Da pochi minuti abbiamo appreso che Barbara Balzerani non c’è più. La sua ultima lotta è stata, come per tanti, contro un tumore.
75 anni, di Colleferro, figli di lavoratori, è stata tra le protagoniste dell’assalto al cielo di una generazione che ha fatto di tutto per cambiare volto a questo disgraziato paese e dare una prospettiva diversa a chi vive di lavoro.
Dopo aver militato in Potere Operaio entra nelle Brigate Rosse, dove diviene presto una delle principali figure dirigenti fino al momento dell’arresto, nel giugno del 1985.
Con la pasticciata “soluzione politica all’italiana” – lo Stato non riesce a formulare una legge di amnisti e indulto, dopo una lunga e infruttuosa discussione e si limita ad applicare ai prigionieri politici i normali meccanismi della “legge Gozzini” – Barbara esce in libertà condizionale nel 2006.
Nonostante sia passato tutto sommato poco tempo, e la classe politica della “Prima Repubblica” fosse tutt’altro che “di manica larga”, un abisso di cultura e clima politico ci separa dagli ultimi decenni del Novecento.
La sua morte, per semplice coincidenza temporale, getta una luce sinistra ma abbagliante, per esempio, sulla “logica” maramaldesca che presiede alla recente riapertura del procedimento per i fatti della Cascina Spiotta, nel 1975, in cui Mara Cagol venne chiaramente finita con un “colpo di grazia” dopo essere rimasta ferita. Morte di cui, ovviamente, quel procedimento non intende occuparsi.
Su Barbara si potrebbe scrivere a lungo e resterebbe comunque sempre fuori qualcosa di essenziale. La sua statura morale e politica, senza alcuna concessione alla retorica, può però essere da ognuno misurata sulla base dei numerosi libri che ha dedicato ad una Storia che – chi come generazione, chi come militante politico, chi criticando, chi condividendo – abbiamo in tanti attraversato.
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