Piuttosto che riconoscere la vergogna del genocidio a cui vengono sottoposti i palestinesi da parte delle autorità politiche e militari israeliane, che ha provocato un’ondata di indignazione in tutto il mondo – e dunque anche tra i giovani delle università italiane – la destra sceglie di rifiutare la realtà ascrivendo questo sacrosanto sussulto di dignità nel paese e nelle nuove generazioni… all’“influenza di vecchi militanti delle Br”.
Per cercare di legittimare questa chiave di lettura e l’input politico che ne deriva– magari pretendendo che, come nel caso del Comune di Bari, il ministero dell’Interno agisca di conseguenza – la velina di Fratelli d’Italia ha usato il “metodo Sterling”.
Il riferimento è alla giornalista statunitense Claire Sterling che, durante la Guerra Fredda, scriveva articoli grazie ai materiali che le passava la Cia e poi, nei rapporti al pubblico, la Cia usava gli articoli della Sterling a supporto delle proprie tesi.
Qui in Italia, allo stesso modo, prima hanno “dato la velina” a un paio di quotidiani di destra – Il Giornale e Il Tempo – e poi hanno usato quegli articoli come base, fonte e conferma di quanto fatto circolare.
Per renderla più sostanziosa, i segugi di Fratelli d’Italia fanno anche riferimento alla Relazione annuale dei servizi segreti al Parlamento presentata a fine febbraio.
Ma quella relazione l’abbiamo letta anche noi e vi è scritto testualmente che:
“I diversi scenari di crisi internazionali hanno influenzato anche l’eterogeneo movimento antagonista che, partendo dal tema della guerra, ha riproposto strategie di convergenza di temi e istanze, in un rinnovato tentativo di ampliamento e di compattezza del fronte del dissenso.Qui, se non altro, la realtà mondiale viene perlomeno riconosciuta, anche se ovviamente se ne dà una lettura “euro-atlantica” in chiave di “attenzione preventiva”.
Gli attivisti hanno dunque cercato di serrare i ranghi facendo perno, sia a livello propagandistico che di “piazza”, soprattutto sull’antimilitarismo che, oltre a ribadire la sua consolidata valenza aggregativa e trasversale, ha trovato nuovo slancio con gli eventi mediorientali.
Oltre a cortei e presidi, si è infatti assistito a iniziative di propaganda e controinformazione in chiave “antisionista”, nel più ampio quadro della campagna denominata “Boicotta, Disinvesti, Sanziona” (BDS), volta a orientare l’opinione pubblica verso forme di pressione contro Israele.
Il dibattito strumentale sulle diversificate ricadute dei “conflitti imperialisti” e dell’“economia di guerra” su vari dossier sociali, come il carovita, l’immigrazione, l’emergenza abitativa e occupazionale, ha poi costituito il filo conduttore dell’agenda contestativa antagonista”.
Il fatto, per esempio, che contro la guerra o in solidarietà con la Palestina ci sia una maggiore convergenza politica tra tanti movimenti e organismi diversi diventa un fattore di preoccupazione. E non si capisce perché, poi, secondo i servizi di sicurezza, il dibattito su questi temi dovrebbe essere considerato “strumentale”.
Di guerra, ormai, parlano e straparlano tutti i giorni i capi di stato e leader delle istituzioni europee. Ed è veramente difficile ritenere che questo non provochi conseguenze e preoccupazione nell’intera società. Quanto avviene in Palestina suscita un’indignazione verso Israele enorme e trasversale, come mai negli ultimi cinquanta anni.
Ma la destra insiste sul fatto che i giovani in mobilitazione sulla Palestina nelle università siano “agitati” perché preda di “cattivi maestri”. In tal senso la relazione annuale dei servizi segreti scrive che:
“Non sono mancate, inoltre, attività di proselitismo tra i circuiti più giovanili della militanza antagonista con l’intento di plasmare, in una prospettiva di lungo periodo, nuove “coscienze rivoluzionarie”, concretizzatesi, tuttavia, unicamente in opere di studio e di approfondimento della dottrina di riferimento e di vicende legate ai passati “anni di piombo”.È in questo contesto che un seminario di studio su un “pericolosissimo” libro… del 1917 – “L’imperialismo” di Lenin, che fino a qualche anno fa figurava anche tra le letture consigliate in qualche corso universitario – diventa l’occasione per fantasticare su malevole “connessioni” tra relatori ormai ultrasettantatenni, ex militanti delle BR quaranta o cinquanta anni fa, e giovani universitari.
In questa – sì – strumentale caccia alle streghe è stato coinvolto dai giornali di destra anche Francesco Piccioni, redattore del nostro giornale e per quasi venti anni a il manifesto.
L’ordine di scuderia dei fascisti di governo è abbastanza chiaro, per quanto ridicolo, non per questo meno pericoloso.
Non dandosi pace sul fatto che parti consistenti della società – e tra questi gli studenti – non accettano né si esaltano per le “sorti meravigliose” promesse dal governo Meloni, i fascisti al potere ricorrono alla vecchia strada della demonizzazione e della criminalizzazione, negando alle nuove generazioni ogni possibile elaborazione sul presente e sul futuro, così come ogni riflessione sulla storia recente del paese.
Se un governo trascina un paese in guerra, gira la testa dall’altra parte su quanto viene fatto ai palestinesi e ipoteca ogni futuro dignitoso per i giovani e le classi meno ricche, difficile pensare che nella società non germoglino semi di resistenza.
In secondo luogo, la destra ha preso ormai ad avvelenare il clima politico. Prima ricorrendo sistematicamente al “vittimismo aggressivo”, che trasuda in ogni passaggio politico o di cronaca di questo paese; poi approfittando del fatto di avere in mano i poteri coercitivi per spingerli ad agire con la mano pesante contro ogni opposizione degna di questo nome.
Infine, ma non certo per importanza, quando i fascisti al governo evocano “i pericoli degli anni Settanta”, si preoccupano accuratamente di nascondere quelli provocati dai loro padri e fratelli maggiori: le stragi, le bombe, gli omicidi di militanti di sinistra. E l’elenco è lunghissimo.
È tipico di chi ha davvero troppi scheletri nell’armadio – ma dispone oggi di un qualche potere politico – ergersi a “pessimo maestro” sulla storia recente del paese.
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