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21/05/2014

La fine del TAV: gli stan mancando i soldi


Io l’avevo ama­ra­mente pre­detto da molti anni. Non saranno le ridi­cole pre­vi­sioni di aumento del traf­fico fer­ro­via­rio di merci — smen­tite da tutte le realtà — a can­cel­lare il TAV Torino-Lione. Non saranno nem­meno gli impatti ambien­tali asso­lu­ta­mente ingiu­sti­fi­cati rispetto ai bene­fici. Non sarà nep­pure una gestione fal­li­men­tare di un pro­getto pes­simo e plu­ri­de­cen­nale, che ha finora pro­dotto mon­ta­gne di carta ed un buco di prova di qual­che cen­ti­naio di metri, a fer­mare que­sta costo­sis­sima, inu­tile farsa.

Nono­stante i vari pala­dini del TAV, pre­oc­cu­pa­tis­simi per il lauto affare che sta scap­pando loro dalle mani, e sul quale hanno basato la loro scom­messa poli­tica o eco­no­mica, con­ti­nuino a far la voce grossa, ten­tando di spo­stare l’attenzione sul dito che indica la Luna (il cosid­detto “ordine pub­blico”) invece che sulla Luna stessa.

Le sten­to­rea voce di Ser­gio Chiam­pa­rino, con elmetto giallo in testa, che tesse le lodi del buco di prova di Chio­monte, uno scan­dalo di len­tezza, inef­fi­cienza, mili­ta­riz­za­zione, deva­sta­zione di un habitat natu­rale come la Val Cla­rea, costi, pol­veri che per­va­dono tutto e che ini­ziano a instil­lare dubbi anche nei più beceri. Il com­pi­tino SI-TAV, svolto con qual­che rilut­tanza ben visi­bile negli occhi e nei toni, è costato al “Chiampa” un calo ver­ti­gi­noso nei son­daggi in Pie­monte nella sua corsa per diventare Pre­si­dente della Regione, che appare ora - dopo le trion­fali pre­vi­sioni ini­ziali - in forte bilico. Lo spet­tro di Bresso che perse le ele­zioni per le alzate sprez­zanti di soprac­ci­glia con­tro i valsusini si aggira minac­cioso. Ma se dav­vero, gra­zie al TAV, i pie­mon­tesi potes­sero evi­tare - dopo la signora Bresso - anche il signor Chiam­pa­rino, forse al TAV occor­re­rebbe erigere dav­vero un monumento. E sta­volta, for­tu­na­ta­mente, non c’è il peri­colo di cadere nelle amo­re­voli mani del signor Cota, che - certo - ha fatto rim­pian­gere se alla pre­si­denza della Regione fosse andato chiun­que altro.

Il mini­stro Lupi, esem­plare per la sua impar­zia­lità di uomo di governo, sca­ve­rebbe lui stesso il buco con le mani, pur di non tro­varsi a per­dere la faccia.

Un archi­tetto vicino alla set­tan­tina, tal Mario Virano, che ancora si fre­gia del titolo di “Pre­si­dente dell’Osservatorio sulla Torino - Lione”, dimo­stra altret­tanta imparzialità “osser­vando” a gran voce che “Il TAV è irre­ver­si­bile, indie­tro non si torna”.

Scene di giu­bilo, qual­che set­ti­mana fa in Par­la­mento da parte del PD, alleato come sem­pre al PdL: viene appro­vato un trat­tato sul TAV coi fran­cesi che reca all’Articolo 1 la dici­tura “que­sto accordo non ha come oggetto di per­met­tere l’avvio di lavori della parte comune italo-francese”. Ma i sena­tori PD esul­tano e fanno mara­meo, dicono “Il TAV è ora Legge!”: in modo non dis­si­mile da quando, nel giu­gno 1944, viene appro­vato dal Con­si­glio dei Mini­stri della Repub­blica Sociale Ita­liana l’entrata in vigore del Decreto Legge sulla socializzazione.

I gior­nali di regime con­ti­nuano nell’opera di disin­for­ma­zione, atti­rando abil­mente l’attenzione sui fatti “notiziabili”.

Altre voci sono così par­ziali e scon­tate che non val nep­pur la pena di nominarle.

Mat­teo Renzi dice di non avere una par­ti­co­lare pas­sione per quel TAV, ma visto che i pre­de­ces­sori tanto impe­gno ci hanno messo, cer­cherà di pro­se­guire nell’avventura. A meno che qual­cosa non gli dia il destro di uscirne senza per­dere la faccia.

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