Maysoon Majidi, 27 anni, regista e attivista curdo-iraniana, dopo la fuga dall’Iran e il viaggio via mare, è finita suo malgrado nell’antro del ciclope, in un carcere a Castrovillari in Calabria.
I motivi per cui è dovuta scappare sono quelli condivisi da molte altre persone. Maysoon Majidi è diventata una figura scomoda in Iran dopo l’uccisione di Mahsa Amini, la 22enne curda uccisa dalla polizia iraniana.
A seguito della morte di questa giovane donna, simbolo della ribellione al potere e vittima della Polizia Morale iraniana, c’è stata un’ondata di proteste a cui la regista Maysoon Majidi, insieme ad altre donne, ha partecipato attivamente tanto da diventare, a sua volta, una figura scomoda per il governo iraniano e rischiare la carcerazione.
Da qui, negli ultimi mesi, la fuga dall’Iran e l’arrivo in Calabria il 31 dicembre, dove, colpo di scena, diventa per la procura di Crotone una “sospetta scafista”, una presunta trafficante di vite umane, per cui con questa accusa, in attesa del processo, viene rinchiusa nel carcere di Castrovillari.
In questo caso l’ingiusta carcerazione non passa del tutto inosservata, come molto spesso, invece, accade nel caso delle persone migranti che approdano sulle nostre coste e finiscono dimenticate in strutture detentive di vario tipo.
Maysoon Majidi, forse sostenuta dall’idea che i soprusi subiti in Italia erano inconcepibili in un paese democratico, continua a chiedersi: “Perché sono qui [in carcere]?”.
Questa è la domanda che l’attivista curdo-iraniana continua a porre a chi le fa visita perché – vista con gli occhi di chi scappa da un regime per paura di finire in carcere e poi invece vi si ritrova detenuta in Italia, dove pensava di poter richiedere la protezione internazionale – la storia assume i caratteri dell’incubo che si avvera.
Il caso di Maysoon è l’ennesima dimostrazione dell’ipocrisia di una classe politica che ha finto interesse per il caso di Mahsa Amini e le proteste delle donne iraniane al fine di fare becera propaganda orientalista e islamofoba, per poi negare supporto a un’attivista curdo-iraniana che lotta contro gli abusi della polizia morale.
Sapere che Maysoon Majidi continua ad essere rinchiusa nel carcere di Castrovillari è per noi fonte di preoccupazione e d’indignazione, ed è per questo motivo che abbiamo pensato di attivarci, per fare in modo che non rimanga da sola a combattere la sua battaglia nell’antro del ciclope.
Contro il decreto Cutro e in solidarietà a Maysoon Majidi e a tutte e tutti coloro che in fuga per la loro resistenza e lotta vengono imprigionati nelle carceri dei diversi paesi, il 26 marzo a partire dalle ore 10, si terrà un presidio davanti al carcere di Castrovillari.
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