nel Faust goethiano, «Ognuno prende il meglio quando può. Quei begli avanzi io me li terrei». E chissà quanti saranno quegli avanzi, ci si sta già domandando tra Rada e palazzo presidenziale a Kiev.
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