Potrebbe non rimanere senza conseguenze l’appello lanciato dal segretario uscente della Nato, Rasmussen, che in una intervista al giornale tedesco Frankfurther Allegemeine, tradotta da La Repubblica, ha invitato i paesi europei a non ridurre ma, anzi, ad aumentare le spese militari.“Gli eventi in Ucraina devono essere un campanello d'allarme” – ha detto Rasmussen – “Lancio l'appello agli alleati europei: non tagliate sempre le vostre spese per la difesa, invertite la tendenza e passo dopo passo investite più denaro nella Difesa. Non possiamo più andare avanti come ora". La perorazione del segretario della Nato dà il segno dei tempi e dei concreti rischi di una escalation militare nella periferia dell’Europa. L’Ucraina si appresta così a diventare l’evento scatenante per mettere in moto processi già abbondantemente allestiti e in attesa di una legittimazione forte per realizzarsi. Infatti la richiesta di aumentare le spese militari non sembra essere un effetto della crisi ucraina. Già a settembre dello scorso anno, Ramussen, a fine mandato, intervenendo sul “futuro dell’Alleanza Atlantica” ad una conferenza tenutasi al Carnegie Europe di Bruxelles aveva detto: “La Nato, per restare forte, ha bisogno di un’Europa potente in termini di capacità militare, di industria di difesa e di impegno politico”. Rasmussen aveva poi indicato gli obiettivi principali, sollecitando i vari Paesi europei a raggiungerli al più presto: “Mi piacerebbe che si dotassero di più droni, di più aerei da trasporto e per il rifornimento in volo. E che ci fossero più radar sulle navi”. Secondo il segretario della Nato, “se l’Europa non invertirà l’attuale tendenza al ribasso delle spese militari, “perderà la sua capacità di intervento, la sua capacità di influire negli equilibri geopolitici mondiali”.
Secondo l’Istituto Internazionale di Studi Strategici di Londra, le tre principali potenze europee (Gran Bretagna, Francia e Germania) nel 2013 hanno speso rispettivamente 57; 52,4 e 44,2 miliardi di dollari. L’Italia ne ha spesi 25,2. Le maggiori potenze mondiali, Stati Uniti, Cina e Russia hanno invece spesso rispettivamente 582, 112 e 68 miliardi di dollari. Sale di posizione l’Arabia Saudita che diventa il quarto paese al mondo per spese militari (60 miliardi di dollari). Ma a guidare l’escalation delle spese in armamenti è l’Asia dove subito dopo la Cina c’è il Giappone (51 miliardi). “Considerato che Stati Uniti ed Europa continuano a tagliare i budget militari l'incremento è da attribuire soprattutto alla corsa al riarmo che coinvolge l'Asia e che nel 2014 vedrà la spesa militare cinese salire ufficialmente a 148 miliardi di dollari e dovrebbe raggiungere nel 2015 i 159 miliardi” commenta il Sole 24 Ore.
La crisi e il conflitto in Ucraina, a settembre del 2013, erano ancora ad li là da venire, eppure i toni e gli obiettivi enunciati da Rasmussen erano gli stessi ribaditi nell’intervista pubblicata ieri. Significherà qualcosa?
Fonte
Significa che i poli imperialistici attualmente in concorrenza tra loro preventivano di giungere allo scontro armato diretto prima o poi. Tornano insomma i venti di guerra, ma in grande stile rispetto ai conflitti più o meno locali verificatisi negli ultimi 25 anni.
Nessun commento:
Posta un commento