Presentazione


Aggregatore d'analisi, opinioni, fatti e (non troppo di rado) musica.
Cerco

27/03/2024

“Kiev, Usa e britannici dietro l’attentato di Mosca ad opera dell’Isis”

Come prevedibile, con il passare dei giorni si irrigidisce la contrapposizione tra i vertici russi e il corrispettivo euro-atlantico sull’attribuzione della responsabilità dell’attentato al Crocus City Hall di Mosca.

Ieri, in un’intervista, il capo del Servizio di sicurezza federale russo (FSB, l’ex Kgb) Alexander Bortnikov ha ammesso che gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e l’Ucraina sono responsabili dell’attacco al municipio di Crocus.

“Crediamo che questo sia vero. In ogni caso, stiamo parlando delle informazioni fattuali di cui disponiamo. Questa è un’informazione generale, ma [questi paesi, ndr] hanno una lunga storia di questo tipo“, ha detto dopo aver partecipato a una riunione allargata del consiglio dell’ufficio del procuratore generale.

Bortnikov ritiene che l’Ucraina abbia cercato di dimostrare anche ai suoi alleati-protettori, visibilmente sfiduciati nelle sue possibilità di “vittoria”, di essere abbastanza capace.

“Cosa ci si aspetta che faccia per dimostrare la sua capacità? Si prevede che effettuerà sabotaggi e atti terroristici nelle retrovie. Questo è ciò a cui mirano sia i capi dei servizi speciali ucraini che i servizi speciali britannici. Anche i servizi speciali statunitensi hanno ripetutamente menzionato questa possibilità“, ha detto.

Il giorno prima lo stesso Vladimir Putin aveva ammesso che gli attacchi sono stati commessi da miliziani dello Stato Islamico, ma non era ancora chiaro chi aveva “ordinato” la strage.

Bortnikov ha quindi chiarito che “il cliente non è stato ancora identificato”, ma l’FSB ormai “vede” chi ha organizzato l’attacco e ha reclutato gli autori.

“Riteniamo che l’azione sia stata preparata dagli stessi islamisti radicali e, naturalmente, dai servizi speciali occidentali; gli stessi servizi speciali dell’Ucraina sono direttamente collegati a questo” [attentato, ndr].

«Affineremo ulteriormente le informazioni per capire se la presenza e la partecipazione della parte ucraina è reale o meno. In ogni caso, per ora c’è motivo di dire che è proprio così».

Ha osservato che i terroristi volevano fuggire in Ucraina, erano attesi lì e sarebbero stati accolti “come eroi“. Ma i servizi speciali russi hanno fatto di tutto per impedire che ciò accadesse.

Immediate le smentite dal “fronte occidentale”.

«Le ipotesi della Russia di un legame con l’Ucraina per quanto riguarda l’attentato a Mosca sono ridicole». Lo dichiara una fonte diplomatica alleata all’Ansa. «Non è stata presentata alcuna prova: si tratta di un altro esempio della disinformazione del Cremlino».

Sulla stessa falsariga – come ovvio – anche il ministro degli esteri Antonio Tajani, in un intervento su La7. «Mi sembra molta propaganda, chiaramente l’attentato è di matrice islamica, ci sono stati problemi nelle repubbliche musulmane dell’ex Unione Sovietica e c’è sempre una situazione di grande tensione. Credo che sia un’azione dimostrativa di quel mondo contro la Russia, peraltro già prevista».

Ma proprio Tajani dice poco e troppo. Che la Russia sia odiata da molte organizzazioni islamiste, è certamente vero. Ma sono anche innumerevoli le prove concrete che questo odio è stato nei decenni quanto meno “accompagnato” da un supporto diretto degli Stati Uniti, anche se spesso queste organizzazioni hanno finito per rivoltarsi loro contro (Al Qaeda, in primo luogo, fin dagli anni ‘80 favorita per radicalizzare la resistenza anti-sovietica in Afghanistan e poi diventata “indipendente”).

Così come è vero che l’attentato di Mosca era stato più che “previsto” dagli Stati Uniti, la cui ambasciata a Mosca aveva avvertito i propri concittadini a non frequentare “nelle prossime 48 ore” (poi diventate due settimane) “i luoghi affollati, compresi i concerti”.

Sappiamo di ripeterci, ma se qualcuno conosce i dettagli di un attentato che deve avvenire a breve (“i concerti”) significa sicuramente che ha rapporti diretti con il gruppo degli attentatori. Ovviamente con i “livelli dirigenti”, non tanto con i kamikaze mandati allo sbaraglio.

All’interno di un qualsiasi Stato questa connessione sarebbe una certezza tale da indirizzare le indagini di polizia e magistratura. Tra Stati diversi, persino avversari o addirittura “nemici” – come Russia e Usa-Nato – ovviamente ci si deve fermare davanti al fatto che le indagini vengono svolte “dalla vittima” e non si può invadere lo spazio investigativo altrui.

