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21/05/2014

Il Pd di Renzi fiuta una sconfitta elettorale


Un brivido per la schiena. Renzi deve averlo sentito forte, in questi giorni, tra sondaggi “secretati” e impubblicabili che danno il Movimento 5 Stelle alla pari col Pd.

Lo scontro con Grillo – un “derby” tra attori che sanno soltanto come si tiene in pugno il pubblico – si è fatto durissimo. Ma allo stesso tempo sia lui che i suoi ministri mettono al sordina alle conseguenze politiche di un eventuale sorpasso grillino nei confronti del Pd. È tutto un dichiarare "le Europee non sono un referendum sul governo", oppure “comunque vada, il governo va avanti”.

Poi l'offensiva è cresciuta di nuovo di tono, fino all'uso dell'”arma fine di mondo”: lo spread. Che in questi giorni è risalito parecchio – da 145 punti a 200, stamattina – e tutto “per colpa di Beppe”, dicono all'unisono il premier, Repubblica e i suoi ministri-vallette.

Come dovrebbero sapere ormai anche gli idioti, lo spread ha avuto un'impennata subito dopo la pubblicazione dei dati Eurostat che evidenziavano una imprevista “crescita quasi zero” per tutta l'Unione Europea e addirittura un nuovo calo per quella italiana. Dati relativi al primo trimestre 2014, che doveva essere il secondo consecutivo di “ripresa”. E invece niente.

Anche gli idioti, in ogni caso, dovrebbero aver compreso che la folle discesa dello spread – dai 575 punti segnati il giorno in cui Berlusconi fu costretto alle dimissioni ai quasi 150 delle ultime settimane – fu dovuta all'intervento deciso della Banca Centrale Europea, con Draghi (agosto 2012) a promette che “avrebbe fatto tutto quello che era necessario”, compreso – implicitamente – l'agire da prestatore di ultima istanza.

Ma in campagna elettorale, in mezzo a dieci milioni di indecisi a tutto (se votare o no, e caso mai per chi), non è aria di informazioni precise. Si punta allo stomaco, più che alla testa; si sparano promesse e visioni catastrofiche; si lanciano accuse che – se uno ci credesse davvero e quindi ne restasse offeso – potrebbero esser lavate solo con una sfida a duello. All'arma bianca...

Naturalmente è tutta una recita, ma la questione politica è vera: se Renzi prende anche solo un voto in meno di Grillo avrà fallito l'obiettivo assegnatogli da chi lo ha costruito come personaggio “vincente”: dare una legittimazione popolare al terzo governo consecutivo privo di mandato elettorale.

Monti era l'emergenza assoluta con la mannaia del boia (“i mercati”) già pronta a calare sul collo. Letta è stato il governicchio delle “larghe intese” per uscir fuori dallo stallo di un voto senza vincitori veri. Ma Renzi era la promessa del “fare”. Reazionario, anti-lavoratori (col patetico tentativo di nascondersi dietro gli “ottanta euro”), larvatamente piduista e anticostituzionale... Ma il “fareee”.

Non si governa contro il popolo, recita una massima millenaria. E Renzi doveva “ammaliare” quanto basta a garantire pace sociale, se non proprio consenso entusiasta. L'unico significato delle elezioni europee, per questo paese, è dunque proprio nella riuscita o meno del “test”. Il parlamento di Strasburgo non conta nulla (è privo del potere legislativo, dalla prossima stagione potrà al massimo esprimere un veto sulle decisioni della Commissione, ecc.) e la “pattuglia” italiana ancora meno. Le previsioni più attendibili, infatti, scontano un successo delle liste “euroscettiche” tale da rendere necessario un governo europeo di “larghe intese”; con alla guida addirittura l'attuale direttore del Fondo Monetario Internazionale (Christine Lagarde). Che non è nemmeno candidata...

Da lunedì, insomma, avremo davanti due possibili scenari. Se Renzi vince in modo “convincente” avrà un lungo periodo di mani libere davanti a sé, e quindi andrà avanti come un treno su “jobs act”, privatizzazioni, smantellamento del welfare, scasso definitivo della Costituzione, ecc. Altrimenti dovrà entrare in azione quel “meccanismo automatico” messo in piedi dai trattati europei e che ci ha già regalato – per ricordarcene – il duo Monti-Fornero.

In entrambi gli scenari ci sarà un'accelerazione nell'esecuzione delle “direttive” dell'Unione Europea. E, sperabilmente, della conflittualità politica e sociale. Seria, lungimirante, di massa, determinata, consapevole.

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