In definitiva gli attentatori – strano che i loro volti continuino ad essere oscurati nei video che circolano sui media occidentali, senza azzardare neanche un raffronto con quelli girati dal vivo, nel teatro, dove hanno agito a volto scoperto – sono in mano russa. E certamente vengono “convinti a parlare” con metodi non troppo diversi da quelli in uso nella base Usa di Guantanamo o (ai tempi) in quella di Abu Graib.

Una manipolazione dell’informazione pesante è però arrivata nel pomeriggio di ieri nel tentativo di rinforzare la linea euro-atlantica – “ha stato l’Isis e basta”. Da allora tutti i media bombardano all’unisono con il mantra “anche Lukashenko smentisce Putin”, secondo cui i quattro attentatori catturati vicino Bryansk stavano fuggendo verso l’Ucraina.

Incuriositi, siamo andati in cerca delle fonti originali. E abbiamo scoperto qualcosa di parecchio diverso. Il presidente bielorusso ha infatti “rivendicato” ai sistemi di sicurezza del proprio paese il merito di aver “dissuaso” i quattro dal provare ad entrare dal confine.

Per la precisione, “Abbiamo messo in allerta le nostre unità. In particolare sono state coinvolte le forze del ministero degli Interni, allestite postazioni sulle strade – comprese quelle alla frontiera con la Russia – e schierate le forze del Kgb, del Comitato per i confini di Stato e alcune unità militari”.

“Ecco perché (i presunti attentatori, ndr) non sono potuti entrare in Bielorussia. Lo hanno visto e quindi si sono allontanati e si sono diretti verso la sezione del confine ucraino-russo”, dove secondo Lukashenko le operazioni per l’arresto dei presunti autori della strage “sono andate molto bene”.

Anche da diverse immagini mostrate dai media e attribuite agli autovelox si vede che la macchina con i quattro attentatori era di fatto “monitorata” dalla polizia russa, evidentemente per capirne le intenzioni e individuare con precisione il possibile “paese ospitante”.

E anche noi, pur nella nostra limitata possibilità di “indagine”, avevamo ipotizzato che i quattro fermati a Bryansk potessero – sì – cercare di arrivare in Ucraina, ma attraverso la Bielorussia, il cui confine è certamente meno militarizzato di quello russo-ucraino (la guerra è in corso).

Dunque “la versione di Lukashenko” non smentisce, semmai conferma la lettura russa, dando un ruolo importante anche all’alleata Minsk.

Strano che i media occidentali, non guardino neanche le fonti e si limitino a copi-incollare una velina... Forse perché il loro ruolo, ormai, è quello di “preparare il proprio paese alla guerra“.

Fra l’altro stanno emergendo, da fonti non russe, altre informazioni. Dalerdzhon Mirzoyev, Saidakrami Murodali Rachabalizoda, Shamsidin Fariduni e Muhammadsobir Fayzov, sono tutti cittadini del Tagikistan o di origine tagika. Ma almeno due di loro – Fariduni e Saidakrami – avevano trascorso un periodo in Turchia poco prima dell’attacco ed erano entrati in Russia insieme con lo stesso volo da Istanbul, ha detto un funzionario turco.

Il primo era arrivato a Istanbul il 20 febbraio ed è ripartito per la Russia il 2 marzo, mentre il secondo è entrato il 5 gennaio per poi andarsene insieme all’altro. Entrambi hanno soggiornato in un piccolo hotel del distretto di Fatih.

Questa zona, a ridosso del quartiere turistico Eminou, sembra diventata la «preferita» dai militanti, con una serie di alberghetti dove gli estremisti si sono sistemati in attesa di ordini.

Nella medesima area sarebbero state affittate delle case «sicure» messe a disposizione di elementi provenienti dalle ex repubbliche sovietiche e dal Medio Oriente.

È appena il caso di ricordare che la Turchia di Erdogan, nonostante le “bizzarrie” politiche che l’hanno fatta diventare una sorta di “cavallo pazzo”, oltre ad avere una lunga storia di “favoreggiamento” dell’Isis in funzione anti-curda e anti-siriana, è un pur sempre un membro della Nato.

E se è certamente molto improbabile che i quattro “terminali finali” possano dare informazioni di prima mano sul livello politico alto dei “mandanti”, sicuramente l’indicazione sul loro “comandante diretto” rimasto al sicuro e, soprattutto sui meccanismi (armi, documenti, ospitalità, logistica, ecc.) utilizzati nel giro del mondo dal Tajikistan alla Russia via Turchia, potranno fornire un mare di dettagli utili a ricostruire l’ambiente internazionale che li ha favoriti.

Ne vedremo delle belle, ci sembra...

P.s. Sulla presunta “estraneità” dell’Ucraina ai contatti con gli integralisti islamici basta forse leggere l’articolo di Alberto Negri, o quelli apparsi perfino su il manifesto o direttamente gli allarmati articoli del New York Times di qualche anno fa).

Fonte

Nessun commento:

Posta un commento